È passata qualche settimana dall’uscita del remake di Dead Space, il videogioco horror arrivato nel 2008 sugli scaffali di casa nostra e diventato presto un cult. Un rifacimento in sviluppo da diversi anni e che presto è diventato uno dei titoli più carichi di aspettative dai videogiocatori. Attesa ripagata, visto che fin dalla pubblicazione il remake di Dead Space ha attirato le lodi della critica e dello stesso pubblico, totalizzando delle valutazioni molto alte su Metascore. Eppure dopo qualche giorno una parte di giocatori ha iniziato a esprimere pareri contrastanti. Critiche uscite in alcune live stream, su dei video YouTube, in lunghi thread dedicati su Twitter e Reddit e nei classici fenomeni di review bombing. L’accusa principale? Dead Space Remake sembrerebbe essere un videogioco contenente propaganda woke.
Non è certo la prima volta che ci troviamo davanti a un caso simile e non sarà l’ultima. Nel mondo dei videogiochi il più famoso, per dimensioni e per l’importanza del titolo, è quello legato a The Last of Us Part II. Il titolo Nauhty Dog fu oggetto di un poderoso review bombing in cui veniva massacrato da utenti che lo accusavano, ancor prima della sua uscita, di essere intriso di propaganda gender. Il gioco ha poi venduto oltre 10 milioni di copie, a dimostrazione che, per quanto rumorosa, si trattasse di una minoranza dei videogiocatori. Anche se allarghiamo lo sguardo a tutta la sfera dell’intrattenimento, specialmente quando si parla di remake o versioni live action di opere d’animazione (Disney, manga o altro), ci troviamo davanti a casi simili. Cerchiamo allora, partendo da Dead Space Remake e dalle accuse di essere propaganda woke che ha ricevuto, di fare qualche riflessione sull’argomento.
Cosa significa e cosa si vuole esprimere con “woke”
Prima ancora di analizzare il caso Dead Space dobbiamo fare però un passo indietro e cercare di capire cosa si intende con il termine woke. Partiamo dal presupposto che il vocabolo non ha un vero significato italiano. Potremmo tradurlo come (ri)svegliato o comunque con qualcosa riconducibile a un nuovo stato di consapevolezza. Nel mondo anglosassone si inizia a diffondere l’utilizzo di woke una decina di anni fa all’interno del movimento del Black Lives Matter e di quelli pro-femminismo. In pratica il vocabolo raccoglieva sotto un unico stendardo gli attivisti e le persone dotate di una certa sensibilità nei confronti di dinamiche sociali legate al sessismo e al razzismo. Negli anni poi il termine ha mutato forma più volte. In una fase veniva utilizzato per descrivere quella fascia di privilegiati che si interessava dei problemi delle minoranze per interessi di facciata (un po’ come da noi viene usato “Radical Chic”).
Infine poi woke è diventato una delle parole simbolo della destra americana utilizzata per indicare l’atteggiamento, a detta loro unilaterale, assolutistico e tendente alla censura, dei tutto quel mondo a favore dei diritti civili. Di fatto accomunando sotto un unico termine sia casi più estremi, sia il normale attivismo, in alcuni casi sottintendendo anche l’esistenza di una qualche lobby che ha determinati interessi nel portare avanti questa propaganda woke. Si tratta quindi di un vocabolo che ha mutato il suo significato più volte nel corso degli anni. In Italia il termine è utilizzato in rare occasioni e gli si preferiscono espressioni che contengono al loro interno riferimenti al “politically correct” e alla “cancel culture”.
Il caso di Dead Space Remake
Passiamo quindi al remake di Dead Space e alle accuse di essere propaganda woke che ha ricevuto. La trama del gioco rimane in buona sostanza invariata rispetto all’edizione originale uscita nel 2008. La USG Ishimura è una nave spaziale cui compito è quello di estrarre risorse minerarie dai pianeti. Mentre orbita sopra Aegis VII cessano improvvisamente le comunicazioni. Per risolvere il problema viene mandato sul posto Isaac Clarke, ingegnere membro dell’equipaggio della nave da riparazione USG Kellion. Una volta salito sulla Ishimura però si troverà davanti a una situazione inaspettata. La nave è un ricettacolo di orrore e morte e Isaac dovrà scoprire la verità su quanto accaduto mentre cerca di riparare la nave e di sopravvivere agli attacchi dei necromorfi.
Cosa gli viene imputato? Elenchiamo rapidamente le accuse. Il personaggio di Johnstone è stato rimpiazzato da una donna nera che sopravvive all’attacco iniziale. Sui materiali promozionali e propagandistici della Ishimura sono state sostituite persone bianche e asiatiche con personaggi neri. Kendra ha taglie di reggiseno in meno rispetto all’originale, fa alcuni riferimenti alla sua omosessualità e sia lei che Nicole sembrano donne di cinquant’anni e non più giovani ragazze. Infine la questione bagni: sono gender-neutral, come potete vedere nella foto sopra.
Questione di empatia
Ora potremmo star qua a smontare ogni accusa a sfondo woke mossa contro Dead Space. Sottolineare per esempio l’assurdità di concentrarsi sull’insegna di un bagno all’interno di un survival horror spaziale, ambientato nel ventiseiesimo secolo e dove si combattono ammassi di cadaveri. Ma diciamoci la verità, operazioni di minuzioso debunking fatte su argomenti del genere sono inutili e anche un po’ svilenti, sia per chi legge che per chi scrive. Lo stesso vale per altri casi. Per esempio dover spiegare perché una sirenetta nera o un elfo nero non siano un problema. Discorsi da portare avanti sempre tenendo sotto mano il “sacro canone originale”, sia chiaro. In alternativa ci sarebbe la divertente strada passivo-aggressiva, dove poterci chiedere retoricamente come mai nessuno si è fatto problemi davanti a faraoni australiani ed eroi greci dell’Oklahoma. La grande realtà è che ci troviamo in un periodo storico in cui vi è un sentimento comune diffuso: la mancanza di rappresentanza. Lo vediamo ovunque a partire dalla crisi della politica occidentale, dove la volatilità elettorale ha raggiunto vette mai viste, in giù. La reazione di molti di noi è quella di aggrapparsi alle proprie passioni. Altri invece le trasformano in ossessioni, in oggetti preziosi da tenere solo per loro e il cui minimo cambiamento provoca in loro reazioni come quelle che abbiamo visto prima.
Non c’è razionalità e ogni possibile operazione di debunking o di convincimento è inutile. Manca la capacità di immedesimarsi negli altri, nel capire che grazie a determinate scelte qualcun altro potrebbe sentirsi rappresentato. Qualcuno che magari vive in quello stato da sempre. Non c’è empatia ed è uno dei principali problemi dei nostri tempi. Lo sappiamo e vediamo ogni giorno nelle più piccole cose. Quel che sorprende è che questa assenza si presenti in fruitori abituali di cinema e videogiochi. Medium che basano il proprio linguaggio sull’immedesimazione, che riescono metterci nei panni di un hobbit della contea, di una ragazzina Na’vi, di un uomo pronto ad affrontare l’apocalisse insieme ad una ragazzina o di Steve Jobs. Eppure basta un micro-cambiamento che tutto il mosaico va in pezzi, l’immedesimazione cessa e la rabbia esce. Perché un ingegnere che uccide Necromorfi in una nave spaziale va bene ma un ingegnere che uccide i Necromorfi in una nave spaziale con i bagni gender-neutral no. E allora davanti a uno scenario simile dobbiamo alzare bandiera bianca. Ammettere con tutta sincerità e un po’ di sconforto che il male è negli occhi di chi guarda.