Forse Joachim Trier non è ancora un volto di punta del Cinema mondiale (almeno nella visione popolare), ma dopo l’exploit de La persona peggiore del mondo non c’è alcun dubbio che questo nuovo progetto segnerà la sua definitiva consacrazione nel panorama internazionale. Con Sentimental Value, il regista norvegese abbraccia nuovamente prospettive intimiste per raccontare dolori universali in una storia che unisce il Cinema, la famiglia e l’introspezione più pura. Un’altra storia di padri e figli che esplode in quel di Cannes 2025, capace di legare l’arte e l’atto creativo all’esperienza di vita e all’intimità di emozioni mai sopite. Non solo un’analisi dei legami, quindi, ma un ritratto deciso e impattante della catarsi più pura e poetica. Trier è prima di tutto un grande comunicatore: insieme allo sceneggiatore Eskil Vogt, il regista si rivolge direttamente a chi osserva e lo spinge a riflettere sulla fragilità umana.

I rapporti distorti, i sentimenti mai svelati, le prospettive mai attese dipingono un progetto che trova spazio nel confine tra l’ambizione artistica e l’estasi della memoria: mentre lo stato dell’arte insegue le pallide luci della ribalta, Sentimental Value rimarca l’importanza dell’atto creativo come strumento per la catarsi. L’idea di un’arte (e quindi di Cinema) rivelatoria, espiatrice, che vibra attraverso gli occhi di Renate Reinsve e trova prospettive vibranti, angolazioni differenti per insidiarsi sottopelle, al di là dello sguardo che si strugge.

Sentimental Vlaue
Genere: Drammatico, Comedy
Durata: 135 minuti
Uscita: tba (Cinema)
Regia: Joachim Trier
Cast: Renate Reinsve, Stellan Skarsgård, Elle Fanning

L’arte dei legami

Renate Reinsve in una scena di Sentimental Value
Renate Reinsve in una scena di Sentimental Value – ©MK2 Films

La storia di sorelle e genitorialità perdute al centro del film approfitta dei suoi eccessi per guardare al Cinema di Bergman, a quell’idea di solitudine che si fa imperante e abbraccia il vuoto dell’assenza. Un azzardo compensato in buona parte da una pungente ironia, con Trier che costruisce una dramedy dal ritmo serratissimo attraverso il montaggio. L’alternanza tra azione e buio detta i tempi di una danza macabra che intrattiene e non dà tregua: la pellicola guarda al passato per spiegare il presente, ma soprattutto per giudicare lo sviluppo degli eventi con un cinismo e un’arguzia che possono fare la differenza nell’industria di oggi. Non è un caso che il filo conduttore delle vicende diventi proprio l’atto di fare Cinema: Sentimental Value ammicca al metacinema per guardare verso l’interno, cercando risposte dentro la sua vertigine.

Così il creativo finisce per riflettere su se stesso attraverso l’arte, lontano dal melodramma e abbandonato al proprio sentire. Nel raccontare le difficoltà esistenziali di una protagonista (Renate Reinsve) mai libera dal dolore e di un padre (Stellan Skarsgård) che deve ancora comprendere il valore dei sentimenti, Trier sfrutta la casa come personaggio e contenitore: anime e ricordi riverberano attraverso le pareti, come se le mura facessero di tutto per poter parlare e farsi eco dell’esperienza collettiva. Anche quando rischia di crogiolarsi nella sua visione cinica e disincantata, Sentimental Value si esalta come poesia delle mancanze. Un’estasi dei vuoti che danno forma alle nostre vite e che allontanano i creativi dalla realtà più concreta.

La vita come atto creativo

Una scena di Sentimental Value
Una scena di Sentimental Value – ©MK2 Films

Nel dar forma e colore a quel fantasma che aleggia sulle scene come spettro della perdita, il regista trova nel magnetismo dei propri interpreti il giusto mordente per dipingere una società gelida e asettica – proprio come l’industria che il padre della protagonista non sembra riconoscere. Torna tutto alla performance fenomenale di Stellan Skarsgård, un gigante che dona al film corpo e gravitas: il suo carisma vale da solo la visione, con l’attore svedese che vaga dolcemente tra malinconia e dolore. Il velo agrodolce che aleggia sulle vicende cela però una commistione tra reale e immaginario che si fa sempre più mutevole, al punto da abbandonare una forma definita per mostrare allo spettatore qualcosa di nuovo – un unicum carico d’empatia, che valica l’estetica per accogliere un’umanità necessaria.

Joachim Trier è padre di un cinema intellettuale, ma soprattutto sensibile. Con questo film, il regista norvegese costruisce una rappresentazione cinematografica della vita che unisce tutti e non risparmia nessuno. La società, l’industria, l’uomo non sono altro che frammenti di entità tristi, imperfette, eppure capaci di svelare meraviglie oltre imperfezioni e deliri. Accarezzando una tristezza mai esasperata, eppure incredibilmente onesta, Sentimental Value si muove lungo la linea sottile che separa l’arte dalla vita per accogliere ogni sfumatura dell’esistenza. Una metafora sottile, sinuosa ed elegante che non vuole crogiolarsi nella speranza di cambiare le cose. Un’arte di attori, strutture e sentimenti genuini che può definirsi grande, grandissimo Cinema.

Conclusioni

8.5 Illuminante

Con Sentimental Value, Joachim Trier trova la consacrazione e la maturità. Un'opera sorretta da una sceneggiatura dominante, capace di raccontare con ironia e sensibilità il legame sottile che unisce l'arte alla vita. Una dramedy sul dolore e sulla catarsi creativa, destinata a grandi cose anche in vista della stagione dei premi e già pronta a candidarsi come una delle migliori produzioni dell'anno.

Pro
  1. La struttura del film è solida, serrata e maledettamente intrattenente
  2. Il cast domina la scena con performance di altissimo livello
  3. La sceneggiatura arguta e originale porta il racconto su livello superiore
Contro
  1. La gestione di alcuni personaggi e alcune sottotrame potrebbe smorzare il ritmo e annoiare alcuni spettaori
  • Voto ScreenWorld 8.5
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Classe '94. Critico e copywriter di professione, creator per passione. Ha scritto e collaborato per diverse realtà di settore (FilmPost.it, Everyeye) con la speranza di raccontare il Cinema e la cultura pop per il resto della sua vita.