Il mondo è davvero pieno di pericoli, e vi sono molti posti oscuri; ma si trovano ancora delle cose belle, e nonostante l’amore sia ovunque mescolato al dolore, esso cresce forse più forte.
Tra i tanti scritti del professor Tolkien il concetto di amore, mescolato al pericolo, è probabilmente quello che affascina di più. Questo pensiero, declinato dallo stesso autore inglese, è quanto di più vicino alle comunità a lui così tanto care e devote. Perché chi si avvicina al professore di Oxford in prima battuta viene invaso da un amore viscerale per tutti i suoi testi, i suoi scritti, lettere e manoscritti nascosti. I fan di Tolkien si ricordano perfettamente la prima volta che si sono approcciati a Il Signore degli Anelli, la prima volta che hanno imparato a scrivere in Sindarin, la prima volta che si sono alzati dalla propria sedia il 3 gennaio per gridare “Al professore” e la prima volta che si sono trovati a quattr’occhi con un altro tolkieniano per poi iniziare a disquisire su ogni possibile trama e sottotrama della Terra di Mezzo.
Ma dopo l’amore e il colpo di fulmine c’è un’altra emozione che pervade le comunità tolkieniane: il pericolo di offendere gli scritti di Tolkien. Il grande tallone d’Achille di tutti i fandom (da quello di Star Wars a quello di Marvel e DC) è la canonicità delle opere, soprattutto quando ci sono di mezzo delle trasposizioni artistiche.
E purtroppo in questo campo la comunità tolkieniana è tra le più difficili in cui vivere.
Prima degli anni duemila, i fan degli scritti del professore al massimo potevano inveire contro artisti ed illustratori per la loro “visione” personale, ma difficilmente in passato ci sono state delle prese di posizione negative, nonostante i Giancola, i Frazetta, i fratelli Hildebrandt (tanto per citarne alcuni) avessero delle concezioni sulla Terra di Mezzo molto particolari. Negli anni Settanta un certo Ralph Bakshi tenta qualcosa di mai visto prima, un film d’animazione che segue le vicende del primo romanzo, La Compagnia dell’Anello, e della metà del secondo, Le due torri, in origine prima parte di un’opera divisa in due pellicole. Nonostante l’idea, il progetto non fu concluso, dal momento che non ottenne il successo sperato e la casa di produzione si rifiutò di finanziare il sequel, interrompendo la narrazione alla fine della battaglia del Fosso di Helm. I fan divisi da quell’opera iniziano a trovarsi di fronte alla problematica più grande che poi esploderà nei primi anni Duemila quando un certo Peter Jackson decide di mettere su schermo le parole di J.R.R. Tolkien.
Quando e dove nasce il fandom tolkieniano
Ma prima di arrivare alla trilogia di Jackson, e alla serie Tv di Amazon Prime, è giusto fare un piccolo passo indietro e individuare il momento storico in cui tutto ebbe inizio. Sebbene ci fossero fan di Tolkien entusiasti e attivi nel fandom di fantascienza già a metà degli anni Cinquanta, il vero fandom organizzato di Tolkien decollò solo con la pubblicazione della seconda edizione de Il Signore degli Anelli negli anni Sessanta. Un’altra precisazione: nonostante ci siano molte società tolkieniane in diversi paesi oggi, non tutte sono approvate o autorizzate dalla Tolkien Estate che è l’ente che cura i diritti della famiglia del professore. Per tornare sempre in America, dove solitamente tutto ha un respiro più mainstream, la Tolkien Society of America si è incontrata per la prima volta nel febbraio 1965, accanto alla statua dell’Alma Mater nel campus della Columbia University e nel 1967 la compagnia poteva contare già più di 1.000 membri, organizzati in gruppi locali o smial, un modello poi ripreso da altre organizzazioni di fan di Tolkien in Europa. In Gran Bretagna, luogo che ha visto crescere il professore, la Tolkien Society inglese è stata fondata nel 1969 ed è ancora attiva come associazione di beneficenza registrata, con il lavoro di due pubblicazioni regolari annuali come Amon Hen, una newsletter bimestrale di notizie e informazioni, e Mallorn, una rivista contenente articoli critici e saggi sul lavoro di Tolkien.
Ma cos’è che fa cambiare le sorti del fandom tolkieniano?
L’abbiamo annunciato precedentemente: senza dubbio le opere cinematografiche, che hanno impresso l’immaginario della Terra di Mezzo in tutto il mondo, portando alla luce diverse problematiche. Sì perché per la primissima volta i fan del professore si sono trovati di fronte a un’opera, come la prima trilogia di Jackson, dal successo insperato (anche dallo stesso regista inizialmente) con un consenso totale, numerosi premi internazionali tra cui 17 Oscar e un messaggio univoco da parte della totalità dei fan: la Terra di Mezzo è reale. Questo ha suscitato la prima grande spaccatura tra gli integralisti dei testi del professore e i nuovi fan che si stavano approcciando alle opere di Tolkien. Una spaccatura che a causa della non ancora esplosione dei social, non fu così palese, con addirittura lo stesso Peter Jackson che si confrontava con alcuni smial proprio per essere certo di poter interpretare al meglio il testo de Il Signore degli Anelli. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, e nonostante alcune modifiche (la presenza di Arwen nel salvataggio di Frodo tra le tante), tagli di personaggi (Tom Bombadil), e re-interpretazione di alcuni (Faramir quasi corrotto dall’anello o Gimli trasformato in una macchietta comica) le comunità tolkieniane sono state abbastanza soddisfatte, consce che il successo della trilogia ha donato una nuova linfa agli appassionati del professore. Appassionati da istruire e indirizzare con cognizione di causa.
