Film indigesti nonostante lo stomaco vuoto. Film che disturbano, scuotono, cercano con insistenza di infastidire chi guarda. Le vie sono due: o li respingi o li digerisci con pazienza. Le mezze misure non sono nel menù. Perché questa volta Jessica Hausner non ha sfornato un film per stomaci deboli. La regista austriaca torna in Concorso a Cannes (quattro anni dopo il deludente Little Joe) camminando sul sottile confine tra la commedia nera e il dramma sociale.
In questa recensione di Club Zero vi racconteremo un film che potrebbe piacere molto al presidente di giuria Ruben Östlund, visto che gli ingredienti assomigliano molto a quelli del suo cinema: satira graffiante, gusto per l’eccesso e soprattutto tanta voglia di puntare il dito contro la borghesia occidentale. Senza dimenticare quella voglia di nauseare alla base di tutto.
Club Zero
Genere: Commedia nera
Durata: 110 minuti
Uscita: 23 maggio 2023 (Cannes)
Cast: Mia Wasikowska, Mathieu Demy, Elsa Zylberstein
A stomaco vuoto
Fuori dal tempo e dello spazio. Parte così Club Zero, in un non-luogo situato chissà dove. Il modo migliore per rendere le storie universali. In un’ordinata scuola per ricchi dai colori tenui degna di un film targato Wes Anderson seguiamo le strane lezioni di Miss Novak (Mia Wasikowska). La docente insegna “Nutrizione consapevole” a una ristretta classe di ragazzi problematici, presto manipolati da una maestra di (non) vita che spinge i suoi allievi verso il digiuno assoluto. Un regime alimentare estremo, votato non solo al bene del pianeta, ma soprattutto al rifiuto delle imposizioni sociali.
Pensiamoci bene: cosa c’è di più “abitudinario” degli orari della colazione, del pranzo e della cena? E soprattutto: cosa c’è di più familiare del cibo preparato dai propri genitori? Ecco, Club Zero rigetta tutto questo. Sputa in faccia alle regole preconfezionate (della scuola, della famiglia e della società) e soprattutto alle vecchie generazioni. Quelle che dovrebbero indicare la via e invece la impongono. Quelle che vorrebbero essere d’aiuto, e invece finiscono solo per essere d’intralcio. Ai ragazzi, allora, non resta altro che vomitare tutto.
Vomito ergo sum
Basta soffermarsi sul cognome della professoressa protagonista per intravede una metafora facile. Club Zero parte come una pseudo-parodia dei no-vax che fanno gruppo, rifiutano la scienza e rigettano le idee altrui rispondendo all’estremismo con l’estremismo. Poi, per fortuna, il film cambia e si rivela molto meno banale di quel che sembra all’inizio. Hausner esce pian piano da quella scuola così fredda e asettica per entrare nelle case di questi ragazzi così fragili e malleabili. E no, non troverà mai calore, affetto, ascolto. Club Zero diventa così la tragica messa in scena di due generazioni lontane anni luce che non riescono nemmeno a sedersi insieme a tavola. Così il cibo viene svuotato della sua convivialità, del piacere dello stare insieme, dell’affetto messo da una madre o un padre dentro un piatto. Eppure non si avverte mai una ribellione vera. Non c’è rabbia, non c’è dialogo, c’è solo un lento arrendersi, che sprofonda lentamente nel dramma cinico e spietato.
Senza empatia
A colpire è lo sguardo con cui Hausner guarda tutti i suoi personaggi. È uno sguardo distaccato, freddo, algido come la sua regia geometrica. Pochi movimenti di macchina, scenografie senza vitalità, personaggi poco espressivi che si trascinano in scena come zombie. Non c’è empatia anche da parte della regista, che mette il pubblico dalla sua parte. Quale? Dietro un dito puntato verso gli adulti che non ascoltano e i giovani che non hanno voglia di urlare. Club Zero sottolinea un problema, non cerca soluzioni. E intanto scuote con scene forti, non proprio per palati fini. Prendere o lasciare, insomma. Noi assaggiamo volentieri.
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La recensione in breve
Un film per stomaci forti. Così abbiamo definito il nuovo film di Jessica Hausner nella nostra recensione di Club Zero. Una commedia nera che racconta le distanze siderali tra giovani e adulti incapaci di sedersi assieme a tavola.
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Voto ScreenWorld