È da poco arrivato in streaming su Disney+ (a livello internazionale) Barbarian, mentre è ancora in sala Smile. Due film horror molto diversi, ma accomunati da strategie di distribuzione che, per lo meno sul mercato americano, dimostrano che la presunta supremazia audiovisiva dello streaming è ancora un elemento illusorio. In questa sede proviamo a spiegarne il perché, partendo dalla nozione del test screening, una realtà comune nel cinema americano che spesso viene demonizzata a torto.
L’importanza del test
È la prassi, soprattutto per le major hollywoodiane, organizzare proiezioni test di film non ancora completati per capire se c’è qualcosa da sistemare o a quale pubblico rivolgersi. Spesso hanno influito sul cinema horror, come nel caso de Il silenzio degli innocenti (Jonathan Demme aveva inizialmente deciso di non mostrare l’evasione di Hannibal Lecter, salvo poi ricredersi dopo la proiezione del primo montaggio) o Scream (Wes Craven aveva girato apposta una scena in cui Dewey Riley sopravviveva, in caso il pubblico test obiettasse al finale originale dove lui moriva). A volte portano alla rimozione di intere sottotrame o di certi personaggi, e sono particolarmente importanti per le commedie e per i thriller/horror, per capire se il ritmo delle risate e/o degli spaventi funziona.
Cinema o piattaforma?
Nel caso specifico di Barbarian e Smile, il pubblico test è stato determinante per un altro motivo: entrambi i film erano inizialmente previsti come titoli che sarebbero andati direttamente in streaming, rispettivamente su Hulu/Disney+ e Paramount+, ma le reazioni alle proiezioni preliminari hanno convinto i rispettivi studios a tentare la strategia dell’uscita cinematografica (anche se per Barbarian questo è stato solo parziale, poiché fuori dagli Stati Uniti è andato dritto sparato su piattaforma, in concomitanza con il debutto streaming su HBO Max in patria). Una scelta che si è rivelata propizia: Barbarian nei soli Stati Uniti ha incassato 42 milioni di dollari, quasi dieci volte il suo budget, mentre Smile nel mondo intero è arrivato a quasi 170 milioni, anche in questo caso in prossimità di dieci volte quello che è costato. Il produttore di Barbarian ha persino festeggiato la cosa facendo uscire un secondo trailer che sottolinea, con fare un po’ ironico, la presenza di Justin Long (vedi video sopra).
La rivincita della sala
Dall’inizio della pandemia gli studios hollywoodiani hanno cominciato a ragionare maggiormente in termini di streaming, considerandolo una fonte di guadagno maggiore rispetto alla sala cinematografica, al netto delle lamentele degli addetti ai lavori (e va sottolineato che quello che è il caso più notevole di lungimiranza distributiva – Paramount che ha tenuto Top Gun: Maverick sotto chiave per quasi due anni per poterlo mandare in sala – era in realtà frutto della volontà di Tom Cruise e del produttore Jerry Bruckheimer, non della major). A volte con risultati disastrosi, come la famigerata decisione della Warner di far uscire tutti i suoi titoli del 2021 in modalità ibrida, simultaneamente al cinema e su HBO Max, o l’attuale strategia della Disney con la Pixar che potrebbe aver danneggiato il box office di Lightyear. Oppure, restando in ambito horror, il caso curioso di Hellraiser, al momento disponibile solo su Hulu negli USA e quindi bersaglio ideale per i sedicenti cinefili che sono troppo impazienti per aspettare che sia legalmente reperibile in altri territori (o Halloween Ends che avrebbe perso una parte di pubblico facendosi trovare anche su Peacock in patria). Per questo è importante valorizzare anche fenomeni ibridi come Barbarian, che con fare subdolo, spuntando quasi dal nulla (perché nessuno voleva produrlo), dimostrano che l’esperienza condivisa della sala oscura non è solo per i blockbuster ad alto tasso di spettacolo. Va bene anche per storie più piccole a base di affitti con sorpresa e sorrisi diabolici.
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