Il deserto ti educa alla pazienza. Devi muoverti con calma, pesando ogni passo. Devi centellinare gli sforzi per non sprecare acqua e seguire il ritmo lento dei martellatori prima di poter vedere lo spettacolo di un enorme verme che emerge dalla terra. Nei deserti infiniti di Arrakis anche noi siamo stati pazienti. Educati a esserlo in tempi frenetici. Pazienti quando il primo Dune arrivò in sala col cinema ancora convalescente (era settembre del 2021), rivoluzionando il blockbuster moderno grazie a ritmi più riflessivi e tempi più dilatati. Pazienti davanti a un primo film che non era affatto il primo atto di una trilogia, ma la prima parte di un film lasciato a metà. Un rischio non da poco, ma eravamo appunto all’inizio di una rivoluzione.
E così con Dune abbiamo imparato ad aspettare. Due anni e mezzo per cui è valsa la pena rimanere in sospeso. Perché oggi Dune – Parte Due emerge dalle sabbie del tempo con la forza poderosa del grande cinema. Quella che ti domina con il potere soverchiante delle immagini. Quella che ammalia, affascina e si nutre dello stupore della gente. Quella che ti fa uscire dalla sala quasi sudato per un’esperienza visiva straordinaria, capace di farti sentire quasi la sabbia nelle tasche. Lo avrete capito subito: questa recensione di Dune – Parte Due sarà una celebrazione di un grande film e di un regista coraggioso come Denis Villenueve, che con questa seconda parte raccoglie a meraviglia tutto quello che aveva pazientemente seminato con la prima. Se il primo film aveva preparato la scacchiera, questa volta ogni pedina viene mossa dal destino e dal libero arbitrio. E fidatevi, la partita a scacchi tra re, regine, principi e cavalieri è stata davvero splendida. Qualcosa di molto vicino a quello che sarà, forse, il film dell’anno.
La scia nel deserto
Da buona seconda parte qual è, Dune Parte Due riprende esattamente da dove eravamo rimasti, con Paul Atreides e sua madre Lady Jessica ormai integrati nella tribù indigena dei Fremen, pronti a sferrare il loro contrattacco nei confronti degli spietati Harkonnen. Peccato che l’oscuro popolo di Giedi Primo non sia solo, ma affiancato (o meglio dominato) dal volere del sommo Imperatore. Il tutto con nuovi volti, nuovi discendenti e nuovo sangue da versare per il possesso di Arrakis. Così la scacchiera di Dune si riempie con una coralità ancora più marcata senza mai dimenticare la scia più importante sul deserto di Arrakis: la parabola di Paul.
Il suo insolito viaggio dell’eroe è sempre il cuore del racconto, senza mai monopolizzarlo. Perché attorno al suo eterno dilemma tra il destino dell’eletto e le scelte di un giovane in formazione orbitano anche temi più collettivi come il fanatismo, come le motivazioni di leader che seguiamo o scegliamo di rinnegare seguendo il nostro credo. Villeneuve si tiene in perfetto equilibrio tra il corale e l’individuale con un film molto meno contemplativo del primo. Dune – Parte Due è più viscerale, più di pancia e meno cerebrale. Un approccio perfetto per raccontare il terremoto interiore di Paul Atreides e delle donne che gli stanno non accanto ma dentro. Perché uno degli aspetti più affascinanti di questo film è come mette in scena il potere del femminile sul maschile, schivando ogni forma di girl power ruffiano. Villeneuve dà voce a una femminilità quasi ancestrale e inevitabile. Lo fa con l’archetipo delle madri che ci guidano, degli amori che ci ispirano e delle donne che vincolano le vite degli uomini.
La spezia del cinema
Se Dune – Parte Due è un’esperienza indimenticabile è tutto merito del talento visionario di Villeneuve. Un regista che sa raccontare per immagini come pochi. Uno capace di risvegliare il senso di meraviglia di un pubblico sempre più difficile da risvegliare con sequenze travolgenti, che ti dominano e fanno sentire minuscolo davanti allo spettacolo sublime del grande schermo. Villeneuve sa fare cinema e ama il cinema, non lo annacqua non troppe parole e lascia sempre che siano le immagini a raccontare con gli sguardi, i colori, le architetture, i luoghi e l’atmosfera che dicono tutto senza dire niente.
Delicato quando serve e prepotente quando bisogna esserlo, Dune – Parte Due alza l’asticella dello stupore grazie un’estasi visiva quasi ipnotica a scene d’azione solenni e duelli che non hanno sempre bisogno di armi e bombe per esplodere sul grande schermo. A volte bastano solo degli occhi che si incrociano per apprezzare la drammaturgia di Dune. A volte basta un’inquadratura di pochi secondi per raccontarti un mondo intero e aprire squarci nell’animo dei personaggi. Ecco, Dune – Parte Due è un film talmente imponente da rendere riduttiva ogni parola usata per descriverlo. Perché stiamo parlando di un’esperienza visiva totalizzante, in cui ognuno di noi è chiamato a godere davanti allo schermo più grande possibile.
Granelli di talento
Saremmo ingrati però a non citare gli infiniti granelli di talento sparsi in questo film. Al di là del carisma e della bellezza di un cast esteticamente illegale in ogni porzione della galassia, Villeneuve ha saputo valorizzare i suoi interpreti tirando fuori il loro meglio. Chalamet finalmente si scrolla di dosso la sua solita indolenza malinconica, e abbraccia un Paul Atreides più innervato di rabbia; Rebecca Ferguson è straordinaria a recitare solo con gli occhi nascosti da un velo, Austin Butler è un diavolo glabro davvero inquietante, Josh Brolin ha una fierezza di rara epicità, Florence Pugh una fermezza aristocratica ammaliante e quel gigante di Christopher Walken si porta dietro una decadenza regale di shakespeariana memoria.
Discorso a parte per una Zendaya più in difficoltà degli altri a lavorare di sottrazione. Minuscola perplessità in un deserto di bellezza. Perché sì, valeva la pena aspettare. Anche per qualcuno il ritmo ondivago sarà ancora difficile da digerire. Anche se l’empatia per personaggi così lontani non sarà a portata di mano. Valeva la pena farsi educare dal deserto. Il verme è emerso e la nostra bocca è spalancata almeno quanto la sua.
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La recensione in breve
Maestoso, solenne e soverchiante. Così abbiamo definito Dune - Parte Due nella nostra recensione piena di amore per un blockbuster capace di regalarci un’esperienza visiva davvero incredibile. Villeneuve riscrive ancora una volta le regole del kolossal hollywoodiano abbracciando il potere primitivo delle immagini. Senza dimenticare la parabola di personaggi capaci finalmente coinvolgere. Un film non da raccontare, ma da vivere. Sullo schermo più grande possibile.
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Voto Screenworld