Il paradigma del blockbuster d’azione targato 2022 è costruito su due poli, uguali e opposti al tempo stesso. Top Gun – Maverick è il primo e il più scontato. Campione d’incassi della stagione estiva, kolossal action-patriottico di straordinaria portata emozionale e spettacolare, riconferma dello stardom sempreverde di Tom Cruise: Maverick è in qualche modo lo zenith e il nadir del nuovo cinema d’azione americano. Una visione entusiasmante che rilegge il passato con l’occhio di oggi, e la dimostrazione che la sensibilità popolare per il grande cinema d’intrattenimento statunitense è più viva che mai.
Il secondo capolavoro action dell’anno, RRR, proviene invece da una delle industrie più singolari al mondo, quel cinema indiano che dal mercato occidentale si è sempre tenuto a debita distanza. In India il film del regista S.S. Rajamouli ha riscosso un successo da record: oltre ad essere il prodotto più costoso mai realizzato nella storia del cinema indiano (72 milioni di dollari), RRR è divenuto rapidamente il terzo incasso più alto di sempre in patria (118 milioni di dollari). Cifre sbalorditive, soprattutto se si pensa che il film non è un prodotto della tanto decantata Bollywood, ma proviene da una fetta minore dell’industria cinematografica definita Tollywood, specializzata cioè in produzioni in lingua telugu.
Negli Stati Uniti il risultato al box office è stato decisamente più basso, ma comunque sufficiente a garantire il secondo incasso più alto di sempre per un film indiano in USA – il primo è Baahubali 2, altro film d’azione di Rajamouli.
La differenza in questo caso l’ha fatta Netflix, dove RRR è rimasto nella Top 10 internazionale per ben tredici settimane. Nonostante il passaggio in streaming, l’uscita nelle sale statunitensi ha ottenuto un successo insperato, tanto che alle prime proiezioni speciali negli Stati Uniti ne sono seguite altre lo scorso giugno (rilanciate sui social con l’hashtag #encoRRRe). In totale, oltre ai milioni di visualizzazioni su Netflix, RRR ha guadagnato 14 milioni di dollari al box office americano: un risultato sensazionale, specie considerando la duplice modalità distributiva.
Paragonare un exploit come questo a Top Gun, che ad oggi ha incassato 1,4 miliardi di dollari in tutto il mondo, appare un poco sleale nei confronti di un prodotto che rimane in tutto e per tutto di nicchia, e che difficilmente potrebbe raggiungere un riscontro simile a livello internazionale. Ma il miracoloso trionfo del film ha permesso a Rajamouli di scavallare un muro che finora sembrava invalicabile: un evento storico che potrebbe segnare una svolta nel rapporto fra Hollywood e l’industria cinematografica indiana. Quali sono i motivi di un successo internazionale e senza precedenti come questo? Ve lo spieghiamo di seguito.
Una questione politica
Uno dei risultati più straordinari del nuovo Top Gun sta nella mirabile sintesi delle tendenze patriottiche e propagandiste del film, contestualizzate all’interno di un modello di racconto iper-classico. Il successo internazionale di Maverick è frutto anche di questo riuscito processo di semplificazione, che ridimensiona i cenni politici della storia nell’ottica di un intrattenimento accogliente, di un nazionalismo che è insieme americanissimo e universale.
Come Top Gun, anche RRR è un prodotto che innesta una prospettiva fervidamente patriottica su uno schema narrativo classicissimo. A cambiare drasticamente, però, è la sensibilità culturale del film, che pesca a piene mani dal patrimonio storico e mitologico induista – il che spiega il clamoroso successo di pubblico in patria. RRR ha come protagonisti Alluri Sitarama Raju e Komaram Bheem, due figure chiave del movimento rivoluzionario indiano contro l’imperialismo britannico. I due non si conobbero mai nella realtà: RRR è infatti un esercizio di sbalorditiva fantapolitica epica, che riscrive la storia di quella rivoluzione secondo i valori ideologici più significativi della cultura cinematografica indiana – uno su tutti: l’amicizia virile.
Il tutto è ammantato da una buona dose di allusioni mitologiche, attraverso cui Rajamouli trasfigura le figure dei protagonisti su un piano spirituale. I riferimenti principali sono due celebri poemi induisti: Ramayana, il racconto epico sulla vita della divinità Rama, e Mahabharata, che narra delle avventure del mitico guerriero Bhima. I rimandi letterari percorrono tutte le tre ore di film, finché alla fine Storia, racconto e religione si fondono tra di loro – nell’epilogo Raju indossa proprio le vesti con cui la divinità Rama viene solitamente rappresentata, con arco, frecce e pantaloni arancioni: il parallelismo non potrebbe essere più esplicito.
