Chi c’è dietro la tanto discussa biografia del Principe Harry? Chi, nella sostanza, è stato il deus ex machina del processo creativo dando un’impronta ben precisa allo stile letterario e alla gestione del materiale? Il nome cui si deve tutto questo è ben lontano dalle zone d’ombra dove si collocano solitamente i ghostwriter. E questo si deve a dei meriti esclusivamente propri. In effetti J.R. Moehringer è uno dei nomi poi noti nell’ambiente editoriale americano. E non solo.
La sua fama internazionale si deve soprattutto al successo di Open, biografia di André Agassi che nel 2009 ha conquistato l’attenzione dei lettori. A rimanere stupita, però, è anche la critica letteraria, soprattutto la più scettica. Un traguardo, però, che Moehringer ha costruito nel tempo un passo alla volta.
Non tutti sanno, infatti, che la sua carriera inizia da lontano e, più precisamente, nella redazione del New York times. È il 1986 e al giovane J.R. tocca affrontare una dura gavetta che lui stesso ricorda come “una parentesi sfortunata”. Nonostante tutto, però, nel 2000 gli viene conferito il riconoscimento più importante per il giornalismo. A soli 36 anni, infatti, vince il Premio Pulitzer per Crossing Over, un servizio di approfondimento sulla comunità di Gee’s Band, abitata da molti discendenti di schiavi.
Nonostante questo, però, è con un libro di memorie personali che fa il suo ingresso nel mondo editoriale. Un’esperienza che, come vedremo, condiziona ancora oggi le sue scelte professionali. A questo punto, dunque, non rimane che scoprire qualche cosa di più sul percorso di quello che, a pieno diritto, può essere definito come il ghostwriter più famoso del mondo. Un vero e proprio ossimoro vivente, rafforzato dalle oltre quattrocentomila copie vendute da Spare in un solo giorno.
Bar delle grandi speranze, raccontare sé stessi
Scorrendo le pagine delle biografie scritte da Moehringer si capisce immediatamente quanto la sua prosa sia raffinata e particolarmente evocativa. Soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più emotivi della vita e le difficoltà emozionali affrontate dai protagonisti. Questa caratteristica mette in evidenza due aspetti fondamentali della personalità del ghostwriter: la capacità di analizzare e, soprattutto, quella di provare empatia sulla base delle esperienze personali.
In modo particolare, quest’ultima ha avuto e continua ad avere, come abbiamo già accennato, un peso specifico riguardo le scelte professionali fatte. Tutte collegate anche ad un vissuto ben preciso che Moehringer ha narrato all’interno della sua biografia Bar delle grandi speranze.
In questo romanzo autobiografico realizzato nel 2005, infatti, lo scrittore mette in evidenza l’amore per la scrittura, presente fin dall’infanzia e, soprattutto, il rapporto con il padre, il dj Johnny Michaels. Una figura decisamente poco tangibile che il giovane J.R. ascolta prevalentemente attraverso una radio accesa.
In questo contesto, dunque, la genitorialità è impalpabile, sfuggente e, proprio per questo, rischia di lasciare un’impronta importante. Fortunatamente gli anni giovanili di Moehringer sono caratterizzati anche dalla presenza di altre figure maschili, come quella dello zio Charlie. Il riferimento è proprio al variegato popolo del bar delle grandi speranze. Quelli che, in un modo del tutto particolare e insolito, lo hanno aiutato a diventare adulto.
È così, dunque, che il tema della paternità diventa un aspetto centrale della sua vita professionale. Anche se in quel momento Moehringer non ne è ancora consapevole. Di fatto, poi, il romanzo ottiene una visibilità relativa, soprattutto per quanto riguarda il mercato internazionale. A dargli una spinta di notorietà, invece, sarà l’adattamento cinematografico, The Tender Bar, diretto da George Clooney nel 2021 e, ovviamente, il grande successo di Open.
