Sì stava meglio quando eravamo meno. La frase retorica da pseudo-boomer potrebbe essere questa. È una specie di muro difensivo che si alza quando vediamo entrare troppe persone nel cerchio delle nostre passioni. Passioni che prima erano preziose proprio perché piccole, di nicchia, solo nostre. Peccato che le nicchie sono esplose lasciando voragini enormi, talmente grandi da ospitare un sacco di gente. Un’esplosione che ha reso mainstream una marea di fumetti, giochi, storie prima custodite dentro scrigni minuscoli. Immaginate un vecchio dungeon isolato, popolato da pochi avventurieri appassionati, invaso da intere schiere di folle urlanti. Di colpo la loro missione diventa meno speciale. Da qui nasce la gelosia dei nerd. Un fenomeno molto comune, che si ripresenta ogni volta che una passione di nicchia diventa mainstream. Proviamo a capire come mai.
Troppi dragons nel dungeon
È sempre la stessa storia. Lo stesso sintomo della stessa malattia che torna inesorabile. Esce l’anime di un manga prima sconosciuto e lo fa diventare famosissimo. Quel vecchio fumetto dei Guardiani della Galassia, che conoscevamo in dieci, diventa di domino pubblico grazie al cinema. Ai vecchi fan prude il naso, dà fastidio. Perché quello che prima era “solo loro” adesso è “di tutti”. Ma perché questa invasione di campo infastidisce così tanto? I nuovi arrivati non sono mica ladri. Non toglieranno nulla a chi c’è sempre stato. Al massimo si uniranno al coro. Ecco, il problema è che il coro preferisce rimanere una piccola band che suona in garage. Per provare ad analizzare il fenomeno facciamo un esempio pratico. Prendiamo questo 2022 in cui il gioco di ruolo fantasy, da sempre passione se non per pochi non per moltissimi, ha avuto una sovraesposizione mediatica senza precedenti. La serie animata The Legend of Vox Machina che arriva su Prime Video (facendo conoscere a tanti il fenomeno Critical Role), il ritorno del mitico HeroQuest che si prende la scena e poi la quarta stagione di Stranger Things che rispolvera Dungeons & Dragons, elevando Eddie a simbolo di una generazione di incompresi finalmente adottati dal pubblico. Tutto sull’onda di una pandemia che ha fatto ri-scoprire il giochi da tavolo e di GDR a una marea di gente (tanto da finire anche in un podcast di Radio Deejay).
I D20 rotolano ovunque, fare il master diventa figo, Instagram pullula di schede-personaggio esibite con orgoglio. Insomma, l’Hellfire Club non ha più problemi a trovare giocatori. Dentro c’è un sacco di gente. E poi ecco l’oggetto della discordia: Eddie. Il nerd supremo di Hawkins, lo strano, il metallaro demonizzato che viene esaltato da tutti. Ma chi noi è davvero come Eddie? Siamo davvero (stati) come lui? Come lo avremmo trattato nella vita vera? E soprattutto: qual è davvero il problema?
Il senso della Compagnia
I problemi, forse, sono due. Il primo: l’arrivo di nuovi adepti fa perdere ai vecchi appassionati il fascino del branco. Quel senso di appartenenza a una passione che è sempre molto più di una passione, ma un modo di vedere le cose (con valori, priorità e simboli condivisi). Una visione del mondo ancora più preziosa quando è roba per pochi (il nostro articolo sul fandom tolkieniano può confermare). Essere dentro una nicchia ci fa sentire speciali, esclusivi (e piacevolmente esclusi), una piccola elite che si è scelta da sola, compresi da quei fedeli compagni d’avventura distanti dal gregge. Ecco perché quando il gregge entra nella nicchia si scontra con il branco di lupi. Seconda questione: il fastidio viene anche dalla presunzione dei vecchi adepti: i nuovi fan sono dei modaioli senza consapevolezza, finti ipocriti improvvisati, buoni soltanto a fare i poser sui social con la t-shirt dell’Hellfire Club che tra qualche mese finirà in un cassetto. Questa adesione “usa e getta” (data per scontata) finisce per svilire la sacralità della propria passione, spesso sbandierata sottoforma di competenza inarrivabile in faccia ai novellini.
Ora, posto che se qualcuno fa finta di amare qualcosa senza amarla davvero è un triste problema tutto suo (e non di altri), perché il vecchio nerd si chiude a riccio? Perché guarda il nuovo fan come Sam guarda Gollum? La torta è lì per tutti, e ha sempre lo stesso sapore. Non finisce prima se siamo di più. A nessuno spettano le briciole.
Perché credere che i novizi non possano diventare parte integrante della compagnia? Che male fa una ragazzina (e perchè no, anche una cinquantenne) che si avvicina a Dungeons & Dragons grazie a Dustin e Mike? Perché essere gelosi di un bambino che inizia a innamorarsi del fantasy grazie al barbaro di HeroQuest? Perché alzare barriere quando erano proprio le barriere alzate dagli altri a dare fastidio?
Un gran peccato sprecare la propria esperienza di vecchi nerd, duri e puri. Un peccato non mettersi a regalare pacche sulle spalle (con un bel sorriso sornione, magari), condividendo il proprio sapere con gli altri, diventando mentori per nuovi allievi come le grandi saghe fantasy ci hanno insegnato così bene. Tutti insieme per sconfiggere il drago dell’egocentrismo tossico e del volersi sentire speciali a tutti i costi. Perché chi è cresciuto a pane e dungeon dovrebbe sapere che la compagnia è sempre aperta, che siamo tutti invitati al (o meglio nel) party. Più siamo, più facile sarà sconfiggere l’immonda creatura o trovare l’antico artefatto. La Compagnia è accogliente per definizione. Dopotutto ha aperto le porte anche a quattro piccoli hobbit che facevano i poser con la padelle al posto delle spade.
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