Undici anni c’hanno messo a tornare, molto più degli straordinari d’aprile. E Biascica ci aggiungerebbe un bel “ma li mortanguerieri!”. E sia chiaro che noi capiamo perfettamente le perplessità e i dubbi di autori e cast, perché la posta in gioco era ed è altissima. Boris non è solo la migliore serie italiana di sempre e nemmeno semplicemente un cult, ma una perfetta analisi di un sistema corrotto, vecchio e autoindulgente che col tempo è diventato sempre più specchio di un intero paese. Proprio per questo motivo, era solo questione di tempo prima che tornasse a raccontarci un’Italia in cui tutto sembra cambiare per rimanere sempre uguale. Tanto in politica quanto in televisione.
E ci sono bastati i primi due episodi visti in anteprima – ironicamente intitolati Gli ultimi saranno i primi e Cana Maledetta – per farci capire che lo spirito della serie è rimasto intatto nonostante il tempo trascorso: e che, come vedremo in questa recensione di Boris 4, ma anche in successivi e immancabili approfondimenti, le tante lezioni impartiteci nelle prima tre stagioni (più un film) non sono servite proprio a nulla. Una volta comandava la Rete, ora la Piattaforma, ma la TV italiana è rimasta sempre la stessa. E per fortuna anche la nostra serie preferita.
Boris – Stagione 4
Genere: Commedia
Durata: 30 minuti ca./8 episodi
Uscita: dal 26 ottobre su Disney+.
Cast: Francesco Pannofino, Alessandro Tiberi, Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti e Carolina Crescentini.
Una trama aggiornata ma schiava dell’algoritmo
E quando parliamo di serie preferita non ci riferiamo certo a Boris, ma alla mitica e insuperabile Gli occhi del cuore, il cui spirito è qui sempre presente anche quando si cambia completamente argomento. Ma d’altronde quando hai come produttori, oltre che protagonisti, Stanis La Rochelle e Corinna Negri non è che si possono fare miracoli, nemmeno se la nuova fiction si intitola Vita di Gesù: anche perché la troupe è sempre la stessa, così come gli sgangherati sceneggiatori. Quello che cambia questa volta è l’interesse di una nuova, potente e non precisata piattaforma internazionale, con nuove regole e nuovi dettami.
A fare da tramite tra la produzione e la piattaforma stessa c’è Alessandro, una volta stagista “schiavo”, ora apprezzatissimo dalla compagine americana per le sue idee, un po’ meno per gli ex colleghi e amici con cui si ostina a collaborare. Ma tanto alla fine l’unica cosa che davvero conta è il parere dell’algoritmo: sarà “lui” a decidere se la sceneggiatura è coerente con quelli che sono i trend del momento e se quindi la serie potrà essere davvero girata o meno. Il problema è che se è vero che tutto si può fare, anche trasformare la vita di Gesù in una trama teen inclusiva e politicamente corretta, la difficoltà reale sarà provare a modificare e correggere i comportamenti sul set di personaggi che conosciamo fin troppo bene.
Nuova sigla, stessa qualità
Niente Occhi del cuore dicevamo, e quindi anche la mitica sigla cambia, adattandosi appunto al nuovo set e alla nuova fiction. Cambiano anche il testo e la canzone firmata da Elio e le storie tese, ma non la melodia ovviamente. Il tutto a confermare un aggiornamento importante nei temi, ma sempre coerente con quello che è stato Boris. La stessa (auto)ironia, lo stesso spirito, la stessa voglia di fare le cose “a cazzo di cane”, sì, ma senza lasciare mai nulla al caso. La stessa lucidità, insomma, nel prendere e prendersi in giro che hanno dimostrato sempre attori e autori, al tempo stesso critici feroci di un certo modo di fare TV, ma anche colpevoli e complici di quello stesso sistema.
