Giovedì 16 febbraio arriva nelle sale italiane con Eagle Pictures Till – Il coraggio di una madre, nuovo film scritto e diretto dalla talentuosa regista Chinonye Chukwu e con una straordinaria Danielle Deadwyler nei panni di una madre che ha cambiato per sempre la storia degli Stati Uniti d’America. Nel pluricandidato lungometraggio della cineasta di origini nigeriane, si traccia la drammatica storia di Emmett Till, quattordicenne afro-americano che nel 1955 venne barbaramente linciato ed ucciso da un gruppo di bianchi. La madre, Mamie Till-Mobley, decise però di non cedere allo straziante dolore e di lanciare un segno forte a tutta la Nazione: il funerale del suo povero figlio sarebbe stato celebrato a bara aperta, così che tutti potessero vedere con i propri occhi di cosa era capace la barbarie e la crudeltà umana.
Nella nostra recensione di Till – Il coraggio di una madre ci addentreremo in questa pagina nera nella storia degli Usa attraverso gli occhi della regia e della scrittura di Chinonye Chukwu, che è stata capace di raccontare con dovizia di dettagli e con grande senso dell’emozione la parabola di una Madre Coraggio di cui tutti dovremmo conoscere l’importanza essenziale.
Till – Il coraggio di una madre
Genere: Drammatico
Durata: 130 minuti
Uscita: 16 febbraio 2023 (Cinema)
Cast: Danielle Deadwyler, Whoopi Goldberg, Haley Bennett, Frankie Faison, Sean Patrick Thomas
La trama: il linciaggio che scuote un Paese intero
Siamo nello stato del Mississippi, 1955. Il quattordicenne Emmet Louis Till (Jalyn Hall) decide di fare visita ai suoi cugini nella città di Money con il beneplacito di sua madre Mamie Till-Mobley (Danielle Deadwyler); il viaggio verso la città del Sud degli Stati Uniti però non avrà un finale felice. Lì il ragazzo troverà una morte violenta, barbaramente linciato e poi assassinato da un gruppo di suprematisti bianchi. La morte tragica di suo figlio non lascerà però nel cuore di Mamie Mobley voglia di vendetta, ma di giustizia, affinché un atto disumano del genere non accada mai più: con una scelta storica e scioccante, la madre in lutto decide di celebrare i funerali del suo Emmett con la bara aperta, affinché tutti, dal cittadino comune alle più alte istituzioni, vedessero con i propri occhi cosa avevano fatto al suo povero ragazzo di soli quattordici anni.
Ispirato alla terribile storia vera che nella metà degli anni Cinquanta scosse l’intera nazione americana, Till – Il coraggio di una madre è il primo lungometraggio cinematografico ad affrontare questa pagina nera, e lo fa con la mano salda di Chinonye Chukwu, autrice sia della regia che della sceneggiatura originale. Il linguaggio che usa la Chukwu per raccontare il dolore e la saldezza di Mamie Till-Mobley è quello del biopic classico, accessibile al maggior numero di spettatori e con il pedale dell’emozione a briglia sciolta. Che non è necessariamente un male.
Attraverso gli occhi di una madre
Il nuovo lungometraggio diretto dalla Chukwu sembra proseguire la carrellata di ritratti femminili che hanno fino ad oggi costellato la sua carriera dietro la macchina da presa; la pellicola precedente, l’ottimo Clemency con Alfre Woodard, si interrogava sulla giustezza del sistema giudiziario britannico attraverso gli struggimenti interiori e i dilemmi etici della sua protagonista; Till, in fin dei conti, non è poi così diverso nell’approccio al racconto di cui si fa portatore, avvalendosi di un punto di vista prettamente femminile per restituire agli spettatori contemporanei una drammatica storia di razzismo e violenza che ha scosso un Paese intero.
Ci si aspetterebbe infatti un film biografico sul giovane Emmett Till dal punto di vista del povero ragazzo linciato, invece il lungometraggio della cineasta nigeriana sposta l’enfasi sulle vicende private di Mamie Till-Mobley: suo il punto di vista del racconto, suo il fardello emotivo dell’eleborazione del tragico lutto che si ritrova ad affrontare. Attraverso gli occhi lucidi e carichi di umanità della sua sorprendente protagonista lo spettatore si ritrova quindi a rivivere quei momenti dolorosi custoditi in un cuore materno pronto ad esplodere al grido di giustizia.
Un biopic tradizionale ma dal cuore grande
Certo, va anche detto che la messa in scena di Till – Il coraggio di una madre risponde ai canoni più classicheggianti e tradizionali del fare biografia nel cinema più strettamente contemporaneo. Il lavoro di scrittura e dietro la macchina da presa di Chinonye Chukwu sembra quasi indietreggiare rispetto alla materia storica ed emozionale che decide di raccontare sul grande schermo, quasi a voler mettere dinanzi a sé la testimonianza di Mamie Till-Mobley e la sua importanza nell’evoluzione storico-sociale degli Usa a discapito della visione puramente cinematografica.
Per tale motivo Till- Il coraggio di una madre rispetta, nel bene e nel male, tutte le regole del film biografico di ultima generazione, attento a non discostarsi troppo dalla chiarezza del racconto e dalla linearità della messa in scena sacrificando spesso e volentieri originalità e ritmo narrativo. Per fortuna che le vicende raccontate nel film della Chukwu riescono a travalicare un linguaggio filmico all’apparenza démodé a favore di un carico emotivo per il quale è praticamente impossibile non provare emozioni contrastanti e viscerali.
Danielle Deadwyler è monumentale
Ad elevare dunque il lungometraggio biografico della regista dalla macerie di un sotto-genere fin troppo abusato c’è la sua straordinaria protagonista, qui interpretata da Danielle Deadwyler. L’attrice statunitense restituisce allo spettatore odierno un ritratto di Mamie Till-Mobley perfettamente misurato in emozione repressa e dolore materno, una prova interpretativa da antologia che le ha già regalato svariate candidature di fine anno; una testimonianza monumentale del potere di una storia che, avvolta da un sudario di nera vergogna per gli Stati Uniti, ancora riesce a parlare alla contemporaneità con voce perentoria e struggente.
A conti fatti, Till – Il coraggio di una madre ha nonostante tutto il pregio di gettare luce su una pagina vergognosa di razzismo di cui non tutto il mondo era a conoscenza; film-mausoleo per Emmett Till e lapide celebrativa per la sua madre coraggiosa che, rifuggendo chirurgicamente fronzoli e stratificazioni di significato astrusi, sceglie la strada del racconto semplice e democratico. Senza dimenticare però l’emozione genuina.
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La recensione in breve
Il nuovo film scritto e diretto da Chinonye Chukwu getta la giusta luce mediatica su uno dei casi di linciaggio più violenti e scioccanti nella storia degli Stati Uniti d'America. La regista lo fa costruendo un film biografico tradizionale in struttura e visione cinematografica, ancorato ad una Danielle Deadwyler bravissima e struggente.
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Voto ScreenWorld