Open, la biografia che cambia la vita
Com’è avvenuto il primo incontro tra Moehringer e Agassi? E, soprattutto, per quale motivo il campione di tennis ha scelto proprio lui per scrivere la sua biografia? Interrogativi che riportano ad una sola risposta: il Bar delle grandi speranze. Sembrerebbe, infatti, che tutto sia avvenuto proprio grazie a quel romanzo personale ed introspettivo all’interno del quale Agassi ha riconosciuto degli elementi di similitudine. L’appartenenza ad un club esclusivo come quello di figli con sentimenti complessi nei confronti della figura paterna.
Può sembrare tutto molto semplice, eppure non lo è assolutamente. Perché realizzare una biografia come ghostwriter prevede, come elemento essenziale, la fiducia tra chi scrive e chi racconta. Il personaggio, d’altronde, pone nelle mani di uno sconosciuto la propria vita ed i ricordi con la speranza che produca una narrazione sentita e quanto più vicina al suo punto di vista. Partendo da questi presupposti, dunque, si comprende alla perfezione la ragione per cui Agassi ha scelto proprio Moehringer per descrivere la sua parabola sportiva ma, soprattutto, umana.
E fiducia non poteva essere riposta meglio. Quello che traspare tra le pagine di Open, infatti, è il lato personale che non abbandona mai quello professionale ma che, anzi, lo va a definire in una sorta di vasi comunicanti costanti. Così, attraverso il suo tocco inconfondibile, rappresentato anche da una retorica dalla metrica musicale e di grande impatto, lo scrittore lascia intatta l’essenza di Agassi, rendendo ancora più chiaro ed evidente il suo punto di vista. Per quanto riguarda sé stesso, invece, Moehringer ottiene non solo il riconoscimento di un incredibile successo internazionale ma, soprattutto, la possibilità di mettere ancora più a fuoco l’immagine del padre, inteso come archetipo con cui confrontarsi.
Spare, il momento delle conferme
Per tutti i motivi citati fino a questo punto, dunque, non poteva che essere Moehringer l’uomo giusto per scrivere Spare. In un’operazione dal budget sostanzioso, se non addirittura illimitato, infatti, non c’è molto spazio per un possibile errore. Ed ecco che la presenza di Moehringer ha assicurato, di fronte al mondo dell’editoria e della critica, un valore letterario ben preciso. Perché, al di là che si provi simpatia per il Principe Harry o si sia in disaccordo con le sue scelte, una cosa è sicura, Spare non è certamente scritto male (ne abbiamo parlato nella nostra recensione del libro).
E non si parla solo della resa stilistica e linguistica. Il nome di J.R. assicura anche una profondità di analisi ed una elaborazione del materiale a disposizione particolari e, sicuramente, analitiche. In sostanza, c’era l’esigenza di andare oltre le critiche di superficialità volte alla famosa intervista realizzata da Oprah Winfrey.
Non è un caso, dunque, che mentre per Open è stato lo stesso Agassi a voler rivelare l’identità del suo ghostwriter, in questo caso il nome di Moehringer sia stato strombazzato ai quattro venti come un invisibile bollino di qualità apposto sulla copertina. Una responsabilità che lo scrittore e giornalista ha assunto e portato a termine seguendo il suo stile riconoscibile e, soprattutto, quelle tematiche a lui care. Anche in questo caso, infatti, il padre torna ad essere un personaggio centrale.
A differenza del suo, praticamente inesistente, e di quello dispotico di Agassi, ci si trova di fronte al ritratto di un uomo amato che, pur avendo dei naturali istinti affettivi, non è riuscito a trovare un modo per esprimerli. Così, rispetto a quanto fatto in passato, dalle parole utilizzate e scelte da Moerhinger si percepisce una comprensione velata di malinconia e veicolata da un amore che, probabilmente, esige ancora di essere vissuto. E, forse, questo vale tanto per l’autore che il protagonista di questa biografia.