Palleggio, passaggio, tiro.
Sono solo tre le azioni fondamentali della pallacanestro. Tre azioni semplici che, però, possono racchiudere una vita intera. Perché la semplicità non è sinonimo di banalità. Perché ogni volta che la palla tocca il suolo, ritornando nella mano del giocatore, o quando si libra in aria, provoca un suono o un cambiamento, un passo in avanti o uno indietro.
E nel mentre si suda, si ansima, si cade e ci si rialza. Si fatica e si gioisce.
L’epifania arriva presto, mentre si guarda questo straordinario film di Takehiko Inoue, che ritorna alla scrittura della sua serie più famosa, quello Slam Dunk che ha segnato l’immaginario di una generazione: non stiamo osservando solo una partita di basket, ma il riassunto di vite intrecciate, di crescite e di elaborazioni.
Come vedremo nella nostra recensione di The First Slam Dunk, il film che arriva in Italia grazie ad Anime Factory è una vera e propria esperienza cinematografica, un capolavoro di dramma, tensione ed esaltazione che non lascia scampo. Un film che trasporta lo spettatore in campo per farlo diventare parte di una squadra di cinque giocatori, lasciandolo, durante i titoli di coda, sudato, provato, ma pure rinnovato.
The First Slam Dunk
Genere: Sportivo
Durata: 124 minuti
Uscita: 10 maggio 2023 (Cinema)
Cast: Shugo Nakamura, Jun Kasama, Shin’ichirō Kamio, Subaru Kimura, Kenta Miyake
La trama: una partita, molte vite
Inizia dal singolo, The First Slam Dunk, e in particolare da Ryota Miyagi, playmaker della squadra del liceo Shohoku. Inizia dall’infanzia, dalle prime giocate con il fratello maggiore Sota, stella nascente della pallacanestro studentesca. Un rapporto reso ancora più forte a causa della morte del padre e dall’assenza della madre, mai riuscita a superare il lutto del partner. Si comincia dai palleggi nel campo di gioco del quartiere, con la sfida di superare il fratellone, arrivare a canestro e tirare. Tra i palleggi e il tiro, mancano i passaggi. Li scopriremo nel corso delle due ore successive.
Perché anni dopo sta iniziando la finale del campionato nazionale interscolastico e Ryota scende in campo con i suoi quattro compagni di squadra: Sakuragi, Rukawa, Akagi e Mitsui. L’obiettivo è vincere contro l’imbattibile squadra del liceo Sannoh, un’impresa tutt’altro che facile per i novellini dello Shohoku.
E questi passaggi di palla tra un giocatore e l’altro diventano presto tasselli di vita vissuta che raccontano il passato dei protagonisti, facendo scoprire lati nascosti, obiettivi, difficoltà che hanno dovuto affrontare nel corso degli anni prima di poter essere le persone che sono nel campo di gioco. Sono anche le sequenze più commoventi del film, addirittura poetiche nella maniera in cui vengono affrontati alcuni snodi narrativi importanti.
Il basket è un gioco di squadra, la palla passa di mano in mano, da giocatore a giocatore, da squadra a squadra. Ed è così che The First Slam Dunk parte da Miyagi, ma poi va ad aprirsi sempre di più, prima raccontando i suoi compagni di squadra e la maniera in cui interagiscono con lui, poi arrivando fino agli avversari. La finale in corso diventa così non solo un evento sportivo, ma luogo delimitato dallo spazio e dal tempo in cui fare i conti con il proprio passato e lanciarsi verso il futuro.
Con una scelta raffinatissima, Inoue usa Miyagi, il playmaker, il regista della squadra del liceo Shohoku e lo trasforma nel regista del film: è lui che detta il tempo, il ritmo e punta i riflettori sui co-protagonisti. La palla è sua e sceglie a chi passarla.
La struttura del lungometraggio appare quindi molto naturale: i vari flashback spezzano la partita, valorizzando le personalità scese in campo e trasformando una semplice storia sportiva in una storia universale. Perché ognuno di noi ha avuto sogni, desideri, ma anche ostacoli, difficoltà da superare come i protagonisti del film. La pallacanestro diventa il mezzo con cui redimersi, con cui esprimersi, ma è – appunto – solo un mezzo.
E questo rende The First Slam Dunk molto di più di un semplice film sportivo.
Un’esperienza cinematografica piena di sudore
Perché, in realtà, The First Slam Dunk è una grandiosa esperienza cinematografica, in cui si suda insieme ai protagonisti, si vive la partita con un trasporto estremo (complice una regia e una colonna sonora che infuocano la sala: impossibile rimanerne indifferenti) e si tifa col batticuore. Inoue ha piena padronanza della sua opera che rilegge con una nuova maturità, riducendo ai minimi termini i momenti prettamente comici tipici dell’animazione giapponese e rimanendo coi piedi ben saldati per terra (il che rende il film assolutamente adatto anche per tutti i neofiti che mal sopportano le facce superdeformed che molto spesso caratterizzano il linguaggio degli anime).
