Il thriller investigativo ce lo ha insegnato come si deve: la scena del crimine non è importante. È fondamentale. E nel complesso caso che andremo ad analizzare, la scena del delitto è ristretta, piccola, a tratti claustrofobica. Questa volta il decesso è avvenuto per asfissia. Nome del colpevole? Un piccolo schermo in cui l’ultimo film di Scott Cooper soffoca dall’inizio alla fine. Troppo stretto per un’opera in cui l’ambientazione avvolgente e l’atmosfera gelida diventano stati d’animo veri e propri. Verrebbe da dire che è stato Netflix a compiere il delitto, ma non è così. Perché senza Netflix questo film forse non esisterebbe nemmeno, e saremmo ingrati verso una piattaforma che sta investendo sempre di più sul cinema d’autore, lasciando ai registi massima libertà di manovra e di espressione.
Era la prima cosa da mettere in chiaro in questa recensione di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, torbido giallo invernale impregnato di mistero che arriverà sulla piattaforma dal 6 gennaio. Un’opera personale e coraggiosa, che se ne frega delle attuali regole del mercato. Perché The Pale Blue Eye è un thriller che si prende i suoi tempi e richiede pazienza. Un film lento come la melassa (direbbe qualcuno che di neve insanguinata ne sa qualcosa), affascinante e a tratti seducente come tutte le cose imperfette.
The Pale Blue Eye
Genere: Thriller
Durata: 128 minuti
Uscita: 6 gennaio 2023, su Netflix
Cast: Christian Bale, Harry Melling, Gillian Anderson, Lucy Boynton, Charlotte Gainsbourg, Toby Jones, Harry Lawtey, Simon McBurney, Timothy Spall, e Robert Duvall.
La trama: fioccano cadaveri
Fa molto freddo a West Point. L’inverno del 1830 è così rigido che dagli alberi non cadono solo foglie ma anche persone. Cadetti per l’esattezza, giovani di belle speranze arruolati nell’Accademia Militare che di colpo iniziano a morire. Il primo caso è quello di un ragazzo impiccato nel bel mezzo del nulla. Il presunto suicidio scuote le alte sfere militari, che per fare luce sul caso ripescano dall’oblio il detective Augustus Landor (un come sempre magistrale Christian Bale). Uomo ormai stanco, decadente e sopraffatto dal disincanto, ma dalla mente così brillante (anche quando offuscata dall’alcol) da diventare fondamentale. Ha così inizio una lenta indagine che scaverà poco per volta nel marcio da cercare dentro posti inaspettati. Ad esempio al fianco di un giovane cadetto chiamato Edgar Allan Poe, curioso e affascinato dal mistero. Un ragazzo che forse rimarrà segnato per sempre dagli orrori sepolti sotto la neve di West Point.
Nel cuore nero degli uomini
Se parliamo di coraggio è perché The Pale Blue Eye è un thriller investigativo che si concede un grande lusso. Quale? Rendere il suo caso l’aspetto meno appassionante della vicenda (liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Louis Bayard). Il mistero al centro del racconto, infatti, non è trascinante, ma trascinato, farraginoso nell’incedere e fin troppo ingenuo nel voler sviare il pubblico con false piste forse troppo lampanti. Però, forse, il vero depistaggio è un altro. Perché il vero caso da risolvere non è il ragazzo trovato morto sull’albero, ma il cuore infelice dell’investigatore sulla scena del crimine. È lui il grande enigma di The Pale Blue Eye, e non è un caso che Scott Cooper abbia scelto Christian Bale per dare anima e corpo a Landor.
Un uomo oscuro, solo e solitario, che si aggira nel suo fangoso mondo innevato come un’anima in pena. Bale, alla sua terza collaborazione con Cooper (dopo i sottovalutati Il fuoco della vendetta e Hostiles), incarna alla perfezione il male di vivere latente di un uomo segnato dalla vita, mosso soltanto dal suo senso del dovere nei confronti della giustizia. Con il suo solito senso della misura, l’attore gallese regge da solo tutto i film a suon di sguardi da interpretare e silenzi da studiare. Così The Pale Blue Eye sfrutta il giallo (con qualche tinta orrorifica) come pretesto per indagare l’indagatore. Una specie di True Detective ottocentesco in cui addentrarci poco per volta in quella foresta oscura che è la mente umana.
L’ambiente che racconta
Caso curioso questo The Pale Blue Eye. Un giallo ottocentesco che si svela con lentezza, richiede attenzione per i dettagli. Un film che concede poco e richiede tanto allo spettatore: in primis tanta pazienza. Puro cinema d’autore costretto al piccolo schermo. E così torniamo alla scena del crimine iniziale e all’asfissia che opprime le indagini del signor Landor. Perché Scott Cooper racconta soprattutto per immagini, e nonostante la presenza di un certo Edgar Allan Poe relega le parole in un angolo. L’aspetto più affascinante di The Pale Blue Eye è proprio la sua messa in scena in cui niente è lasciato al caso e sono le immagini a evocare emozioni e stati d’animo. Come i campi lunghi in cui Landor appare sempre come un puntino perso nella neve, sempre distaccato dagli altri, alieno in un mondo freddo e inospitale. O come le silhouette immerse nel buio, che rendono difficile decifrare quello che stiamo vedendo, proprio come durante un’indagine avvolta nel mistero.
Alternando spazi aperti innevati e interni alla fioca luce di candela, The Pale Blue Eye fa parlare l’ambientazione e immerge il pubblico in un’atmosfera avvolgente e a suo modo narrativa. Fa davvero tanto freddo a West Point e i rapporti umani, di conseguenza, sono gelidi. Succede spesso nei film di Cooper, in cui i personaggi sono bloccati, inespressi, implosi come questo investigatore oscuro che non sorride mai e pensa troppo. Glaciale come lo sguardo vitreo di un giovane Poe, spettatore come noi dinanzi ai misteri che gli si pongono davanti. No, The Pale Blue Eye non scalda il cuore, non infiamma di entusiasma, ma ti lascia a riflettere solo nella neve. Quel posto dove rincorrere le orme del passato, forse, è più importante che seguire le tracce dei colpevoli.
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La recensione in breve
Un giallo immerso nella neve e nella foresta nera della mente umana. The Pale Blue Eye non è un thriller investigativo appassionante, perché richiede pazienza e attenzione. Assieme alla voglia di perdersi nelle sue ambientazioni gelide e affascinanti, guidati per mano da un Christian Bale in stato di (dis)grazia.
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Voto ScreenWorld