Nel corso degli anni, nel tempo che abbiamo trascorso a consultare storie, ci siamo resi conto che alcune di queste ultime restano impresse sulla nostra pelle come cicatrici. Imperiture, le si porta con sé anche quando il tempo passa, anche quando si cerca di dimenticare il trauma che le ha provocate: conseguenza di un taglio profondo, un dolore che fatica a sparire.
Un tipo di sofferenza che ritroviamo negli occhi lucidi di chi scruta uno schermo o nelle mani tremolanti di chi è impegnato a sfogliare pagine di lacrime e inchiostro. Questa è la potenza narrativa che si cela dietro “Una tomba per le lucciole” (o La tomba delle lucciole, ma useremo il vecchio titolo per comodità) di Isao Takahata e “In questo angolo di mondo” di Fumiyo Kouno, titoli dall’animo cheto in grado di raccontare il progressivo annientamento del quotidiano e l’incubo del nucleare attraverso prospettive differenti ma complementari.
Due opere che affrontano la Seconda Guerra Mondiale non dal punto di vista delle battaglie o delle strategie militari, ma da quello degli esseri umani travolti dal conflitto. Innocenti, deboli, privi di potere decisionale, vittime inconsapevoli di una distruzione voluta da chi la guerra non la vive davvero, se non dalla comodità del proprio divano. Due sguardi che, pur concentrandosi entrambi sulla sofferenza, divergono profondamente nel modo di narrare la perdita e la disumanità, offrendo spaccati unici di una stessa tragedia.
Una tomba per le lucciole, tanto luminose quanto fragili

La sera del 21 settembre 1945 io morii…
Takahata offre ai suoi spettatori una lezione di disumanità. Una stazione, l’indifferenza verso morti e indigenti, gli sguardi intrisi di disprezzo per dei giovani in difficoltà. Fastidio, quasi, nel confrontarsi con l’evidenza della disfatta nipponica e dell’orrore della guerra. Pochi mesi prima, Setsuko e Seita osservano il cielo squarciato dalle bombe. La madre, prima di avviarsi al rifugio, raccomanda pazienza e coraggio ai figli. Ma Kobe viene presto avvolta da fiamme e grida di terrore, poi una placida pioggia tenta invano di lavare via l’orrore. Di lì a poco, Seita scoprirà che la madre, gravemente ferita a causa di un bombardamento, è destinata a soccombere. Con il padre disperso in battaglia, i due fratellini comprendono di essere rimasti soli, e così ha inizio il loro viaggio nell’oblio.
Guidati da un amore fraterno incrollabile, Seita e Setsuko cercano di sopravvivere in un Giappone devastato. Allontanati dalla zia, i due scelgono di vivere in un rifugio improvvisato, e per un attimo sembrano sereni, immersi nella natura e nella reciproca compagnia, luminosi come lucciole nella notte. Ma l’incanto dura poco, il tempo di un battito di ciglia. La fame, la malattia, la mancanza di cure consumano lentamente la fragile vita di Setsuko. Lei, pura ed evanescente come una lucciola, finisce per incarnare la fugacità della vita. Splendida, certo, ma condannata a spegnersi troppo presto.
In questo angolo di mondo

Quando la gente muore, i ricordi se ne vanno con loro. I segreti scompaiono, come se non fossero mai esistiti. Forse possiamo chiamarlo un “lusso”.
Dove Takahata mostra dolore, angoscia e perdita, Fumiyo Kouno racconta il conflitto da un angolo apparentemente remoto, quello della cittadina di Kure, analizzandone gli effetti attraverso il filtro della quotidianità. Come Seita e Setsuko, Suzu è una ragazza comune, una dolce sognatrice, spesso sbadata, ma forte e tenace. Disegna il mondo che la circonda, lo setaccia attraverso la sua sensibilità artistica, trasformando la realtà. Suzu vede conigli spumosi che saltellano, al posto delle onde del mare. Eppure, mediante i suoi occhi, Hiroshima e Kure appaiono prima come mondi lontani dalla guerra, poi sempre più vicini alla catastrofe.
Se mesi addietro Suzu e la sua famiglia acquisita potevano permettersi pasti abbondanti, adesso sono costretti a cucinare con poco cibo, sempre meno, sempre scarso. Il passeggiare nei campi si tramuta in sopravvivere a restrizioni, e il bombardamento di Hiroshima sconvolge un equilibrio già precario. Il punto di non ritorno che infrange definitivamente l’innocenza della giovane e di chi la circonda. Tuttavia, anche quando Suzu perde lentamente una parte di sé – fisicamente e metaforicamente – il suo dolore è raccontato con estrema delicatezza. La protagonista tenacemente vive e lotta, trova un senso a tutto quel dolore nella bellezza delle piccole cose. E malgrado la guerra le tolga tutto, il conflitto non riuscirà a privarla completamente della sua umanità.
Mentre Seita in “Una tomba per le lucciole” soccombe all’ombra della Atomica, Suzu resiste. Entrambi perdono la propria famiglia, entrambi sperimentano la solitudine, ma Suzu riesce a ricostruire un nido, seppur tra le macerie. Due facce di una stessa medaglia, due destini che ci spingono a chiederci: dopo aver perso tutto, è meglio morire e raggiungere i nostri cari o sfuggire alla morte e continuare a vivere anche per loro?
Lo sguardo dei civili

