C’è qualcosa che, nel corso di questi dieci anni, non sia stato ancora detto su Bloodborne?
Esatto, dieci anni, tanto è passato da quando il titolo From Software in esclusiva Sony, si affacciava sul mondo dei videogiochi, portando con se uno scossone di proporzioni difficili da catalogare, proprio grazie ad un amore e supporto degli appassionati che non hanno mai fatto sentire gli anni che passano, rinnovando – quando possibile – l’interesse verso il titolo.
Questo avviene con un evento decisamente particolare, conosciuto come Return to Yharnam e partecipare è facilissimo: dal 24 marzo al 7 aprile vi basterà iniziare una nuova partita su Bloodborne, con un nuovo personaggio, ripercorrere la tortuosa e macabra avventura dedicando del tempo alle sessioni co-op, tanto per giocare con gli altri appassionati nel mondo, come aiutare i neofiti che si stanno affacciando al gioco per la prima volta.
Ovviamente, oltre che a riscoprire il valore di questo prezioso titolo, lo scopo secondario è quello di mandare un messaggio importante a Sony e From Software, dimostrare che lì fuori ci sono ancora milioni di appassionati e che il sogno di un sequel, di un remake o anche di un’uscita PC di Bloodborne, non farebbe altro che gettare benzina su una fiamma che mai si è sopita nel tempo.
Bloodborne, i motivi di un successo

È tanto difficile quanto azzardato provare a sentenziare le motivazioni che hanno reso Bloodborne quello che è oggi, perché potrebbe essere terribilmente riduttivo considerata la grande rivoluzione che ha portato nel mondo dei videogiochi.
Se è vero che con Dark Souls (e prima ancora Demon’s Souls) si può facilmente parlare di un prima e di un dopo, con Bloodborne abbiamo assistito alla possibilità di sperimentare con il genere, tagliare il cordone ombelicale con il passato, proprio dalla stessa casa madre, e tentare una strada impervia, non semplice, eppure così dannatamente funzionale, divertente, tanto da avvicinarsi alla perfezione.
Bloodborne apriva alla caparbietà del videogiocatore, togliendo gli scudi e qualunque altra forma di difesa, per una caccia a viso aperto, violentissima, veloce, infarcita di parry, una vera e propria grammatica di gioco all’interno di un ecosistema che fino a quel momento sembrava aver detto tutto, sfruttando gli stessi stilemi a cui avviluppare storie diverse.
Il valore narrativo

L’arrivo a Yharnam, le notti di caccia, i grandi Esseri. Il mantello narrativo di Bloodborne invitava il videogiocatore in un mondo gotico e oscuro di primissima qualità, lontano da qualsivoglia storia mai raccontata, per portarci dinanzi la sfida di un male antico.
Seguendo la stessa formula che ha fatto la fortuna delle produzioni precedenti, Bloodborne non racconta, bensì puntella elementi. Lascia tanti piccoli indizi, in special modo nelle descrizioni degli oggetti, invitando il videogiocatore a riempire gli spazi vuoti. Il risultato è un mosaico di rara bellezza, una storia di disperazione oscura, all’elevazione dell’essere umano al piano divino. Ecco, quello che affronteremo sarà, semplificando il tutto, il risultato di questa sete di potere e conoscenza, facendo cadere Yharnam e dintorni in un sogno oscuro senza fine.
Si può asserire senza problemi che proprio la svolta narrativa, più oscura, macabra, con forti ispirazioni da H. P. Lovecraft, sia stato il giusto ingrediente che ha contribuito al successo di Bloodborne, tanto più delle introduzioni ludiche. Il contrasto tra sogno e realtà, l’impossibilità di uscire da quello che sembra essere un labirinto in piena discesa verso uno stato di pazzia assoluta. Una vera e propria esperienza tanto ludica quanto narrativa impossibile da dimenticare.
Una prole numerosa

Qual è stato il retaggio di Bloodborne guardando al mondo dei videogiochi oggi? In un momento delicato, oggi quanto dieci anni fa, dove la paura di creare un soulslike identico agli altri è sempre più concreta, Bloodborne ha rivoluzionato pur mantenendo saldo il controllo dell’esperienza utente finale.
La differenza stilistica di Bloodborne è forse il marchio più riconoscibile nella storia del genere, mai ampiamente replicato e forse omaggiato solo dal recente Lies of P e in tal senso gli emuli sono stati molteplici, con la stessa From Software che ha dimostrato quanto prendere sentirei diversi dalla saga di Dark Souls è possibile.
Forse è esagerato dire che senza Bloodborne oggi non avremmo avuto Sekiro o Elden Ring, ma è innegabile la forza trainante del titolo, che oltre a convincere tante persone a possedere una PlayStation 4, ha dimostrato quanto l’innovazione sia un elemento fondamentale nel mercato videoludico, dove anche la caparbietà di cambiare le carte in tavola e offrire una sfida totalmente inedita, è pane prelibato per molti palati.
Dunque buon compleanno Bloodborne. Nel modo in cui non si è mai sopita la fiamma di passione che abbiamo in questo titolo, allo stesso modo riponiamo fiducia in qualche comunicazione da parte di Sony PlayStation o From Software: cosa c’è nel futuro di questo franchise? Un remake? Una remastered? Ci facciamo andare bene anche un’uscita su PC, ma il messaggio è chiaro da dieci anni a questa parte, qui fuori ci sono tantissimi giocatori pronti a immergersi di nuovo nel sogno del cacciatore.