C’era una volta Marvel Spotlight, mensile pubblicato tra il 1971 e il 1977, e poi di nuovo tra il 1979 e il 1981, che faceva parte di una tripletta di cosiddetti try-out books (insieme a Marvel Feature e Marvel Premiere), ossia testate antologiche le cui storie servivano per testare l’interesse dei lettori nei confronti di nuovi personaggi prima di affidare agli stessi dei titoli regolari. Cinque decenni dopo, l’appellativo designa parte del Marvel Cinematic Universe, nella fattispecie le serie, tra quelle realizzate per Disney+, che non richiedono conoscenze pregresse delle trame orizzontali del franchise. E il primo show a usufruire di questa etichetta (che ha un proprio logo e un proprio motivetto, composto da Michael Giacchino) è quello di cui parliamo nella recensione di Echo, che è anche la prima serie Marvel prodotta per la piattaforma della Disney a uscire con tutti gli episodi insieme e non a cadenza settimanale.
Echo
Genere: Azione, thriller
Durata: 40 minuti ca. /5 episodi
Uscita: 10 gennaio 2024 (Disney+)
Cast: Alaqua Cox, Chaske Spencer, Tantoo Cardinal Charlie Cox, Devery Jacobs, Zahn McClarnon, Cody Lightning, Graham Greene, Vincent D’Onofrio
Una vita violenta
Abbiamo conosciuto Maya Lopez, alias la killer sorda Echo, un paio d’anni fa come antagonista nella miniserie Hawkeye. Il primo episodio ne ripercorre l’infanzia, segnata dalla morte di entrambi i genitori, e i primi passi nel mondo della criminalità organizzata come parte integrante degli scagnozzi di Wilson Fisk, alias Kingpin. Poi, dopo aver cercato di uccidere Clint Barton (che appare brevemente tramite materiale d’archivio), ha scoperto che in realtà è stato proprio Fisk a uccidere suo padre, e lei si è vendicata mandandolo al creatore. O almeno così sembrava: mentre Kingpin, all’insaputa di tutti, si riprende in ospedale, Maya fugge da New York e si reca nel natio Oklahoma, ritrovando la comunità indigena che ha abbandonato anni addietro. Una rimpatriata non felicissima, poiché alcuni dei parenti fanno affari con Fisk e non vogliono rogne. E quando lui si sveglia, le rogne sono dietro l’angolo.
Il viaggio di Maya
Dopo la sua prima presenza come elemento secondario nel 2021, l’attrice Alaqua Cox, non udente nella vita, è qui promossa a protagonista per approfondire una delle aggiunte più interessanti al canone Marvel degli ultimi decenni (il personaggio è stato ideato nel 2000 da David Mack e Joe Quesada, quando il mensile di Daredevil faceva parte del sottogruppo per lettori maturi noto come Marvel Knights). Attorno a lei c’è tutto un mondo, ricco e affascinante, di indigeni americani, interpretati da apprezzati veterani della comunità come Graham Greene (Balla coi lupi) e Tantoo Cardinal (vista di recente in Killers of the Flower Moon) e talenti emergenti come Devery Jacobs (già nel mondo Marvel come voce del personaggio originale Kahhori nella seconda stagione della serie animata What If…?). È presente anche Charlie Cox nei panni dell’eroe cieco di Hell’s Kitchen, ma è lecito sospettare che il suo ruolo sia stato ridimensionato con le modifiche apportate allo show in post-produzione (gli otto episodi inizialmente previsti sono stati ridotti a cinque con apposite riprese supplementari per rimaneggiare la storyline): anche se è accreditato come membro del cast principale, appare solo nel primo capitolo.
Il ritorno del re
E poi, ovviamente, c’è Vincent D’Onofrio, tra gli ingredienti più validi di quello che ai tempi era chiamato dai fan “il Marvel Netflix Universe” (un gruppo di serie commissionate da Netflix e solo in un secondo tempo disponibili su Disney+ con il resto dei titoli Marvel, una volta scaduta la licenza della piattaforma rivale) e ora posizionato come uno dei villain più importanti del franchise sul lungo termine (il post-credits dell’episodio finale contiene degli indizi su come potrà dare del filo torcere ai suoi storici avversari fumettistici come Daredevil e, presumibilmente, Spider-Man). Il suo è un Kingpin brutale e passionale, che sotto l’aura di rispettabilità nasconde un lato psicotico pronto a emergere in qualsiasi momento, un gangster carismatico e terrificante, la figura “paterna” ideale per contestualizzare l’emancipazione di Maya lungo i cinque episodi della serie.
Riveduto e corretto?
C’era il timore, prima dell’uscita su Disney+, che il marketing in non piccola parte incentrato sulla violenza più esplicita (motivo per cui negli Stati Uniti la serie è anche disponibile sulla piattaforma Hulu per un periodo limitato) fosse una distrazione alla luce di potenziali problemi sul piano narrativo. E se nel complesso il progetto funziona, anche per il suo essere impostato come storia a sé che si ritaglia un angolo inedito all’interno del MCU ponendo l’accento sulla cultura indigena, è palese lo stravolgimento strutturale che c’è stato in post-produzione (il primo episodio, che per trenta dei suoi 45 minuti scarsi è un lungo prologo, è impostato in maniera tale da suggerire che il passato di Maya dovesse inizialmente essere centellinato lungo l’intera serie sotto forma di flashback), ennesima riconferma di come la dirigenza Marvel, prima di ripensare la sua strategia in tempi recenti (da ora le serie avranno veri e propri showrunner, figura che in precedenza mancava), non fosse del tutto preparata a questa espansione del franchise in ambito streaming. E forse anche per questo, contravvenendo alla classica politica editoriale, hanno optato per l’uscita simultanea di tutti gli episodi, favorendo quel bingewatching che notoriamente invita lo spettatore a sorvolare sui problemi dei singoli capitoli.
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La recensione in breve
La Marvel espande ulteriormente il suo universo con una miniserie dal sapore gangster che coinvolge gli indigeni americani. Strutturalmente squilibrato ma con la giusta dose di azione ben coreografata e personaggi interessanti, tra cui l'atteso ritorno del Kingpin di Vincent D'Onofrio.
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Voto ScreenWorld