Entrambe storie di giovani sopravvissuti: lui costretto a crescere troppo in fretta e vestire i panni dell’adulto, lei una donna un po’ infantile, in grado di distaccarsi dal presente grazie ad un’arma potente: la sua creatività.
Il maestro Takahata e l’autrice Kouno raccontano la guerra attraverso lo sguardo dei civili, denunciando le atrocità dei conflitti, ma anche la negligenza di una società che abbandona i più deboli, i bambini. Seita e Setsuko incarnano l’innocenza erosa dalla brutalità di adulti senza scrupoli: troppo ottusi per accorgersi del crimine che si consuma sotto la pelle diafana della piccola. L’ingenuità di Setsuko, ignara fino in fondo dell’orrore, si scontra con la disperazione crescente di Seita, che si sente costantemente impotente.
In questo caso specifico, uno dei tratti più inquietanti è la disumanizzazione della società. Gli adulti, chiamati a proteggere i protagonisti, diventano freddi e indifferenti: la zia accusa i fratelli di pigrizia e li respinge, i contadini negano aiuto, i poliziotti restano distanti. Così facendo, Takahata mette a nudo una società incapace di accogliere i suoi figli più vulnerabili. L’episodio della morte di Setsuko, liquidata con parole agghiaccianti da un uomo che ne parla con indifferenza, è il culmine della critica: la morte di un bambino trattata come fatto ordinario, banale. Setsuko è un peso per la società nipponica, un’orfana malata che non avrebbe mai potuto aiutarli nel ricostruire il Giappone. Una vita insignificante.
Kouno, di contro, preferisce narrare l’umanità che si cela dietro la guerra, le piccole cose che fanno di noi ciò che siamo, piuttosto che concentrarsi su aerei, soldati e bombardamenti. Nel corso del manga (e del film), i membri delle famiglie di quartiere si tengono metaforicamente per mano, aiutandosi l’un l’altro. Cenano e pranzano assieme, aiutano i più sfortunati, accolgono chi ha perso casa e cari, ma il nucleo famigliare allargato si assottiglia sempre più. Certo, anche qui la militarizzazione del Paese tramuta il vivere in sopravvivere, ma gli animi delle persone, seppur piegati, non si spezzano mai del tutto. Come una canna di bambù, Suzu si mostra tenace e coraggiosa, affrontando a testa alta le problematiche dettate da razionamenti, case ridotte in macerie e cari perduti.
In entrambi i casi, la lezione è chiara: per gli autori è necessario narrare la quotidianità della tragedia, assorbire le storie degli abitanti di Hiroshima e dei villaggi vicini, lasciando che lettori e spettatori comprendano di avere a che fare con essere umani senzienti, non meri protagonisti di una pagina di storia. Civili e non soldati, gente come noi che tentava di vivere una normalità che muta di giorno in giorno, adattandosi ai cambiamenti e convertendo le nuove abitudini in routine.
Rassegnazione e speranza