I protagonisti di The First Slam Dunk sono persone vere, liceali umanissimi che giocano al limite. Ed è così che più la partita procede più li sentiamo ansimare, più si muovono lentamente, più si stancano e hanno bisogno di riposo.
Ecco, quando parliamo di esperienza cinematografica non esageriamo. Il lavoro sul sonoro merita l’impianto audio migliore possibile (e che maestria per Inoue saper giocare anche con l’assenza di suono, valorizzando i momenti topici, o alzando il volume del caos quando bisogna credere di nuovo in rimonte insperate) e la qualità dell’animazione, davvero particolare, un misto di CG in 3D e tratto a matita 2D aiutato dalla motion capture, necessita uno schermo gigantesco. Quando la partita si infiamma, con la macchina da presa che vortica in mezzo ai giocatori e segue con velocità le traiettorie della palla, ci si rende presto conto di avere il cuore che pulsa (lo stesso che muove le scene più emotive del film), le gambe che tremano, la voglia di alzarsi in piedi e urlare. Si arriva, alla fine delle due ore, con la sensazione di aver corso con i cinque dello Shohoku.
Credere nel pubblico
Rispondiamo a una domanda che verrà naturale fare: no, per vedere e capire The First Slam Dunk non serve conoscere il manga o la serie anime degli anni Novanta e non serve nemmeno essere fan della pallacanestro. Inoue è riuscito nell’incredibile impresa di rendere il tutto chiaro e limpido, a patto che lo spettatore voglia impegnarsi, come un giocatore pronto a vincere, a interpretare e comprendere quello che sta osservando. È un salto della fede che spaventerebbe chiunque, ma il mangaka che qui è anche regista (e che idee chiarissime su come raccontare una storia!) crede nel proprio pubblico. Con piccoli gesti, poche frasi, brevi sequenze è capace di raccontare tantissimo. Fa lo stesso sperimentando con il tratto e con i colori, con i rumori e il silenzio, regalando un impatto sensoriale tipico di chi padroneggia con maestria il linguaggio del cinema.
Inoue ha fede nelle immagini. Sa valorizzare i momenti e l’andamento della storia, sa donare importanza a eventi a prima vista semplici, ma che racchiudono tutta la dimensione interiore dei protagonisti. Costruisce nello spettatore un’empatia, sia tra i membri dello Shohoku sia con quelli di Sannoh, essenziale (anche se potrebbe risultare un po’ straniante, poco importa se non conosciamo tutta la storia) e potente. Perché The First Slam Dunk non racconta solo la realizzazione di un sogno, quello di vincere il torneo nazionale studentesco, ma le azioni di una vita.
Fare canestro
Oltrepassare l’avversario che ti ostacola equivale a superare i problemi della vita. Recuperare i punti nel momento più basso della partita significa non arrendersi e rialzarsi quando la vita ti mette in ginocchio. Difendere il canestro e passare in attacco come la forza di vivere le giornate, con il loro altalenante percorso. Passare la palla per legare, fidarsi, credere nell’altro. Mettere da parte la propria individualità al servizio della squadra significa empatizzare. La partita di basket diventa metafora di un’intera vita, per ogni singolo giocatore. Le azioni di gioco equivalgono alle azioni che si compiono per crescere. La vittoria (così come la sconfitta) sono passi di un percorso che portano dall’adolescenza all’età adulta.
The First Slam Dunk usa lo sport per raccontare qualcosa di così puro, genuino, universale ed esistenziale che si dimostra, a conti fatti, uno dei migliori film sportivi mai realizzati. Narrazione pura che si dimostra vincente, al di là del risultato della singola partita. Che è capace davvero di far sembrare semplicissima un’opera invece stratificata e complessa, da vedere e rivedere, e in qualunque modo la si guardi.
E arrivati alla fine (non perdetevi una brevissima scena post-credits, di una dolcezza che conferma ancora una volta la qualità del film) non si può che aver voglia di affrontare il mondo con tre semplici azioni. Le stesse che il film ci ripete sin dall’inizio e che corrispondono al suo risultato.
Palleggio, passaggio, tiro.
Canestro.
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La recensione in breve
The First Slam Dunk è un'esperienza cinematografica travolgente. Un'appassionante partita di basket che diventa metafora universale della vita, un inno sull'empatia, sulla crescita e sull'affrontare le difficoltà scritto e girato con una consapevolezza rara e una padronanza straordinaria. Con un'animazione unica nel suo genere e un senso del ritmo e del connubio tra suono e immagine che lascia a bocca aperta, The First Slam Dunk vi farà appassionare, ridere, commuovere e tifare. Per una squadra di liceali e per voi stessi.
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Voto ScreenWorld