L’arrivo de Gli Anelli del Potere
Arriviamo alle ultime vicende. Amazon decide per una cifra record di acquisire i diritti per una serie Tv prequel che racconterà le ere precedenti al viaggio di Frodo e della Compagnia. Nel frattempo ci troviamo nell’era degli youtuber e dei social che fanno il buono e il cattivo tempo. Qui avvengono i primi scontri con le comunità tolkieniane, che iniziano ad essere purtroppo molto dure e in alcuni casi anche tossiche. Con quali ragioni?
La serie tv si chiama Gli Anelli del Potere e non c’è nessun libro scritto da Tolkien con questo titolo. È evidente che l’approccio più sano sarebbe quello di godere di una serie fantasy tratta dai testi di Tolkien, che possa colmare anche dei buchi evidenziati dallo stesso scrittore come lasciava intendere nella lettera 131: “Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d’insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma”.
Tolkien parla di “racconti lasciati solo abbozzati e spazi da riempire da altre menti”, quindi crediamo che gli sceneggiatori di Amazon Prime possano inserirsi nei vari spazi narrativi che Tolkien non descrisse: come sono nati gli hobbit o chi erano gli stregoni blu, oppure donare una Terra di Mezzo che sia inclusiva in ogni suo aspetto. Accettare da parte delle community questi elementi sarebbe stato l’approccio più sano, ricordando che i libri del professore non cambieranno mai, anche dopo l’uscita della serie tv. Purtroppo questo non è accaduto e la guerra interna di moltissime realtà tolkieniane ha prodotto un fandom tossico dove le problematiche filologiche si sono mischiate alle opinioni individuali, dove l’integralismo e il purismo, sbandierati come vanto, hanno iniziato ad essere così forti e veementi da ricordare altre correnti politiche.
Tutto questo ancor prima dell’uscita dell’intera serie che, stando al progetto, durerà almeno cinque anni. Essere un tolkieniano è semplice? Beh, no. Perché con testi di partenza così ben delineati, il risultato è che vengano trattati come libri sacri, motivo di fede, scritture di una vera e propria religione da parte dei fan tossici.
Le opinioni di Ivan Cavini e Wu Ming 4
Abbiamo raggiunto Ivan Cavini, illustratore tolkieniano e Coordinatore del Centro studi tolkieniani “La Tana del Drago”, per avere un giudizio sul fandom derivato da Tolkien.
“Il fandom sui social può essere propositivo e incoraggiante – afferma Ivan Cavini – ma avviene davvero di rado. In Emilia Romagna ci sono delle figure mitologiche che esprimono bene questo concetto: sono gli “umarèll” (ometti, omini), ovvero i vecchietti pensionati che osservano i cantieri al solo fine di criticare gli operai per come svolgono il loro lavoro. Ovviamente gli umarell sono innocui, ma questa abitudine alla critica inutile (ma autoappagante) diventa drammatica quando si sposta nei social, dove vige la comunicazione urlata: o è bianco o è nero e le sfumature non sono né comprese né tollerate, perché non esistono quasi mai lettori, bensì tifosi. Questi non sono registi, non sono scrittori (nel vero senso della parola) ma magari sono influencer e quindi possiedono l’anello della “visibilità”, un anello che dona grande potere e nessuna responsabilità: una specie di Spiderman al contrario. Mi ricorda Boromir che vuole usare l’Anello a fin di bene: se hai compreso Tolkien, sai che è impossibile”
In merito alla questione fandom tolkieniano è stato chiesto anche allo scrittore e socio fondatore dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani Wu Ming 4 cosa pensasse in merito alla situazione attuale dei fan:
“Il fandom ha sempre due facce e anche se entrambe sono manifestazioni d’amore, si sa che lo stesso sentimento può spingere ad atteggiamenti contrapposti. La faccia chiara del fandom consiste nella voglia di calarsi dentro una realtà secondaria, partecipando alla sua scoperta ed espansione con varie modalità e attraverso vari mezzi. La faccia oscura si manifesta quando l’amore diventa gelosia e difesa a oltranza dei confini di quel mondo immaginario dai pericolosi eretici che potrebbero violarlo. Spesso la distinzione è sottile, ovvero non è difficile passare da un atteggiamento all’altro, trasformandosi da liberi esploratori in dogmatici difensori dell’ortodossia narrativa o estetica. Anche se queste facce sono parte della realtà complessa che chiamiamo fandom, tuttavia un fandom in buona salute si misura dal prevalere della prima rispetto alla seconda“.
Quindi alla fine dei giochi è giusto disquisire sulla canonicità delle opere, sulla coerenza dei personaggi, sulla scrittura di alcuni protagonisti o ancora meglio sulla vicinanza al messaggio di Tolkien e se tutto ciò verrà rispettato tutti ne dovranno godere, cercando di evitare inutili questioni sul colore della pelle di un elfo o la sessualità di un nano, perché Tolkien ha combattuto una guerra e nei suoi scritti ha sempre cercato di far capire quanto il Male e l’odio vadano combattuti, aspirando a una terra dai valori semplici come la Contea. La forza dell’anello si sta diffondendo e a causa degli algoritmi dei social coloro che “gridano” e sputano odio, riescono ad avere la voce più grossa rispetto ai fan più moderati. Cosa succederà, quindi, con l’arrivo della serie? Le critiche non mancheranno probabilmente, ma i tolkieniani dovranno gustarsi ogni puntata con la consapevolezza di vedere un prodotto fantasy, tratto dalle opere del loro autore preferito.
E in caso di non riuscita della serie basterà tornare nella propria libreria personale, perché come ricordava lo stesso Tolkien “tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato”. Quindi perché sprecare tempo in battaglie e guerre?