La commistione tra revival epico e mitizzazione in salsa action ha attratto una serie di critiche circa l’ambigua natura politica del film, che sembrerebbe aver incendiato il pubblico più nazionalista: ricordiamo, infatti, che il partito attualmente a capo del governo indiano (BJP) è orientato su un rigido conservatorismo Hindu (a scapito delle numerose minoranze religiose), e che il patrimonio letterario classico rappresenta una chiave di volta della loro politica culturale. Si capisce facilmente che un’operazione come quella di Rajamouli, dichiaratosi estraneo a qualsiasi forma di propaganda, possa avere effetti rilevanti a livello di rappresentazione ideologica.
Racconto universale
Sono considerazioni che a un pubblico esterno alla questione possono apparire distanti, e che sfuggiranno inevitabilmente alla maggior parte degli spettatori Netflix. Il modello narrativo di stampo rivoluzionario-patriottico a cui il film fa riferimento, in ogni caso, non è estraneo a quello occidentale: la grandezza di RRR è anche la sua capacità di tradurre un sentimento così culturalmente specifico in una forma che sia universale e comprensibile da tutti. Si tratta, in fin dei conti, della storia di una rivolta e di una liberazione non dissimile nella struttura dai classici racconti hollywoodiani sull’argomento – si pensi ad esempio a Braveheart, a cui Rajamouli fa un riferimento abbastanza chiaro nella scena della fustigazione pubblica di Bheem.
In questa macchina spettacolare, però, c’è anche spazio per una componente multiculturale del racconto. Ed è cruciale, da questo punto di vista, il ruolo che gli imperialisti anglosassoni rivestono all’interno della storia. Non solo per la questione linguistica (gran parte del film è parlata in lingua inglese), ma anche per una chiara tendenza politica: il racconto delle violenze condotte dai britannici, capitanati dal governatore Buxton, offre una chiave di lettura che è in linea con l’attitudine ideologica del panorama cinematografico occidentale. Parrebbe un controsenso, ma la presenza all’interno del racconto di un certo numero di personaggi anglofoni, rappresentati per la maggior parte come degli spregevoli razzisti, non fa che rafforzare il fervore anti-imperialista del film, e costituisce uno dei punti di contatto più evidenti con l’ideologia neo-progressista hollywoodiana.
L’unica eccezione a questa ritratto estremizzato è legata alla principale linea romantica della storia. La bellissima nipote del governatore, contraria a ogni tipo di violenza nei confronti della popolazione indiana, scatena infatti il desiderio di Bheem, risultando in una storia d’amore che in un certo senso è il riflesso del film e del suo incredibile successo internazionale: un legame che sigla la convivenza felice tra due mondi apparentemente inconciliabili.
Spettacolo totale
Al di là di qualsiasi motivazione culturale e politica, l’elemento che più di tutti ha catalizzato l’attenzione del pubblico Netflix è senza alcun dubbio l’approccio stilistico di Rajamouli: considerando che la maggior parte degli spettatori occidentali non è avvezza allo stilema bollywoodiano, è facile immaginare lo shock culturale che una visione come quella di RRR deve aver causato.
Ma anche per gli standard dell’industria indiana l’action di RRR è troppo massimalista perché lo si possa immaginare all’interno di uno specifico perimetro filmico. Sta qui l’unicità del film: RRR è un treno che non si ferma, un bolide impazzito che ingrana di più a ogni sequenza d’azione, che alza l’asticella fino a sfondare il tetto e trascendere il concetto di film d’azione. Un delirio come mai ne produrrebbero in America. Ma un delirio compatto, ben organizzato e digeribile, strutturato come si diceva prima in modo che possa risultare appetibile, nella sua straordinarietà, anche a uno spettatore d’oltreoceano.
A supporto di questa visione incontenibile ci sono i grandiosi attori protagonisti, Ram Charan e Nandamuri Taraka Rama Rao Jr. La loro presenza cinematografica è però troppo fisica, movimentata, sfaccettata perché siano ridotti a semplici interpreti. I due passano gli oltre 180 minuti di film compiendo ogni tipo di acrobazia immaginabile, tra salti impossibili e coreografie forsennate. Attori, atleti, ballerini, cantanti: divismo sotto steroidi che mieterebbe vittime fra i nomi grossi dello star system hollywoodiano.
Parlare di film totale, in questo caso, non sembra azzardato. Quello di Rajamouli è un cinema che riverbera di energia in ogni sua componente tecnica e creativa: è questo senso di epica grandiosità che trasforma il film in una vera macchina olistica di divertimento over the top. Tra ideologia e coinvolgimento popolare, RRR è il caso più unico che raro di un prodotto d’intrattenimento indiano capace di dialogare col pubblico internazionale grazie alla propria genuina forza spettacolare. Un’occasione unica per l’industria americana di prendere nota e, magari, imparare qualcosa di nuovo.