Con le prime due stagioni di The White Lotus, Mike White ha dimostrato di essere una penna dall’incredibile talento. Mettendo in scena un cast corale di personaggi irriverenti, rappresentazioni ideali del mondo capitalista moderno. Potere, soldi, fama, sesso: ogni episodio capace di inquadrare la società di oggi e le persone che vivono all’interno di essa. Uomini che aspirano ossessivamente al controllo, anche se c’è sempre una pecora nera – uno o due personaggi che combattono quel sentimento predominante per vivere una vita libera da ipocrisie. Il tutto condito da un mistero che, di puntata in puntata, portava lo spettatore a chiedersi chi sarebbe stata la prossima vittima.
Con questa terza stagione la scrittura graffiante e la regia sapiente di Mike White tornano in grande stile per delineare una nuova storia interamente basata sulla dicotomia tra pace e guerra interiori. Temi portati all’eccesso da un gruppo di personaggi che, se analizzati nel dettaglio, sono davvero molto profondi e intriganti, ma nascondono anche una mancanza di varietà generale. Lo stilema è sempre lo stesso, non ci resta che accettarlo. Tuttavia, da White vorremmo aspettarci di più. Al netto di un inizio scricchiolante, il finale è riuscito a chiudere il ciclo con grazia, sovvertendo le aspettative. Raccogliamo le idee e cerchiamo di spiegarvi cosa ci ha convinti (e cosa meno) di questa terza stagione di The White Lotus.
In questa recensione NON saranno presenti spoiler, se non quando vi avviseremo opportunamente.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller
Durata: 8 Episodi/50 minuti ca.
Uscita: 16 Febbraio 2025 (Sky/NOW)
Cast: Walton Goggins, Carrie Coon, Patrick Schwarzenegger
Una formula abusata

L’idea alla base di ogni stagione è semplice, ma efficace. Nei primi minuti veniamo a conoscenza che uno o più ospiti del lussuoso hotel White Lotus sono morti, ma non sappiamo chi o come. Si ritorna alla settimana precedente, quando un gruppo di persone inizia il suo soggiorno alla struttura – chi nelle Hawaii, chi in Italia o (come in questa terza stagione) in Thailandia. La narrazione esplora una serie di dinamiche e situazioni controverse, fino al tragico evento. I protagonisti interagiscono tra di loro, mostrando simpatie e (in particolare) antipatie che li spingono agli eccessi – e, in alcuni casi, alla morte. Il grosso problema di questa terza stagione risiede proprio in questo espediente narrativo, ormai abusato e stantio.
Non è la prima volta che una serie inizia con una grande idea e, più escono nuove stagioni, più si percepisce una certa stanchezza. The White Lotus non fa eccezione. La saggia e sagace scrittura di White è riuscita a risollevare le sorti della location thailandese, ma l’incipit e i primi episodi convincono poco. Da uno sceneggiatore così talentuoso avremmo voluto qualcosa di completamente diverso dal solito. Un po’ come quella sigla che taglia i ponti con il passato (pur con tutte le critiche che ha attirato, anche dal suo compositore). Ormai è fatta, ma la nostra speranza risiede nella già annunciata quarta stagione. Che possa innovare, così come ha fatto la prima nel panorama televisivo moderno.
Dal nulla non nasce niente