Boris 4 è esattamente questo, una serie cult che cede alla “moda” e passa su una piattaforma quale Disney+: e lo fa a modo suo, sottolineandone il paradosso a più riprese, e proprio per questo si fa ancora più ambiziosa e coraggiosa. Perché nonostante il successo, in passato Boris non è mai riuscita a fare il salto e raggiungere il pubblico della TV generalista; con l’arrivo sulla piattaforma ora non solo può incrementare la propria visibilità e il proprio pubblico, ma al tempo stesso prova a rivolgersi proprio a coloro che in qualche modo sta criticando.
Il ritorno di un cast indimenticabile…
Tutto questo però non sarebbe stato possibile se l’intero cast della serie non si fosse messo nuovamente a disposizione per questo atteso revival. Negli undici anni trascorsi da quella terza stagione sono tanti i volti divenuti sempre più noti anche al grande pubblico: in primis ovviamente proprio il “protagonista” Francesco Pannofino, ma anche interpreti quali Paolo Calabresi, Pietro Sermonti, Caterina Guzzanti e molti altri che hanno trovato il successo sul piccolo e grande schermo, o sulle piattaforme stesse. Boris è una serie che deve tantissimo alle sue sceneggiature e alle intuizioni dei suoi autori, ma che non potrebbe in alcun modo esistere senza la perfetta caratterizzazione fatta da tutti i suoi attori. Ed è proprio per questo motivo che sarebbe stato impossibile tornare se non ci fossero stati tutti gli interpreti principali. Unica eccezione, ovviamente, l’indimenticabile Itala: l’attrice Roberta Fiorentini ci ha lasciato nel 2019 e quindi è stato scelto di far morire il personaggio dell’esilarante segretaria di edizione, di cui vediamo anche il funerale.
… su cui aleggia il fantasma di Mattia Torre
Un’altra mancanza importantissima è quella di Mattia Torre, geniale autore che ci ha lasciato anch’egli nel 2019 dopo una lunga malattia. Proprio la scomparsa di una delle menti dietro Boris è stato uno dei motivi per cui molto spesso si è pensato che fosse impossibile questa quarta stagione. Dopo aver visto questi primi due episodi possiamo dire che in realtà è come se Torre non abbia mai veramente lasciato Boris, perché è talmente evidente che con la scrittura perfetta delle stagioni precedenti abbia lasciato ai suoi colleghi e compagni di sempre (Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo) un’eredità fondamentale. Ma soprattutto dei personaggi, dei tormentoni, così vivi nella testa e nel cuore di tutti noi, che è come se davvero le sceneggiature si scrivessero da sole. O come dettate da un irriverente ma benevolo fantasma.
So Not Italian
Perché, come già detto in apertura, Boris nella sua essenza è come il nostro Paese: non cambia mai veramente. Al massimo si adatta, si trasforma in base alle esigenze, fa finta di seguire le nuove regole per poi trovare il modo di aggirarle. Non ce ne voglia il buon Stanis, ma Boris è davvero molto italiana, nel migliore dei modi possibili. Ed è il motivo per cui difficilmente potrebbe funzionare al di fuori del nostro paese (a differenza, per esempio, della francese Chiami il mio agente!) o sottostare davvero alla dittatura dell’algoritmo. Boris è qui per ricordarci che sì, un’altra televisione è stata e sarà sempre possibile, ma non per questo è necessariamente auspicabile. E quindi caro René Ferretti: dai, dai dai!
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
La recensione in breve
Difficile dare un giudizio il più possibile oggettivo su questa quarta stagione di Boris, in primis perché possiamo basarci solo sui primi due episodi e qualcosa ci dice che molto del meglio deve ancora arrivare. Ma soprattutto perché il legame affettivo con questa serie è forse superiore a qualsiasi altra, perché ci diverte, ci fa riflettere, ma soprattutto parla del Paese in cui viviamo e quindi di tutti noi. E nonostante gli anni continua a farlo in maniera intelligente ed egregia, dimostrandoci che in fondo tutto è cambiato, ma su alcune cose possiamo contare sempre. Una di queste, per fortuna, è Boris.
-
Voto ScreenWorld