Mentre il film di Takahata chiude le porte al futuro, Kouno dona speranza. Una speranza flebile, imbrattata di sangue innocente. Perché nonostante Suzu perda una parte del suo cuore, non lascia che quel buco nero la annienti.
D’altronde, l’accento sui civili non è l’unico punto di contatto tra le due opere. In Questo Angolo di Mondo, trasposto sul grande schermo nel 2017 da Sunao Katabuchi (collaboratore di Miyazaki come assistente alla regia in Kiki – Consegne a domicilio), porta con sé l’influenza evidente dello Studio Ghibli. Osservando attentamente il film, dal tratto dei personaggi alle ambientazioni, fino al comparto musicale, appare chiaro quanto la lezione ghibliana ne abbia plasmato lo stile. E, proprio come Takahata, in due ore e dieci minuti Katabuchi scuote lo spettatore con la stessa intensità dell’autrice Fumiyo Kouno. Dunque, non con artifici retorici o sentimentalismi forzati, ma attraverso una narrazione semplice e sincera, capace di restituire la quotidianità delle persone con precisione storica, elemento che caratterizza anche l’adattamento animato.
Difatti, un approccio altrettanto sobrio caratterizza Una tomba per le lucciole, malgrado la pellicola affondi le sue radici nel romanzo semi-autobiografico di Akiyuki Nosaka. Nato nel 1930 e segnato dalla perdita della madre e dalla tragedia dei bombardamenti su Kobe, lo scrittore vide morire la famiglia adottiva e non poté evitare la morte della sorellina di appena quattro anni.
Non stupisce, dunque, che Takahata abbia deciso di fondare il film su essenzialità e misura, in quanto l’asprezza degli eventi non necessita abbellimenti di sorta. Le animazioni mettono in risalto – con lo stesso realismo – sia l’incanto dei paesaggi rurali sia la devastazione dei bombardamenti, mentre la morte e il lento deteriorarsi dei corpi vengono mostrati senza filtri, con la stessa naturalezza con cui emergono i rari atti di compassione.
Quanto costa la guerra ai bambini?

Questo il quesito che emerge da entrambe le opere. Una tomba per le lucciole e In Questo angolo di mondo – in modi differenti – hanno commosso ed emozionato intere generazioni. I due racconti si muovono attorno a un filo rosso comune: l’infanzia come lente attraverso cui osservare la realtà della Guerra. Che sia il volto fragile di Setsuko e Seita o quello timido di Harumi, lo spettatore si trova davanti al mondo setacciato da uno sguardo puro e ingenuo, un espediente in grado di rendere più incisiva la durezza delle esperienze narrate.
Il tema centrale che attraversa tutte e due le opere è il legame familiare. Ne In questo angolo di mondo, la giovane sposa Suzu si prende cura della nipote acquisita Harumi con la dolcezza di una madre, offrendo un rifugio di affetto nonostante la precarietà del contesto. In Una tomba per le lucciole, Seita diventa per Setsuko non solo un fratello, ma una figura paterna costretta a improvvisare, guidata da amore e disperazione. Due prospettive simili ma diverse che declinano lo stesso nodo tematico: il bisogno di protezione e la responsabilità verso l’altro, soprattutto quando gli adulti non riescono a far fronte al dolore o alla tragedia.
La differenza sostanziale tra le due opere si coglie proprio nel percorso di Seita. Nonostante la volontà ostinata di salvare la sorellina, il ragazzo resta pur sempre un bambino spaventato e in preda al panico, che – dopo l’ennesimo rifiuto – decide di sopravvivere con le sue forze. Una scelta che, se da un lato rivela coraggio, dall’altro li condanna a un destino crudele. L’impotenza di due bambini travolti da un mondo che li ignora.
E il dolore dello spettatore nasce proprio da questa manifesta impotenza, poiché il destino dei protagonisti di queste storie ci costringe sempre ad essere testimoni di una lotta vana contro fame, dolore e indifferenza. Una tomba per le lucciole e In questo angolo di mondo sono, dunque, una testimonianza eterna della fragilità umana, un atto d’accusa contro la guerra e un inno all’amore famigliare.
Abisso e resistenza

Una tomba per le lucciole e In questo angolo di mondo condividono lo stesso sfondo storico, ma ne offrono prospettive opposte. Takahata ci conduce nell’abisso della disumanità, dove la guerra annienta ogni cosa e la morte diventa inevitabile. Kouno, invece, mostra la possibilità di resistere, di sopravvivere al dolore, trasformando la memoria in un fragile seme di rinascita.
Entrambe denunciano il fallimento della società nipponica e non: nel mondo di Takahata domina l’indifferenza verso i più deboli; in quello di Kouno, invece, si passa dall’empatia alla rassegnazione. In entrambi i casi, al centro della storia troviamo il tracollo dell’umanità, ma anche l’urgenza di “ricordare” per tener viva la memoria di chi ci ha lasciato troppo presto.
Guardare Una tomba per le lucciole significa affrontare la brutalità della guerra attraverso lo sguardo dei bambini, riconoscere che nessuna sofferenza infantile può essere giustificata. Leggere In questo angolo di mondo significa riscoprire il valore delle piccole cose, la forza della quotidianità che, seppur ferita e sanguinante, resiste. Dopotutto, siamo tutti lucciole, creature splendenti e fragili, destinate a brillare solo per un istante prima di spegnerci. E tale lucida consapevolezza ci ricorda costantemente che i bambini, più di chiunque altro, pagano sempre il prezzo più alto della guerra.



