Dopo oltre vent’anni di assenza fisica dalla Croisette, Jafar Panahi torna a Cannes con un film che segna una svolta importante nel suo percorso artistico. It Was Just an Accident (Un simple accident) è un’opera che vive in equilibrio tra la tensione del thriller e la profondità di una riflessione morale e politica.

È un film che abbandona l’autobiografia metacinematografica degli ultimi lavori di Panahi per raccontare una storia che sembra uscita da un sogno febbrile, ma che affonda le radici in una realtà fatta di cicatrici, abusi e memoria collettiva.

It was just an accident
Genere: Drammatico
Durata: 105 minuti
Uscita: tba (Cinema)
Regia: Jafar Panahi
Cast: Hadis Pakbaten, Vahid Mobasseri, Majid Panahi

Una storia semplice, una tensione profonda

Il ritorno di Jafar Panahi sul red carpet di Cannes - ©Festival de Cannes
Il ritorno di Jafar Panahi sul red carpet di Cannes – ©Festival de Cannes

Tutto parte da un evento marginale: un incidente stradale, un cane investito, un’auto in panne. Un uomo è costretto a fermarsi con la moglie incinta e la giovane figlia in un’officina apparentemente qualunque. Ma il meccanico, Vahid, lo riconosce. Sa chi è, cosa ha fatto, e cosa ha fatto a lui e a tanti altri. Per questo Vahid non indugia, lo segue, lo colpisce duramente e lo rapisce. Proprio quando è pronto a ucciderlo, a seppellirlo vivo, arriva per il dubbio: e se invece si sbagliasse? Se quell’uomo, in realtà, fosse innocente?

Da qui si innesca un racconto che si muove come una spirale, sempre più stretto, sempre più opprimente, che finisce col coinvolgere sempre più persone. Non c’è giustizia ordinaria, non c’è tribunale. Ci sono i volti, la memoria, il peso del passato. Chi conosce il cinema più recente di Panahi noterà subito la differenza: qui non c’è il regista in campo, non c’è la messa in discussione dell’atto stesso di fare cinema. C’è invece una narrazione compatta, essenziale, costruita con la precisione di un meccanismo a orologeria. Eppure, anche in questa distanza, si sente forte la sua presenza. Non quella fisica, ma quella morale.

La regia è invisibile ma potentissima, fatta di attese, silenzi, sguardi. Il film sembra quasi avvicinarsi al realismo morale di certi racconti di Farhadi, ma senza perderne la radicalità politica. È un Panahi diverso, ma non meno potente. Anzi, proprio questo cambiamento di tono lo rende oggi forse ancora più incisivo. Come se avesse deciso di fare un passo indietro per dare più forza alla storia, lasciando che a parlare siano i volti, i corpi, la tensione che si accumula scena dopo scena.

Un cinema clandestino e necessario

Il doppio poster del Festival di Cannes 2025
Il doppio poster del Festival di Cannes 2025 – @Festival de Cannes

It Was Just an Accident è un film fatto in clandestinità, girato senza permessi, portato a termine tra mille ostacoli. Ma questa condizione non è un limite: è parte integrante dell’opera. Ogni scelta estetica nasce da una necessità. Non c’è compiacimento, non c’è estetismo. Solo rigore. E proprio da questo rigore nasce la forza del film, che esplode nei suoi momenti più tesi, ma anche in quelli più umani, più piccoli. Il film funziona anche grazie a alle interpretazioni di tutto il cast che ne sorreggono il cuore drammatico. Menzione speciale per Vahid Mobasseri, che riesce a rendere tutta la fragilità e la rabbia trattenuta del suo personaggio, un uomo che non vuole vendetta, ma nemmeno riesce a perdonare.

Alla fine, il film non dà risposte definitive. E non cerca facili catarsi. Ma pone domande scomode: può esistere il perdono? È giusto vendicarsi? Dove si ferma la giustizia e dove inizia il desiderio di riparazione personale? Panahi non giudica, ma osserva. E lo fa con un cinema che è insieme denuncia e confessione, atto politico e racconto universale. It Was Just an Accident è uno di quei film che restano addosso. Per la sua durezza, per la sua lucidità, ma anche per la sua capacità di raccontare un dolore che non è solo iraniano, ma umano. Un film che, pur cambiando tono e forma, conferma la necessità del cinema di Panahi. E che, senza gridare, colpisce più forte di tanti altri.

Conclusioni

9.0 Feroce

It was just an accident è un'opera potente che conferma Jafar Panahi come una delle voci più importanti del cinema contemporaneo, capace di trasformare le limitazioni in forza creativa e di offrire una riflessione profonda sulla condizione umana sotto la repressione.

Pro
  1. Regia e sceneggiatura perfette
  2. Performance intense e sfaccettate del cast
  3. Esplorazione profonda di temi universali attraverso una narrazione coinvolgente
Contro
  1. Alcuni passaggi narrativi potrebbero risultare criptici per lo spettatore non familiare con il contesto iraniano
  • Voto ScreenWorld 9
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Nato a Napoli nel 1977, è Editore e co-fondatore di Digital Dreams Srl, il network di cui fa parte anche ScreenWorld.it. Negli ultimi 20 anni ha fondato e diretto successi editoriali legati alla settima arte quali CastleRock, CinemaZone e Movieplayer e nuovi progetti come CinemaSerieTV.it. Sempre su argomento film e serie TV ha scritto migliaia di articoli, pubblicato quattro libri, è stato ospite di eventi internazionali, programmi radiofonici e direttore di festival in streaming.