Il Cinema di Lynne Ramsay è diventato tale perché ha saputo sempre trovare il modo più potente per raccontare il dolore. Le spire delle sue sequenze nascono da ombre e destini avversi, spesso oscuri, che soltanto nelle narrazioni più intime e profonde hanno saputo trovare spazio per emergere. Se i suoi film precedenti riuscivano a sublimare quell’intimità spesso obbligata, Die, my love si rivela un’apoteosi esasperata oltre ogni eccesso. Un dramma sulla depressione post-partum (forse un horror sulla maternità) tanto angosciante quanto brutale, che nello sguardo di Jennifer Lawrence ritrae il dedalo di un turbamento apparentemente figlio del delirio – eppure ancora difficile da decifrare.
In un’America di assenze e periferie perdute, l’adattamento dell’omonimo romanzo di Ariana Harwicz porta in scena l’individualità avvilente e alienante che conduce una donna a perdere lentamente se stessa. L’elemento più interessante di Die, my love si muove sinuosamente tra i deliri della sua protagonista, ragionando e colpendo lo spettatore con un paradosso: com’è possibile che un gesto meraviglioso come dare la vita generi una perdita tanto dolorosa da distruggere ogni cosa? La Ramsay non vuole offrire risposte certe, ma in questa corsa disorientante e forsennata oltre i confini dell’oblio capita spesso di sentire qualcosa insinuarsi nella mente per restare lì a lungo.
Genere: Drammatico, Horror
Durata: 118 minuti
Uscita: tba (Cinema)
Cast: Jennifer Lawrence, Rober Pattinson, Sissi Spacek
Deliri o dolori?

Die, my love è (forse volutamente) il film più incasinato visto a Cannes: un’opera sorretta più dagli eccessi che dalle soluzioni creative. Anche se fosse questa l’intenzione della regista, l’impressione è che il film sia stato curato per sconvolgere a tutti i costi in un contesto come quello dei Festival senza però curarsi della sua resa d’insieme. Nonostante lo stile della Ramsay sia indiscutibilmente valido, con soluzioni che fanno ancora brillare gli occhi per la loro forza comunicativa, alcune sequenze soffrono il montaggio e non riescono a sortire l’effetto sperato. Il risultato è altalenante, nel migliore dei casi. Il fatto che, in pochi istanti, la regista riesca ancora a trovare la propria via verso la mente dello spettatore oltre lo schermo non fa altro che rendere ancor più difficile giudicare a dovere il prodotto nella sua interezza.
Jennifer Lawrence diventa nelle mani della Ramsay donna, marionetta, animale: la protagonista di Die, my love è un’entità femminile cangiante in conflitto con il suo stesso sentire. Così ogni scena si fa elemento di rottura, con l’assenza che si trasforma in incubo scostante e violento. Forse non è così necessario comprendere uno struggimento simile (probabilmente il maschile non potrebbe neppure farlo, come testimonia il personaggio di Robert Pattinson), ma porre la giusta attenzione si rivela fondamentale per cogliere l’esigenza emotiva di un’artista, una donna, che rappresenta in maniera quanto mai personale istanti inevitabili di intimo abbandono.
Oltre la forma

Non basta escludere il gioco di prospettive: Die, my love resta un film con importanti difficoltà – tanto nella gestione dei suoi talenti, quanto nella gestione del ritmo. Nonostante questo, la Ramsay è talmente spregiudicata da liberarsi di ogni peso e procedere senza timore oltre la superficie. Quando la regista si scosta dal cervellotico (che a tratti spingerebbe a richiamare Madre! di Aronofsky) e si concentra sul proprio stile, emergono alcuni momenti che lasciano il segno e crescono man mano che ci si allontana dalla visione. Opere del genere sono esperienze, in tutto e per tutto: pugnalate che colpiscono a fondo, ma che cambiano forma nel tempo.
Die, my love sarà un film di nicchia, nettare per cinefili particolarmente incalliti e per circuiti festivalieri. Per la maggior parte degli spettatori, sarà un’opera dall’enorme potenziale che cresce o repelle alla distanza, con la riflessione. Lynne Ramsay è dotata di una veemenza rara per il cinema contemporaneo, spinta dal coraggio di un raccontare ciò che vuole senza compromessi. Se, nonostante tutto, la pellicola lacera la carne e si imprime nella mente è perché in quella veemenza si percepisce qualcosa di estremamente profondo. Oltre questo orrore di bisogni e desideri, c’è una bestia interiore che ha dovuto imparare a convivere con il dolore.
Conclusioni
Con Die, my love Lynne Ramsay firma un ritorno veemente e delirante. Un'opera che trasforma la maternità in un orrore talmente intimo da divenire universale. Ci sono decine di elementi che meriterebbero più spazio, più libertà di fluire, ma nel suo rigore martellante Ramsay continua a sorprendere e a far riflettere. Die, my love rischia troppo spesso di soffrire per i suoi stessi eccessi, eppure la sua capacità di scavare a fondo nella mente dello spettatore riesce a evitare un collasso altrimenti assoluto.
Pro
- La potenza visiva della Ramsay emerge in tutta la sua brutalità, con diverse scene che restano impresse a lungo anche dopo la visione
Contro
- Jennifer Lawrence viene sì portata all'estremo, ma il resto del cast e degli sviluppi narrativi ne risente parecchio
- Le sequenze si fanno spesso respingenti a causa di un ritmo e un'esasperazione troppo altalenanti
-
Voto ScreenWorld