Proprio nell’anno in cui spegne cinquanta candeline un caposaldo dell’horror quale L’esorcista di William Friedkin, arriva al cinema con la Sony la vita – o meglio, una versione molto romanzata della stessa – di Gabriele Amorth, uno che di esorcismi si intendeva (e al quale Friedkin ha dedicato un documentario, presentato alla Mostra di Venezia nel 2017, quasi un anno dopo la morte del diretto interessato). Una figura attorno a cui, sulla carta, si potrebbe costruire un franchise (il film certamente lo lascia a intendere), dando così alla major il suo equivalente di un universo come quello di The Conjuring, anch’esso ispirato a eventi reali (e con tutta una sequela di spin-off che di reale non hanno proprio nulla). Ed è del potenziale capostipite che si parla nella nostra recensione de L’esorcista del Papa.

Firestarter

Genere: Horror
Durata: 103 minuti
Uscita: 13 aprile 2023 (Cinema)

Regia: Julius Avery
Cast: Russell Crowe, Daniel Zovatto, Alex Essoe, Franco Nero, Ralph Ineson

La trama: mamma, ho perso l’anima

Russell Crowe ne L'esorcista del Papa

Estate 1987: dopo un esorcismo a Tropea, Gabriele Amorth, indagatore del demonio per conto del Vaticano, viene convocato davanti a una commissione di preti più giovani che vorrebbero abolire il reparto clericale dedicato a questo tipo di attività (Amorth, sprezzante del pericolo e incaricato dal pontefice stesso, risponde “Se avete un problema, parlatene con il mio capo”). Nello stesso periodo, in Spagna, una vedova americana arriva con i due figli per esaminare i lavori di restauro in una chiesa che lei ha ereditato tramite la famiglia. Ordinaria amministrazione, se non fosse che il secondogenito Henry comincia a sentirsi male e poi a insultare la madre e la sorella con una voce profonda e minacciosa, chiedendo di incontrare “il prete” mentre attorno a lui si verificano strani fenomeni. Viene mandato Amorth, che con l’aiuto del parroco locale deve risolvere il mistero di un edificio con cui la Chiesa avrebbe già avuto a che fare…

Il cast: padre, figlio e spirito poco santo

Franco Nero ne L'esorcista del Papa

Il ruolo di Amorth è finito in mano a Russell Crowe, perfettamente ruvido e al contempo ironico nei panni di un prete che sopravvive a forza di whiskey e battutacce (e senza nulla togliere a Luca Ward che lo doppia per il mercato nostrano, in questo caso la versione originale ha il valore aggiunto dell’attore australiano che si esprime in italiano per buona parte del film). Lo affianca, nei panni del prete più giovane, Daniel Zovatto, che ha già dato in ambito horror per la Sony recitando in Man in the Dark. È una veterana di genere anche Alex Essoe (la vedova), lanciata da Starry Eyes quasi dieci anni fa. Contribuisce con il suo solito charme Franco Nero, chiamato per il ruolo minore del pontefice (che dovrebbe essere Giovanni Paolo II, ma il film è volutamente vago in merito). Infine, menzione doverosa – con annesso rinnovo del consiglio di guardare la pellicola in inglese – per il caratterista inglese Ralph Ineson, che presta la voce all’inquietante demone sboccato.

Una storia vera(mente finta)

Una scena de L'esorcista del Papa

Stando ai credits, il lungometraggio di Julius Avery (regista dell’apprezzato Overlord) si basa sulle memorie di Amorth, che ha scritto diversi libri sulla propria attività prima di spegnersi nel 2016 all’età di 91 anni. In realtà la veridicità si ferma al nome del protagonista, reinventato come un Padre Merrin de’ noantri che si muove ovunque in Vespa e consiglia al giovane collega di imparare delle barzellette perché i demoni le odiano, conversando occasionalmente con il Papa che dovrebbe essere Wojtyla ma è palesemente una figura autoritaria generica che dà al progetto il giusto peso “spirituale”. È il delizioso paradosso di un sottogenere horror, quello della possessione e degli esorcismi, che è stato consacrato da un film con una storia per lo più inventata (con vaga ispirazione reale) ma girata con una terrificante aderenza estetica al vero, mentre altri lungometraggi più esplicitamente basati su storie vere non fanno che replicare – spesso maldestramente – lo schema del prototipo di Friedkin scivolando nel cliché intriso di artificio.

Ar Vaticano nun je devi rompe’ er…

Una scena de L'esorcista del Papa

Ed è lì che, a suo modo, L’esorcista del Papa riesce a uscire dal mucchio, essendo pienamente consapevole di non poter aspirare ai livelli di Friedkin e quindi optando per un approccio più apertamente da B-movie, contaminazione di generi inclusa (c’è chi lo ha definito, e non a torto, un buddy exorcist movie). Un’operazione il cui intento poco serioso è evidente nella scelta di far parlare Crowe in italiano e farlo passare per romano di nascita (impagabile la decisione di affidargli, come prima battuta, la frase “Che bel maiale!”), e di rendere Amorth il contraltare leggero e a tratti caricaturale al ben più credibile ragazzino posseduto.

Fino ad arrivare a un terzo atto all’insegna dell’eccesso che abbraccia e al contempo eleva gli stereotipi di genere, mettendo le mani avanti circa il suo voler essere un (dis)onesto apripista per un franchise la cui sola pretesa è di intrattenere con un grande attore che non ha paura di gigioneggiare tra un giro in Vespa e un duello maccheronico con avversari dell’altro mondo. Da quel punto di vista, missione compiuta.

La recensione in breve

7.0 Diabolico

Senza particolari pretese di grandezza artistica, il film adatta liberamente la figura di Gabriele Amorth per abbracciare in modo divertito la dimensione più eccessiva del filone cinematografico degli esorcismi.

  • Voto ScreenWorld 7.0
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Finlandese di nascita, italiano e svizzero d'adozione, si innamora del cinema e della televisione nel periodo adolescenziale, e durante gli studi universitari trasforma gradualmente questo amore in lavoro. Scrive per varie testate in Italia e all'estero, soprattutto quando si tratta di supereroi, cinema nordico e svizzero, streaming e festival.