Tra i vari universi espansi all’interno del genere supereroistico il più strambo è senz’altro quello noto come Sony’s Spider-Man Universe (SSU): un franchise costruito attorno ai personaggi secondari del mondo di Spider-Man (principalmente, ma non solo, i cattivi), ma senza la partecipazione diretta dell’alter ego di Peter Parker, almeno per ora. Un universo che per arruffianarsi il pubblico ha giocato su un possible nesso con il Marvel Cinematic Universe, una mossa che ha raggiunto l’apice del suo cinismo commerciale con Morbius, criticato da tutti – compreso il suo regista – per un post-credits privo di ogni logica che tirava in ballo il Multiverso senza averlo capito. Un flop abbastanza importante, che impone la domanda: questo SSU ha ancora un futuro, soprattutto nell’anno in cui esce al cinema con ben tre film? A questo proviamo a rispondere, in parte, con la nostra recensione di Madame Web.
Madame Web
Genere: Azione, fantascienza
Durata: 116 minuti
Uscita: 14 febbraio 2024 (cinema)
Cast: Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Isabela Merced, Celeste O’Connor, Tahar Rahim, Adam Scott, Mike Epps, Emma Roberts, Zosia Mamet
Accadde a New York
1973: Constance Webb, esperta di ragni, si reca in Perù per studiare gli aracnidi locali e le leggende che circolano sul loro conto, e muore dando alla luce la figlia Cassandra. Trent’anni dopo, Cassie lavora come paramedico a New York, per l’esattezza nel Queens con il collega Ben Parker (sì, quel Ben Parker). In seguito a un incidente scopre di avere capacità profetiche, ma non riesce a controllarle e non capisce esattamente come servirsene. Altrove, il perfido Ezekiel Sims, dotato di misteriosi poteri ragneschi, ha le proprie visioni del futuro, e per scongiurarlo prende di mira tre adolescenti che potrebbero mettergli i bastoni fra le ruote: Julia Cornwall, Martha “Mattie” Franklin e Anya Corazon. Il percorso delle tre ragazze si imbatte in quello di Cassie, che deve usare i suoi poteri per proteggerle dalla minaccia di Sims.
La tela del cast corale
Laddove i precedenti film targati SSU erano incentrati su un singolo antieroico protagonista, Madame Web, al netto del titolo che allude alla sola figura di Cassie, è la storia di quattro supereroine in divenire. Dakota Johnson, nonostante comportamenti e dichiarazioni pubbliche che lascerebbero intendere un disconoscimento del progetto, è pienamente convinta della sua performance che le richiede anche di fare da mentore alle (leggermente) più giovani Sydney Sweeney (Julia), Isabela Merced (Anya) e Celeste O’Connor (Mattie). Un quartetto davvero efficace, al quale Adam Scott cerca di dare manforte nei panni di Ben Parker, il cui unico vero difetto è una presenza ridotta, così come quella di Tahar Rahim che dà la giusta aura minacciosa al comunque poco sviluppato Ezekiel (personaggio forse penalizzato dalla decisione di renderlo un villain a pieno titolo, mentre nei fumetti è più ambiguo ma generalmente dalla parte dei buoni).
Un altro tipo di Spider-Verse
È un autentico calderone di elementi dell’universo di Spider-Man, che riunisce diverse ere sullo schermo: Cassandra Webb è stata creata nel 1980, Julia Carpenter (Cornwall nel film) nel 1984, Mattie Franklin nel 1998, Ezekiel Sims nel 2001 e Arya Corazon nel 2004. Una scelta forse voluta per promettere il giusto (la pellicola allude al futuro delle tre ragazze, destinate a diventare incarnazioni di Spider-Woman) e al contempo dare agli appassionati dei fumetti tutti gli ingredienti necessari al primo tentativo, senza puntare eccessivamente su un sequel che potrebbe non materializzarsi dato l’andamento generale del filone supereroistico nel periodo post-pandemico. È un progetto che forse pagherà il prezzo dell’arroganza commerciale dei produttori Avi Arad e Matt Tolmach, che a questo giro però non sono minimamente coinvolti dopo aver cercato di monetizzare il marchio di Spider-Man con film in cui lui non appare.
Simpaticamente démodé
Sia i due Venom che Morbius erano accompagnati da quell’alone di primi anni Duemila, quel distinto sentore di operazione fuori tempo massimo all’interno di un genere che si stava evolvendo. Un potenziale ostacolo che in questa sede viene abbracciato in pieno, con la scelta di ambientare il tutto nel 2003 (il che risolve anche la questione dell’assenza di Peter Parker, non ancora nato in questa versione dell’universo Marvel), strategia corredata da selezioni musicali gioiosamente d’epoca, dalle ingenuità registiche dell’esordiente S.J. Clarkson (al primo lungometraggio dopo varie esperienze televisive e alcune false partenze tra cui un film di Star Trek) e dall’onestà di una struttura familiare che non insegue il Multiverso (fenomeno più unico che raro ai giorni nostri, questo è un film di supereroi privo di post-credits) ma vuole solo intrattenere per due ore scarse, giocando tutte le carte a disposizione senza farraginose strategie a lungo termine. Forse questo ragno non porterà guadagno, ma un po’ di piacevole ignoranza sì.
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La recensione in breve
Rimane quell'aura da film fuori tempo massimo, ma a questo giro fa parte del fascino un po' vintage di un'operazione consapevole della propria ignoranza a scoppio ritardato.
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Voto ScreenWorld