Guardare.
Un’azione, una sola, per definire l’essenza del cinema, l’unica che siamo obbligati a compiere come spettatori. Prima ci si siede sulla poltrona della sala cinematografica, si spengono i cellulari, ci si mette comodi, pronti a godersi lo spettacolo. Poi si alza lo sguardo, verso quello schermo bianco gigantesco che si riempirà presto di immagini in movimento.
Il resto è dominio del film. Le emozioni che proveremo saranno indotte da ciò che il regista ha costruito e scelto di farci guardare. Siamo succubi del suo potere superiore, passivi, seduti al nostro posto e senza controllo della storia a cui stiamo assistendo. Una storia composta di immagini, ventiquattro al secondo per la precisione. Da lì, guardare di quelle immagini il movimento. Quello primordiale che ha trasformato la lanterna magica in cinema.
Che, come una creatura mitologica, esiste finché il nostro sguardo è posato di lui.
Il terzo film di Jordan Peele è tutto basato sull’atto del guardare. Ma, come vedremo nella nostra recensione di Nope, è anche un fenomenale thriller macchiato di fantascienza, ricco di intrattenimento e suspense, girato da quello che oggi non possiamo più definire semplicemente come una voce innovativa nel panorama cinematografico americano, ma vero e proprio autore contemporaneo, così talentuoso ormai che risulta degno dell’appellativo di Maestro.
Nope
Genere: Fantascienza/Thriller
Durata: 130 minuti
Uscita: 11 agosto 2022 (Cinema)
Cast: Daniel Kaluuya, Keke Palmer, Steven Yeun
Una trama di mistero e suspense
Nope racconta la storia di OJ ed Emerald Haywood, figli del proprietario di un ranch e addestratore di cavalli Otis, divenuto famoso perché prestava servizio con i suoi animali all’interno delle produzioni hollywoodiane. Dopo la morte del padre, i due faticano a trovare una continuità lavorativa, vuoi per il carattere riservato e schivo di OJ, ancora incapace di elaborare la perdita del genitore, vuoi per la voglia da parte di Em, più espansiva e alla mano rispetto al fratello, di intraprendere una nuova strada professionale. Strani cali di tensione, cavalli sempre più inquieti e misteriosi avvistamenti nel cielo cambieranno, però, la loro quotidianità. Che sopra il loro ranch si stia nascondendo un UFO? La possibilità di dare una svolta alla loro vita, potendo registrare l’oggetto volante non identificato e divulgando il video in rete nella speranza che diventi virale, sarà un richiamo troppo forte per poter essere ignorato. Ma più cercheranno di riprendere il misterioso disco volante attraverso le telecamere, più si inabisseranno in un mistero che, forse, non può essere catturato. La loro storia s’intersecherà con quella di un tragico evento avvenuto nel 1998 in uno studio televisivo.
Non vogliamo raccontarvi di più, perché Nope è un film che fa dei colpi di scena e dell’intreccio narrativo il suo punto di forza, lasciando che lo spettatore, in linea coi protagonisti, possa scoprire man mano che la storia procede la soluzione del mistero. Lo fa con un ritmo costante per tutti i suoi 130 minuti di durata, prediligendo nel corso della prima metà una lunga preparazione di attesa e tensione, che lascerà il pubblico intrigato e all’erta, coinvolgendolo come raramente si è visto negli ultimi tempi.
Una regia dominante e di forte personalità
Tutto questo funziona grazie a una regia che dimostra come Jordan Peele sia ormai un talento maturo, che ha piena consapevolezza dei propri mezzi (il modo in cui riesce a gestire la CGI è intelligente e funzionale) e, soprattutto, sa come dominare lo sguardo dello spettatore. Con l’aiuto di un montaggio a regola d’arte da parte di Nicholas Monsour, un sonoro curato nei dettagli e con una fotografia semplicemente perfetta di Hoyte van Hoytema che richiama il grande cinema classico americano, Peele è un vero e proprio burattinaio che controlla il pubblico e le sue aspettative, riuscendo a equilibrare in maniera sopraffina tutti gli elementi di una storia spesso a un passo dal confine dell’incredulità. E se a volte si ha l’impressione che ci siano addirittura troppi elementi sul piatto, non si può certo dire che il nostro regista manchi di personalità.
