Giovedì 2 marzo arriva finalmente nelle nostre sale con Warner Bros. Pictures Creed III, terzo capitolo della serie sequel nata nel 2015 con il lungometraggio diretto da Ryan Coogler, costola ben riuscita della saga di Rocky Balboa, per poi proseguire nel 2018 con Creed II. Primissimo film del franchise in cui non appare il personaggio iconico interpretato da Sylvester Stallone ed esordio dietro la macchina da presa per Michael B. Jordan, Creed III non è probabilmente il miglior tassello della nuova trilogia (perlomeno, al momento), ma tuttavia è quello più emozionante.
Nella nostra recensione di Creed III ci immergeremo più a fondo nelle insidie affrontate da Michael B. Jordan accettando di entrare in cabina di regia per il nuovo capitolo dedicato al suo Adonis Creed, senza dimenticarci dell’ottimo cast della pellicola e della sua new entry più stuzzicante: Jonathan Majors, che con il suo villain rappresenta tutto il fulcro emotivo di questo nuovo tassello del franchise inizato nel 1976 con l’iconico Rocky di John G. Avildsen.
Creed III
Genere: Drammatico
Durata: 116 minuti
Uscita: 02 marzo 2023 (Cinema)
Cast: Michael B. Jordan, Tessa Thompson, Jonathan Majors, Phylicia Rashad
La trama: gli scheletri nell’armadio di Adonis bussano alla porta
Dopo mille difficoltà e dopo aver superato altrettanti ostacoli, Adonis Creed (Michael B. Jordan) è finalmente considerato come uno dei migliori pugili in circolazione e le sue azioni sono in continua ascesa. All’improvviso, nella vita del campione si ripresenta Damian Anderson (Jonathan Majors): amico di infanzia che ha appena finito di scontare una condanna lunga 18 anni, ma soprattutto ex prodigio della boxe tornato in pista per riprendersi tutto quello che ha perso. L’incontro tra i due, che coincide anche con il ritiro di Adonis dai ring di tutto il mondo per dedicarsi alla sua famiglia e alla palestra da lui gestita, sarà però la miccia che riaccenderà la presenza di fantasmi del passato che Creed pensava di aver dimenticato per sempre. Per affrontare il suo ex-amico d’infanzia, Adonis sarà costretto ad entrare nuovamente sul ring, guantoni alle mani.
Dopo l’ottimo secondo capitolo diretto da Steven Caple Jr., Creed III sembra chiudere idealmente un cerchio narrativo con il passato ingombrante che la serie MGM si porta sulle spalle come fardello da sempre: primo tassello cinematografico dell’universo narrativo di Rocky Balboa senza la presenza del celebre personaggio di Stallone ed emancipazione definitiva per l’Adonis Creed di Michael B. Jordan, che accoglie il gravoso testimone scendendo in campo anche come regista. La sua prima volta in assoluto dietro la macchina da presa.
L’ineluttabilità del passato secondo Michael B. Jordan
Basato su una sceneggiatura originale scritta a sei mani da Ryan Coogler (che rimane tra i produttori del film), suo fratello Keenan e Zach Baylin, Creed III non è probabilmente il migliore della nuova trilogia, ma forse è quello più genuinamente emozionante e risolto della saga sequel. Perché l’arma a doppio taglio di questa terza installazione cinematografica era trovare un proprio posto ed una propria identità di celluloide dopo il commovente l’addio al Rocky Balboa di Stallone che è stato tributato nel lungometraggio di Caple Jr. Un’identità narrativa che Michael B. Jordan permette di far acquisire al suo Adonis salendo in cabina di regia per la prima volta nella sua carriera di interprete di ottimo successo commerciale.
Di pari passo con l’emancipazione professionale ed intima del suo personaggio, anche Jordan si allontana definitivamente dall’ingombrante eredità del mentore Stallone, costruendo attorno al nuovo campione mondiale di pesi massimi un racconto di ineluttabilità del passato che sembra dialogare con genuina onestà intellettuale all’intera saga iniziata nel lontano 1976. Dal passato non si scappa (e questo il regista/attore lo sa bene), ma Jordan accetta una sfida ancor più grande affidando l’ultimo scontro sul ring del suo personaggio nelle sapienti mani di un attore che pare sia destinato a compiere passi importanti anche nel mondo della regia.
Un solidissimo esordio dietro la macchina da presa
Sì, perché Creed III funziona alla grande senza sentirsi necessariamente inferiore ai due capitoli che l’hanno preceduto. Forse non tutto torna in fase di scrittura, la regia del Jordan esordiente spesso fatica a trovare una propria visione ed identità artistica, ma l’attore dietro la macchina da presa ha fegato da vendere quando decide di mettere in scena una disamina psicologica insospettabilmente profonda del suo protagonista. Dopo l’ultimo titolo mondiale vinto, Adonis decide di ritirarsi dal ring e di continuare il suo lavoro come allenatore e manager della sua palestra, dividendosi tra professione e vita famigliare; l’arrivo inaspettato di un suo amico di infanzia riapre delle vecchie ferite mai sanate che metteranno in discussione la vita che conosceva fino a quel momento.
Una premessa che, gestita da un canovaccio solido ed efficace e da una regia premurosa ed essenziale, rende Creed III il tassello forse più genuinamente emozionante ed umano della trilogia dedicata ad Adonis, anche senza la presenza fisica dell’insostituibile Rocky Balboa di Sylvester Stallone. Una sfida, quella di far camminare il pugile interpretato da Jordan con le sue stesse gambe, più che riuscita a prodotto confezionato.
Jonathan Majors è un villain perfetto
Un merito non soltanto del regista/attore ma anche di una new entry azzeccata, capace di riassumere nella sua psicologia tutto il fulcro emotivo e manicheo di questo terzo capitolo: a dare del filo da torcere ad Adonis Creed arriva il fantasma del passato Damian Anderson, interpretato da un perfetto Jonathan Majors. L’attore statunitense dona fisico scultoreo ad anima dilaniata allo scheletro nell’armadio dell’adolescenza difficile del giovane Creed, portando in scena presenza e carisma da vendere. Un’ulteriore conferma del versatile talento di Majors dopo la gavetta televisiva e il prossimo ruolo come antagonista della quinta fase del Marvel Cinematic Universe. Un villain, quello emblematizzato da Damian Anderson, che rimarrà nella storia del franchise MGM come tra i più riusciti anti-eroi della serie di successo.
Questi sono gli elementi che rendono Creed III un capitolo decisamente riuscito, capace di tenere testa ai titoli predecessori senza perdere un briciolo dell’ appeal e degli elementi che hanno da sempre reso grande la saga iniziata da Sylvester Stallone. Una saga che adesso, affidata alle premure di un multiforme Michael B. Jordan attore e autore dietro la macchina da presa, ci sembra veramente in ottime mani.
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La recensione in breve
L'esordio alla regia di Michael B. Jordan corrisponde anche al capitolo fino ad ora più genuinamente emozionante della saga sequel di Creed. L'attore americano prende le redini di Ryan Coogler e Steven Caple Jr. ed accetta la sfida dietro la macchina da presa con diligenza e passione. La presenza nel cast di Jonathan Majors come villain vale da sola il prezzo del biglietto, tra l'altro.
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Voto ScreenWorld