È la fine del mondo. La fine della Terra, minacciata da una catastrofe ecologica. Ma il film che vi raccontiamo nella recensione di Aquaman e il regno perduto, al cinema dal 20 dicembre, è anche la fine del mondo DC, il DC Extended Universe, come lo avevamo conosciuto fino ad ora. Come sapete, il mondo DC all’interno del cinema della Warner Bros è stato affidato a James Gunn, il papà dei Guardiani della Galassia, che è passato alla concorrenza e gestirà tutti i film della DC, ripartendo da zero con un nuovo taglio.
Questo secondo Aquaman, allora, va visto non solo come il capitolo conclusivo della storia del Re di Atlantide, ma come l’atto conclusivo di un intero mondo che, tra alti e bassi, ci ha fatto compagnia per più di dieci anni. Si chiaro, a livello narrativo chiude solo la storia di Aquaman. Lo fa con un film sempre in bilico tra il comico e lo shakespeariano, tra il serio e il faceto, tra saga familiare e afflato ambientalista, tra una voglia di avere una personalità sua e i tanti, troppi, riferimenti ad altre opere. Discontinuo, come lo è stato tutto il DC Expanded Universe.
Genere: Cinecomic, Azione
Durata: 124 minuti
Uscita: 20 dicembre 2023 (Cinema)
Cast: Jason Momoa, Patrick Wilson, Yahya Abdul-Mateen, Nicole Kidman, Dolph Lundgren, Amber Heard
La trama: Aquaman, Black Manta e il Tridente Nero
Non riuscendo a sconfiggere Aquaman (Jason Momoa) la prima volta, Black Manta (Yahya Abdul-Mateen), ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di annientare Aquaman una volta per tutte. Questa volta Black Manta, in possesso del potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malevola, è più temibile che mai. Per sconfiggerlo Aquaman si rivolgerà al fratello imprigionato Orm (Patrick Wilson), l’ex re di Atlantide, per forgiare un’improbabile alleanza. Insieme dovranno mettere da parte le loro divergenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman, e il mondo intero, da una distruzione irreversibile.
Cerco un centro di gravità permanente
È la fine del mondo DCEU, allora. Ma che cos’è stato? Immaginate di andare a una sorta di mostra monografica, credendo di guardare delle opere con uno stile coerente, e di iniziare la mostra con un Caravaggio e di finirla con un Warhol o un Basquiat. Sono esempi che non vertono sulla qualità delle opere, ma sullo stile. Iniziato con Man Of Steel, il DCEU, lanciato da Zack Snyder, doveva essere un mondo più cupo, dark, fatto di luci e ombre, adulto e drammatico. L’operazione di Snyder su Superman doveva riprendere, a modo suo, quella di Nolan su Batman.
Ma poi tutto è stato più volte rimesso in gioco. Il film sulla Justice League è stato affidato al regista degli Avengers, per rincorrere quel format e quelle storie, senza che fossero state preparate per essere vicine a quel mondo. E quell’universo filmico ha più volte cambiato rotta. E così arriviamo a questo Aquaman, un punto d’arrivo lontanissimo da quello di partenza. È farsesco, comico, poi d’un tratto tragico, poi di nuovo comico, senza avere mai un cento di gravità permanente. Come non lo ha mai avuto in questi anni il DCEU.
James Wan prova a dare un senso con messaggio ambientalista
È un mondo di eroi delegittimato, anche presso il pubblico, nel senso che, com’era accaduto in The Flash, vai a vedere queste storie sapendo che sono destinate a fermarsi, vai a vedere questi eroi sapendo che tra poco non saranno più loro, che in qualche modo sono stati licenziati. E in questo mondo svuotato di significati James Wan prova a dare un senso al tutto inserendo un forte messaggio ambientalista, con quel villain che fa alzare improvvisamente la temperatura della Terra di vari gradi, che poi non è fantascienza: è quello che stiamo facendo già noi. Ma il nuovo Aquaman, se da un lato lancia questo tema, dall’altro lo banalizza, perché se per farci vedere gli effetti negativi di quel carburante che sta avvelenando il mondo ci infila una sequenza con le formiche giganti, con le piante carnivore e le api geneticamente modificate e finisce per farci sorridere e buttare via un po’ dell’accoramento che avevamo avuto per questo tema.
Un film derivativo
È il momento in cui il film diventa quel cinema d’avventura degli Anni Trenta – Quaranta, però in 4K e con i colori vivissimi. Ma è per tutto il film che il nuovo Aquaman, che non avrebbe bisogno di farlo, insegue altri modelli. La lotta con i robot è Transformers, il Tridente Nero, che scatena una forza oscura in chi lo tocca è chiaramente Il Signore degli Anelli. Quella strana banda che suona è quella della taverna di Mos Eisley di Star Wars.
E il rapporto tra Aquaman e il fratello è quello tra Thor e Loki: ma questo è un gioco scoperto, perché è lo stesso Aquaman che lo chiama così in una battuta. E poi, come non vedere nel “Io sono Aquaman” finale quel “Io sono Iron Man” della rivale Marvel? In conclusione, Aquaman e il regno perduto è un film derivativo. E a tratti anche noioso. Ora si ripartirà da zero, con gli eroi in età più giovane, con James Gunn e Superman: Legacy. Questa storia finisce qui.
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Conclusioni
Come abbiamo scritto nella recensione di Aquaman e il regno perduto, è un film sempre in bilico tra il comico e lo shakespeariano, tra il serio e il faceto, tra saga familiare e afflato ambientalista, tra una voglia di avere una personalità sua e i tanti, troppi, riferimenti ad altre opere. Discontinuo, come lo è stato tutto il DC Expanded Universe.
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Voto ScreenWorld