Cosa è successo negli ultimi anni? Quelli che fino a poco tempo fa erano considerate delle chimere nel mondo della televisione e del cinema, sono improvvisamente diventati alcuni dei prodotti più richiesti del pubblico. Parliamo dei famosi “adattamenti dei videogiochi“, che storicamente hanno collezionato insuccessi uno in fila all’altro, con esperimenti spesso mal riusciti o alle volte addirittura con re-interpretazioni piuttosto tragiche. Da chimere a must have, dicevamo. In effetti nel giro di un paio d’anni la tendenza si è totalmente invertita. Il merito è di esempi virtuosi non solo al botteghino quanto nella risposta della critica e del pubblico – basti pensare a Super Mario e The Last of Us o per rimanere agli ultimissimi giorni a Fallout.
Certo, prodotti non sempre perfetti e impeccabili ma straordinariamente sopra la media. Quello che vale la pena chiedersi è: come mai? Come si è arrivati ad invertire totalmente questa tendenza e cosa possiamo aspettarci dal futuro? La risposta, come spesso accade, è da ricercarsi nella genesi creativa e nella direzione esecutiva di produttori e network. Più rispetto del materiale originale, più capacità nel rendere la scrittura asciutta ma al tempo spesso emotiva, più umiltà nel capire che il medium di provenienza gode di enormi potenzialità e un pubblico di riferimento prossoché infinito.
Fuori dal Vault
Partiamo dal caso più recente, che nelle scorse settimane ha raccolto il favore di chiunque, dalla critica al pubblico passando per i fan hardcore e quelli meno avvezzi al genere. Fallout, disponibile su Prime Video, è per l’appunto l’adattamento dell’omonimo videogame prodotto da Bethesda – azienda produttrice di videogiochi che è recentemente stata acquisita da Microsoft, quindi Xbox. L’ambientazione è un futuro distopico post- apocalittico dove l’America è stata bombardata a cavallo degli anni ’70 con effetti chiaramente devastanti sulle persone e sulla società. Fra alcuni di questi “effetti collaterali” ci sono i Vault, ovvero strutture sotterranee dove pochi fortunati hanno avuto la fortuna di crescere e riorganizzarsi, con lo scopo di tornare a camminare per il mondo e ripolarlo una volta che i danni delle radiazioni saranno scomparsi. Nel gioco, si impersona quasi sempre un abitante di questi Vault che sarà chiamato a confrontarsi con il mondo esterno anticipatamente rispetto al piano originale. Fuori dal bunker, il protagonsita dovrà fare i conti con ciò che è rimasto del mondo precedente, fra minacce d’ogni tipo e segreti da svelare.
Ecco, la serie ricalca pedissequamente la struttura del gioco, mantenendo al centro tutte le dinamiche principali e sviluppandoci attorno la sua storia antologica. Conservare i pilastri del materiale originale non è un atto dovuto, quanto dimostrazione di aver capito la bontà e la qualità dello stesso, evitando quindi di stravolgerlo – se il gioco piace a milioni di utenti, perché non può farlo anche una serie tv che ne conservi le stesse caratteristiche? Tutto il resto (dai costumi alla fotografia, passando per sceneggiatura e set ricostruiti ad hoc), hanno la capacità di essere freschi ed accattivanti non solo per i fan del gioco, ma soprattutto per il pubblico che non aveva idea di cosa fosse Fallout. Per semplificare e portare un esempio concreto, è simile a quanto fatto de Kevin Feige con il MCU: attingere dall’origine con grande coscienza e capacità, adattando la formula al grande e al piccolo schermo. Senza la necessità di stravolgere alcunché.
Cosa ci aspetta?
Se Fallout è l’ultimo in ordine di tempo, guardando al futuro ciò che arriverà nel corso dei prossimi anni è da far cadere la mascella. Se gli studios continueranno ad usare questo approccio e mettere nelle mani di creativi con cognizione di causa determinati progetti, il “mondo” sta per scoprire alcune perle inestimabili della cultura e della narrativa pop. Come non citare God Of War, sempre in sviluppo presso Amazon, piuttosto che Bioshock e Zelda, senza dimenticare la seconda attesissima stagione di The Last of Us. Sappiamo molto bene che Hollywood è bravissima a “battere il ferro finché è caldo”, quindi in questa onda di grande entusiasmo per il sub-genere dei “videogame adaptation” è lecito aspettarsi grande enfasi nel prossimo futuro. E per fugare ogni dubbio, è bene subito chiarire che la definizione di sub-genere è più una comodità che una realtà.
Quando si portano su schermo storie appassionanti raccontate in modo esemplare o comunque responsabile, la categorizzazione diventa inutile. L’essere un adattamento di qualcos’altro può essere da una parte motivo di godimento accessorio per il fan del franchise, dall’altro un piccolo aiuto per chi quel prodotto lo sta realizzando – avendo una linea guida da seguira. Quindi sarebbe bene perdere l’abitudine di dover per forza appicciare etichette a ciò che guardiamo, leggiamo, ascoltiamo – o comunque evitare definizioni che sviliscano o esaltino aprioristicamente. I videogiochi dimostrano ormai da decenni di aver moltissimo da dire; è finalmente arrivato il momento che ne accorgano tutti.
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