Arrivato al suo terzo film, Peele riesce a migliorarsi sempre più, diventando sempre più ambizioso nella messa in scena (riuscendo a rendere tangibile e soddisfacente questo senso di grandeur visiva) e proseguendo coerentemente il discorso legato alla sua poetica, che affronta il genere thriller/horror – anche in questo caso appartenente a un discorso politico e razziale – aggiungendo sfumature di commedia ironica. È proprio il caso di dirlo: con un terzo centro di fila, dopo Scappa – Get Out e Noi – Us, siamo di fronte a un Autore vero, che al netto di qualche eccesso (ma quale Autore non ne ha?) è orgoglioso della propria voce e della propria indipendenza.
I molteplici significati di un “No”
Oltre a essere una macchina di tensione e spettacolo, Nope è anche un film dalle molteplici interpretazioni. Si parla di cavalli addestrati dai padroni, di persone succubi di misteriosi oggetti dal cielo, di spettatori in balia dei registi e, di conseguenza, di registi soggiogati dai produttori. Una catena di prede e predatori, di marionette e burattinai, di piccoli divorati dai grandi. La forza del titolo, quel “No” così definitivo che verrà pronunciato all’interno del film in una scena madre, è la forza di una disobbedienza. Un “No” che definisce e rappresenta una propria identità, quella del singolo e quella di una comunità, indipendente e libera dagli schemi prefissati, finalmente riconosciuta da tutti. D’altronde gli stessi OJ ed Em intendono riprendere il disco volante solo per la fama, per sentirsi finalmente qualcuno.
Ed è così che il film si può leggere come una metafora sull’industria hollywoodiana, dove finalmente il regista può dare vita al proprio film originale e creativo senza essere “divorato” dal sistema, o come – per l’ennesima volta nella filmografia di Peele – un’allegoria sulle minoranze in America, nella realtà spesso incapaci di dire di “No” e costrette ad abbassare lo sguardo.
L’essenza del cinema
Tutt’altra storia per lo spettatore. Sin dai titoli di testa sarà impossibile fargli distogliere lo sguardo dallo schermo, prestando fede a quell’essenza cinematografica che è l’atto del guardare. Sarà perché non si può non empatizzare con la coppia di protagonisti, interpretati da una splendida Keke Palmer e un perfetto Daniel Kaluuya, capaci di creare un rapporto vivo e speciale tra fratello e sorella. Sarà perché questo film su più strati affascina e coinvolge. Sarà per sentirsi partecipi di un gioco tra generi, toni e narrazioni che appare irresistibile. Fatto sta che, arrivati ai titoli di coda, non siamo riusciti a farci distrarre dalle luci della sala accese, non avevamo fretta di riaccendere il cellulare e controllare le notifiche arretrate e nemmeno sentivamo l’impulso di uscire velocemente dalla sala per svuotare la vescica e ritornare a casa. Abbiamo riprovato quel senso primigenio di “staccare per un paio d’ore”, ormai sempre più raro.
E proprio di qualità primigenie vogliamo parlare in conclusione di questa recensione, andando fino alle origini della settima arte. Perché, dettaglio di (non) poco conto, il quadrisavolo di OJ ed Em sarebbe il famoso fantino che compare nella celeberrima serie fotografica Sallie Gardner at a Gallop (o The Horse in Motion) di Eadweard Muybridge, primo esempio di arte cinematografica della storia. Ecco, in quello che nel film è un discorso che sottintende che i neri (senza essere riconosciuti e venendo poi dimenticati) fossero lì a creare il cinema sin dalle origini, possiamo dire che Jordan Peele ha reso omaggio a quelle 24 fotografie al secondo, che ci ammaliano continuamente e ci cambiano la maniera in cui guardiamo il mondo. Forse Nope non sarà così importante, ma senza dubbio contribuisce a rendere il cinema quell’indefinibile oggetto che non si cattura, se non con lo sguardo volto verso l’alto.
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La recensione in breve
Nope è un thriller di stampo fantascientifico che riesce con successo ad amalgamare due anime: quella del puro intrattenimento, regalando tensione e colpi di scena, e quella più autoriale, dove la personalità di Jordan Peele esprime il potere della disobbedienza, della fiera libertà indipendente e del riscatto personale. Con un cast azzeccato e una regia da talento maturo, Nope rappresenta l'essenza del cinema, quello da cui è impossibile distogliere lo sguardo.
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Voto ScreenWorld