Dopo una Fase Quattro movimentata a livello narrativo e produttivo, con non poche lamentele da parte dei fan su una presunta mancanza di anelli di congiunzione tra gli eventi dei vari film e delle serie televisive, ecco che la Fase Cinque del Marvel Cinematic Universe decide di partire col botto, entrando nel vivo della cosiddetta Multiverse Saga dopo i primi accenni nelle avventure di Loki, Spider-Man e Doctor Strange. E lo fa con una scelta un po’ curiosa come sottoinsieme del MCU da sfruttare per tale occasione, puntando su un personaggio le cui gesta solitamente pensano in piccolo. Di questo contrasto, e molto altro, parliamo nella nostra recensione di Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Ant-Man and the Wasp: Quantumania
Genere: Fantascienza
Durata: 124 minuti
Uscita: 15 febbraio 2023 (Cinema)
Cast: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Jonathan Majors, Kathryn Newton, David Dastmalchian, William Jackson Harper, Katy O’Brian, Bill Murray, Michelle Pfeiffer, Corey Stoll, Michael Douglas
La trama: venga il suo Regno Quantico
È passato un po’ di tempo da quando Scott Lang ha contribuito a salvare il mondo (anzi, l’universo) in Avengers: Endgame, cosa che lui continua a ricordare a chiunque gli capiti a tiro, campando sostanzialmente di rendita perché ha scritto un libro sulle sue esperienze da supereroe (inoltre, non deve mai pagare per il caffè perché il proprietario del bar lo scambia per Spider-Man). Il suo atteggiamento lo ha portato a un certo distacco con la figlia Cassie, che a insaputa del genitore si è creata un costume dotato di particelle Pym e ha costruito un marchingegno capace di sondare a distanza il Regno Quantico. Ma qualcosa va storto e padre e figlia si ritrovano nell’universo microscopico che esiste sotto il nostro, a livello subatomico. Anche Hank Pym, Janet e Hope Van Dyne sono dispersi lì dentro, e c’è un segreto che Janet non ha mai svelato al resto del gruppo che potrebbe avere ripercussioni fatali: nel Regno Quantico c’è una sorta di regime dittatoriale per mano di Kang il Conquistatore, il cui più grande desiderio è fuggire da questo microverso dove è stato esiliato perché, essendo un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, lui non può usare le proprie tecnologie multiversali per danneggiare mondi paralleli e linee temporali alternative.
Il cast: Kang alla conquista di tutti
Il cast storico delle avventure di Ant-Man è stato ridotto al minimo, per il motivo che non ci sono scene ambientate nel mondo umano per gran parte del film, e al fianco dei soliti Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Douglas e Michelle Pfeiffer arriva la carismatica Kathryn Newton, terza attrice a interpretare il ruolo di Cassie Lang. David Dastmalchian, che nei due film precedenti interpretava Kurt, qui presta la voce a Veb, una creatura che vive nel Regno Quantico, mentre William Jackson Harper e Katy O’Brian sono i suoi alleati Quaz e Jentorra. Bill Murray ha un ruolo minore, scritto su misura per lui, nei panni di Lord Krylar, un gangster attivo nel microverso, e Corey Stoll, che nel primo film era Darren Cross/Calabrone, torna in una nuova veste, tramutato in MODOK. E poi c’è Jonathan Majors, che dopo essere stato una delle sue varianti “buone” nella prima stagione di Loki qui esordisce ufficialmente nella parte di Kang il Conquistatore, storico antagonista Marvel che già con questa prima apparizione, molto più lunga di quanto concesso a Thanos prima di Avengers: Infinity War, dimostra di essere una figura ambiziosa, volatile e temibile, un degno candidato per la posizione di antagonista ricorrente nella seconda grande saga targata MCU.
Pensare in grande
Su richiesta, a quanto pare, del regista Peyton Reed, questo terzo capitolo delle avventure di Scott Lang è molto più ambizioso del solito, praticamente al livello di un film degli Avengers (o, se vogliamo essere filologici data l’ambientazione, dei Fantastici Quattro, che a breve esordiranno nel MCU) in termini di posta in gioco sul piano narrativo. Quasi più uno Star Wars sotto mentite spoglie (e si nota l’esperienza di Reed sul set di The Mandalorian) che un film di Ant-Man, un aspetto che il film stesso sottolinea con una certa autoironia quando Kang, che in altre linee temporali ha sterminato svariati Avengers (“Non sei quello col martello, vero?”, dice a Scott), fa notare la presunta disparità fra la minaccia che lui rappresenta e gli eroi mandati per affrontarlo: “Io sono Kang! Voi parlate con le formiche!”. C’è un piccolo grande paradosso al centro di un film che ha improbabilmente trasformato Lang nella figura più importante di questa prima ondata della Fase Cinque, per lo meno sul piano mitologico (dato che il prossimo lungometraggio, dedicato ai Guardiani della Galassia, difficilmente avrà legami espliciti con questa trama orizzontale).
Le piccole cose
E se lo sforzo è lodevole, con piccoli tocchi di classe come il tema musicale di Ant-Man e Wasp, sempre a cura del compositore Christophe Beck, che è quello storico ma reinterpretato con tonalità più epiche, c’è comunque l’impressione che, forse al fine di accontentare chi si era lamentato della fantomatica scarsa coesione tra i progetti della Fase Quattro, la Casa delle Idee abbia velocizzato i tempi permettendo a Kang di prendere in ostaggio un’avventura con cui avrebbe poco da spartire in circostanze normali. E difatti la componente spettacolare, impreziosita da Majors che è un villain di prima categoria, non riesce a compensare del tutto la mancanza di quella componente più intima e al contempo spensierata che caratterizzava i due lungometraggi precedenti (l’assenza totale di Michael Peña si fa sentire), lasciando il povero Scott e i suoi amici in balìa di eventi molto più grandi di loro. Anche dietro le quinte.
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La recensione in breve
La Fase Cinque del Marvel Cinematic Universe inizia con un'ottima entrata in scena per Kang il Conquistatore, anche se non si capisce perché fosse necessario situarla all'interno di un film di Ant-Man, che si dimostra un eroe forse troppo piccolo per un'avventura così opulenta.
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Voto ScreenWorld