Cosa funziona di questa stagione? Come sempre, i personaggi e l’eccellente cast scelto per l’occasione. Le tre amiche, che richiamano le famose scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano, ma che fanno esattamente il contrario (interpretate rispettivamente da Leslie Bibb, Carrie Coon e Michelle Monaghan) sviluppano il loro arco narrativo in modo funzionale e interessante, ma non riescono mai a decollare del tutto, risultando molto più accattivanti nelle fasi centrali. Anche i personaggi thailandesi non vengono approfonditi benissimo e non sono riusciti a convincerci pienamente. Discorso totalmente diverso per la famiglia capeggiata da un eccellente Jason Isaacs, vero fulcro narrativo di questa stagione. La differenza tra potere e povertà, tra pace interiore e la volontà di soverchiare il prossimo, così come l’interesse spasmodico per il denaro e l’agio, magnificamente rappresentato dallo scontro tra madre e figlia (con i volti di Parker Posey e Sarah Catherine Hook).
“Io non ho un’identità. Non devo staccarmi da niente. Sono già niente. Se nessuno mette benzina, il serbatoio resta vuoto. Quella non è un’illusione, la macchina non parte. Dal nulla non nasce niente“. – Rick\Walton Goggins in The White Lotus 3
A gran sorpresa per i fan, torna dalla prima stagione Natasha Rothwell nel ruolo di Belinda. Il suo personaggio inizia il suo arco narrativo dando più l’impressione di un mero feticcio, un fan service per i fan storici, ma viene portato a compimento settando altissimo lo standard della scrittura di White e chiudendo un ciclo di potere e cinismo iniziato nella prima stagione. Ma a racchiudere la vera essenza di questo gruppo di episodi è la coppia di Walton Goggins e Aimee Lou Wood. La Wood è appassionata, innamorata e rappresenta la positività con cui tutti dovrebbero vivere le proprie vite. Senza pensare al domani, e in particolare al passato, ma soltanto a ciò che l’universo ci ha donato oggi. Goggins è il risvolto della medaglia. Un personaggio estremamente cinico e turbato, comandato dall’ansia e dai propri ricordi di un passato travagliato a cui non riesce a dire addio.
Un serpente in gabbia pronto ad attaccare la propria preda, sebbene tenti in ogni modo di combattere la propria natura ferina. Grazie a lui ci immergiamo in un percorso che ci porterà nelle viscere dell’inferno fino alla più pura catarsi spirituale. Grazie a lui ascoltiamo le frasi più iconiche di questa stagione.
Non c’è equilibro nell’universo

In quest’ultimo blocco saranno presenti spoiler sul finale di stagione. Se non l’avete ancora visto, passate al voto.
Arriviamo al momento della verità. Questo finale di terza stagione è stato soddisfacente? Decisamente sì. Pur avendo avuto un incipit trito e ritrito, sottotono e poco interessante, White è riuscito a farci cambiare idea con una conclusione scoppiettante e in cui ogni simbolismo raggiunge piena maturazione. Dalla volontà di ricongiungersi con l’universo di Rick e Chelsea, alla riconciliazione delle tre amiche che superano i loro contrasti e le loro abitudini tossiche per amarsi per ciò che sono davvero. Lo stesso Rick, come un odierno Edipo in qualche maniera, arriva a uccidere il suo stesso padre, compiendo il suo destino di non poter vivere davvero la vita che ha sempre voluto, con la donna che ama. Dal nulla non nasce niente d’altronde, no?
Sono, però, la famiglia e Belinda che racchiudono il vero fulcro di tutto White Lotus: lo status sociale e il potere. Perché i ricchi pensano solo a se stessi. Perché i soldi portano diseguaglianza, inevitabilmente. Ci si potrebbe chiedere perché l’autore non abbia mostrato alcuni particolari, come le eventuali reazioni di Saxon (Patrick Schwarzenegger). Si potrebbe pensare a un finale frettoloso o a un’idea ben precisa. Saxon è il perfetto modello del ragazzo ricco, viziato e ossessionato soltanto dal sesso, dai soldi e dal potere. Ogni membro della sua famiglia lo è – anche la candida Piper rivela che non riesce a vivere senza gli agi ottenuti dal loro prestigio.
E il finale in cui il padre famiglia annuncia che nonostante le avversità, loro si batteranno come una famiglia, lascia presagire che, al netto di tante belle parole e della volontà di essere migliori, resteranno ciò che sono: ricchi e potenti. Una definitiva esasperazione della diseguaglianza sociale che vediamo fin dalla prima stagione. Tra il servo e il padrone. Tra l’uomo e il serpente in trappola. Tra la preda e il predatore. Perché non c’è equilibrio nell’universo. Un finale cinico, amaro e realistico, che mette in luce come la sete di potere sia il motore della vita su questo pianeta.
Conclusioni
La terza stagione di The White Lotus inizia pigramente, con una formula abusata, trita e ritrita e che necessita un rinnovamento. Alcuni personaggi, come le tre amiche, non vengono pienamente esaltate, così come il cast thailandese. Discorso ben diverso per la famiglia capeggiata da Jason Isaacs, dal personaggio di Belinda e dalla coppia Goggins\Lou Wood, tutti con archi narrativi eccelsi. Il finale sovverte le aspettative e chiude alla perfezione un ciclo.
Pro
- Un cast corale ricco di interpreti di spicco
- Tanti archi narrativi scritti magnificamente
- Un finale cinico e perfetto
- La sigla (nonostante tutto)
Contro
- L'idea alla base della serie sa di stantio
- L'arco narrativo delle tre amiche è poco coinvolgente
- Le prime puntate faticano a ingranare
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Voto ScreenWorld