Bang Bang! È il colpo di uno sparo. Ma è anche il suono che fa una Big Babol, la famosa gomma da masticare che fa fare i palloni, quando scoppiano. Nell’assonanza tra i suoni di due cose così diverse sta la chiave di Bang Bang Baby, la serie Original italiana in 10 episodi disponibile su Prime Video dal 28 aprile con i primi 5 episodi, per poi concludersi con gli ultimi 5 dal 19 maggio. Sì, perché, come vi racconteremo nella recensione di Bang Bang Baby, questa è una serie che vive sullo scontro di mondi, e anche di generi – cinematografici e televisivi – diversi.
È un crime drama, una storia di mafia, ed è allo stesso tempo un period drama, essendo un viaggio immersivo negli anni Ottanta. È anche un teen drama, perché la protagonista è un’adolescente, ed è quindi anche un tipico romanzo di formazione. Anzi, un romanzo criminale di formazione. Mettere insieme tutto questo è possibile? Sì. Bang Bang Baby è una serie sorprendente, abbagliante visivamente, e coinvolgente.
Bang Bang Baby
Genere: Teen Drama/Crime
Durata: 10 episodi/50 minuti ca.
Uscita: 28 aprile 2022 (Amazon Prime Video)
Cast: Arianna Becheroni, Antonio Gerardi, Lucia Mascino, Adriano Giannini
Alice nel paese della malavita
Siamo nel 1986, in una cittadina nei dintorni di Milano. Alice (Arianna Becheroni) è un’adolescente di 16 anni che vive una vita piuttosto tranquilla, ma che cambia all’improvviso quando scopre che il padre (Adriano Giannini), che credeva morto, in realtà è ancora vivo. Così Alice inizia a scoprire il suo mondo, quello della malavita, che è anche quello dei suoi ricordi d’infanzia, della sua famiglia paterna. E comincerà ad esserne affascinata.
Romanzo criminale di formazione
Qual è dunque la ricetta di Bang Bang Baby? È quella di prendere un genere televisivo/cinematografico e reinventarlo, adattarlo a un racconto da coming of age e trasportarlo in un’epoca passata ben precisa. Il genere è un mondo ben noto a noi italiani: il film di mafia, da La piovra a Gomorra, è un grande classico, ed è un’eredità che ci appartiene. E per la quale, che sia un bene o no, siamo conosciuti all’estero. Il coming of age è un genere richiestissimo, un target molto battuto dalle piattaforme in questo momento, e una giovane protagonista femminile (vedi anche Anni da cane, per fare solo un esempio) è spesso chiave di identificazione e successo.
E quale epoca migliore degli anni Ottanta per colorare e incantare la storia? Così vicini da permettere ancora ai ricordi di molti di noi di risvegliarsi. Così lontani da essere in realtà già qualcosa di indefinito, una Terra di Mezzo che si può inventare e reinventare a piacimento. Oltre a catturare un altro target, quello dei quarantenni-cinquantenni, di chi quell’epoca l’ha vissuta, o solo sfiorata, e si guarda indietro con nostalgia.
Come Stranger Things, ma all’italiana
Un’operazione di questo tipo vi ricorda qualcosa? Sì, è proprio quello che è stato fatto da Netflix con Stranger Things. Un genere tipico del cinema americano, quello che sta a cavallo tra l’horror e il fantasy della Amblin, la casa di produzione di Steven Spielberg, viene declinato in chiave teen – la chiave in cui spesso, ma non sempre, era nato – e portato nell’epoca della sua esplosione, gli anni Ottanta. I creatori di Bang Bang Baby (la serie è scritta da Andrea Di Stefano, che è lo showrunner, con Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni) sono stati bravi a fare questa operazione, portandola però nella nostra tradizione, quella dei romanzi criminali, e in un tempo e un luogo fondamentali per la Storia recente del nostro Paese: la “Milano da bere” degli anni Ottanta.
La madeleine si chiama Big Babol e Smarties
Se luci al neon devono essere, allora, che siano le nostre. Così, alla fine del primo episodio, il riverbero delle luci rosse e blu si diffonde sulla lamiera della carrozzeria di un’auto. E, allontanandoci, capiamo che è l’insegna dell’Amaro Ramazzotti che si staglia su un palazzo. E Bang Bang Baby continua così, piena di riferimenti che ci riportano al passato: proprio come Stranger Things, ma sono gli elementi della nostra infanzia. E allora le madeleine proustiane qui sono sì dolci, ma sono le Big Babol rosa shocking, e i coloratissimi confetti Smarties. La regia di Bang Bang Baby (Michele Alhaique ha diretto gli episodi 1-2-3-4-7-8, Margherita Ferri il 5 e il 6, Giuseppe Bonito gli ultimi due) è stata geniale nel prendere questi elementi e usarli per fare un racconto fantastico, irreale, incantato. Così i palloni della Big Babol diventano enormi, grandi quanto un’auto, e una pioggia di Smarties ricopre completamente la protagonista.
La pubblicità diventa cinema
Erano gli anni degli spot, che a noi facevano compagnia e ci piacevano quasi quanto i cartoni e i film che guardavamo. E la pubblicità, prima in America e poi da noi, è diventata cinema, con registi pubblicitari come Ridley Scott e Adrian Lyne (e, più tardi, David Fincher) a portare sul grande schermo quello stile di illuminazione irreale, forzato, eppure così affascinante. Così, in Bang Bang Baby le luci incidentali e forti tagliano spesso lo schermo squarciando il buio, come nella scena in aula, del primo episodio, o lo illuminano la notte come la giostra del Luna Park dove, anni prima, ha avuto inizio tutto. Il risultato è un continuo avvolgimento, una luce al neon che ammanta una storia che, al netto dell’ironia, è molto dolorosa. Della confezione anni Ottanta fanno parte anche le musiche: così ascoltiamo The Killing Moon di Echo And The Bunnymen, che ci aveva già portato indietro nel tempo in Donnie Darko, a Road To Nowhere dei Talking Heads, ma anche Folle città della nostra Loredana Bertè.
Adriana Becheroni, volto perfetto
A conferma che si tratta di una grande serie, c’è anche una protagonista femminile scelta alla perfezione: Arianna Becheroni ha un volto perfetto per tratti ed espressività, un volto al tempo stesso di grande impatto ma anche perfettamente credibile per il personaggio. La serialità e il cinema italiano, in questo senso, non sbaglia un colpo: pensiamo a Giulia Dragotto, protagonista di Anna, e ad Aurora Giovinazzo, l’attrice di Freaks Out e di Anni da cane. I volti li abbiamo, la confezione anche. Per questo Bang Bang Baby è una serie italiana che si avvicina alle eccellenze internazionali. E potrebbe davvero avere successo anche tra gli spettatori di altri paesi. Bang Bang Baby è il nostro Stranger Things? Il punto di domanda lo abbiamo messo, perché vogliamo vedere come continuerà e se riuscirà a stamparsi nell’immaginario collettivo. Ma i presupposti per toglierlo e mettere un punto esclamativo ci sono tutti.
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Conclusioni
Nella recensione di Bang Bang Baby vi abbiamo parlato di una serie sorprendente, abbagliante visivamente e coinvolgente. Un romanzo (criminale) di formazione negli anni Ottanta, un po' il nostro Stranger Things.
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Voto ScreenWorld