Se esiste un genere cinematografico che è sempre stato utilizzato per declinare svariate tematiche della vita quotidiana, quello è l’horror. I rimaneggiamenti più interessanti sono sempre legati alle festività, soprattutto in ambito hollywoodiano, e nella maggior parte dei casi si giocano tutti gli elementi in chiave slasher, ovvero in quel sottogenere in cui un serial killer, perlopiù mascherato, semina sangue e morte in occasione di un evento particolare. Halloween, diretto dal leggendario John Carpenter, è il capostipite di una ramificazione del genere, dal quale sono nati gli altri antagonisti che tutti conosciamo. In tal senso Thanksgiving entra in questa cerchia ristretta. Dopo sedici anni dal finto trailer visto in Grindhouse, Eli Roth riesce a dirigere il lavoro che attendeva da una vita, con una carriera tra alti e bassi divenuto oggetto di divisione tra il pubblico. Ma com’è stato il risultato? Scopriamolo nella nostra recensione di Thanksgiving.
Genere: Horror
Durata: 106 minuti
Uscita: 16 novembre 2023 (Cinema)
Cast: Patrick Dempsey, Addison Rae, Milo Manheim, Jalen Thomas Brooks
Trama: La vendetta si maschera di morte
Durante la consueta giornata del Black Friday, a ridosso del Giorno del Ringraziamento, una folla inferocita si piazza di fronte al principale centro commerciale della città di Plymouth, in Massachusetts. Jessica e il suo ragazzo Bobby, insieme ai loro amici Evan, Scuba, Gabby e Julia, entrano di nascosto all’interno dell’edificio, scatenando l’ira delle persone rimaste fuori. A nulla serviranno i tentativi della sicurezza per trattenere l’immensa schiera di persone e si genererà una tragedia che causerà molti morti accidentali. Una vicenda che segna indelebilmente la storia del paese. Un anno di più tardi, dopo questi eventi terrificanti, un killer con la maschera di John Carver, padre pellegrino del XVII° secolo, si introdurrà nelle vite dei protagonisti, uccidendo gli abitanti del centro cittadino secondo un preciso disegno.
Un ringraziamento al sangue
È difficile essere originali quando si vuole girare un’opera slasher classica, partendo dalla stessa trama già utilizzata in miriadi di occasioni. Quando si parla soprattutto di questo genere, l’abilità di un regista sta nello sbizzarrirsi all’interno delle sequenze, perlomeno rendere iconico il suo killer. All’operazione di Eli Roth va, dunque, dato il merito di essersi divertito con la violenza: sequenze inaspettate, decapitazioni, fiumi di sangue, esecuzioni macabre e malate. Rispetto al fake trailer presente in Grindhouse, il regista del Massachusetts riesce a sprigionare tutta la sua creatività durante gli efferati massacri di John Carver, che si differenzia dai suoi “colleghi” per il fatto di essere un semplice essere umano in cerca di vendetta. Niente poteri soprannaturali: un’ascia, un completo da padre pellegrino, cappello con fibbia e si esce per Plymouth a creare terrore.
Ed ecco che spuntano coltelli dal tappeto elastico, teste di mascotte che rotolano sull’asfalto durante il corteo della Festa del Ringraziamento, in un tripudio di sangue e follia che si rivela funzionale al disegno dell’assassino. Se uccidere è un’arte, l’antagonista di Thanksgiving ha seguito le regole alla perfezione, diversificandosi nei più svariati modi. Non siamo di fronte alla brutalità di Terrifier, eppure le sequenze possono mettere alla prova la sensibilità dello spettatore. Come dimenticare la tavola imbandita ad hoc dal John Carver, mostrata attraverso i social durante gli eventi del lungometraggio, che permette al killer di aggiornarsi alle abitudini delle giovani generazioni e inserirsi completamente nell’epoca digitale e contemporanea. Un antagonista lucido e calcolatore, con una personalità che potrebbe renderlo iconico in futuro.
Il lato macabro del consumismo
Il film si apre con una premessa: una calca non quantificabile di persone euforiche, pronte ad entrare in un supermercato. Il motivo è il Black Friday, con la gente pronta a consumare più che mai per via della riduzione temporanea dei prezzi. Qua però va tutto storto: la massa s’infuria, sfonda l’ingresso spinta dall’avidità, calpestando un povero steward e agendo il più egoisticamente possibile. Si scatena la natura più malvagia dell’umanità, muoiono accidentalmente delle persone e la caccia al colpevole non ha l’esito che si spera.
Sebbene la messa in scena sia alquanta esagerata, tutto ciò è voluto: durante i giorni del Black Friday, che precedono il giorno del Ringraziamento, orde di cittadini americani assalgono i centri commerciali per comprare il prodotto fino all’ultimo sconto, scatenando perfino litigi e caos. È una dimostrazione di quanto la società americana sia consumata dal capitalismo, una critica sociale mossa da Roth con questo semplice ed efficace episodio che ribalta per un breve momento lo slasher. Non si inizia con una scia di morte causata da un singolo uomo, ma dalla massa e il pericolo dell’isteria che può provocare. Si avrebbe preferito una migliore esplorazione su questo aspetto della cultura statunitense, ma viene accantonato a causa di una maggiore attenzione nella caccia al killer.
Prendi un gruppo di ragazzi e un killer
All’interno di questo giocattolo maneggiato da Roth i personaggi riescono a ricevere la loro importanza. La presenza del gruppo di adolescenti è sicuramente un elemento molto derivativo e abusato nel genere slasher. Non è richiesta una descrizione approfondita della loro psicologia e così è stato. Immedesimarsi in alcuni comprimari non è un problema, oltre a distinguerli e ricordare i loro nomi durante il susseguirsi degli eventi, anche se qualcuno viene tralasciato per lasciare spazio alle nefandezze del killer . Una scrittura intelligente, che evita di complicarsi con la trama e che permette allo spettatore di accompagnare i protagonisti alla scoperta dell’identità del killer.
Quest’ultimo infatti non è facilmente riconoscibile dal primo momento, date le diverse vie messe durante la visione, lasciando sempre il dubbio, in continuo cambio di risposte che, nel finale, possono confermare o ribaltare ciò che si è sempre pensato nel corso della vicenda. Thanksgiving si dimostra, dunque, come un’operazione dove l’intrattenimento è assicurato da una buona dose di sangue, un cast in parte e una trama che riesce a divertire nonostante sia molto derivativa. Bravo Eli Roth a non rimanere bloccato nonostante i cliché, soprattutto in un periodo storico per il cinema dove è facile scadere nella ripetizione. Riesce nel suo intento a ridare respiro ad un genere stantio, dove la trilogia Halloween di David Gordon non era riuscita completamente a differenziarsi dal resto.
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La recensione in breve
Un buon film di intrattenimento che, nonostante rimastichi alcuni cliché legati al genere, riesce a distinguersi nelle sequenza in cui entra in gioco l'assassino, garantendo un buon intrattenimento per il pubblico anche grazie all'ausilio di una storia semplice.
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Voto Screenworld