Parlare di un cineasta del calibro di Sergio Leone non è propriamente facile. Si è detto tanto sulla sua filmografia, la sua vita, l’eterna collaborazione con Ennio Morricone e tutta la gavetta che ha dovuto passare prima di essere il regista che tutti conosciamo: nato da padre regista e madre attrice, esordiente come comparsa in Ladri di Biciclette, aiuto regista in Ben-Hur (sua è la regia della seconda unità nella celebre corsa delle quadrighe). Si può serenamente affermare che Leone sia stato uno dei registi italiani più autorevoli del Novecento, soprattutto per un fatto: quando viene nominato è impossibile non pensare al contributo che ha dato ad un genere cinematografico tutto statunitense come il western.
Sette lungometraggi, una filmografia breve, ma tutte nel segno del cult. Ancora oggi si può riconoscerlo nei suoi bellissimi primi piani, nell’atmosfera epica che trasudano i suoi personaggi, nei suoi antieroi imprevedibili e contraddittori, con luci ed ombre, errabondi nel loro peregrinare a caccia del malloppo o di un senso nella vita, senza dimenticare le splendide colonne sonore orchestrate da Ennio Morricone, compagno di scuola dello stesso Leone. Insomma, un nome, una garanzia. Ma conosciamo meglio tutti i film di Sergio Leone dal peggiore al migliore, per riscoprirne la poetica.
7. IL COLOSSO DI RODI (1961)
Terzo secolo a.C., Rodi. L’eroe greco Dario sbarca sull’Isola di Rodi per far visita allo zio Lisippo e riposarsi, finalmente lontano dai campi di battaglia. Durante una festa nel palazzo del re Serse, conosce la bella Diala, figlia di Carete di Lindo, l’autore della statua. Mentre flirta con lei, si ritrova immischiato in un complotto contro il sovrano di Rodi. L’esordio di Sergio Leone è lontano anni luce rispetto alle opere che arriveranno negli anni successivi. Trattasi di un lungometraggio figlio del suo genere e affidato al regista di Roma dopo le varie esperienze sul campo, il quale dirige una storia con personaggi nella norma, caratterizzata da momenti poco esaltanti, nonostante si possano intravedere i primi germi della sua filmografia. Fu un lungometraggio girato per scopi prettamente commerciali, un primo banco di prova per un regista che, tre anni più tardi, avrebbe radicalmente svoltato pagina inserendosi nelf filone western. L’ultima posizione non lo definisce come un pessimo film, questo è sicuro, ma lo tiene qualitativamente lontano dal resto della produzione leoniana.
6. GIÙ LA TESTA (1971)
Nel pieno della rivoluzione messicana del 1913, Juan Miranda assale una diligenza insieme alla sua banda, composta dai suoi sei figli, l’anziano padre e altri membri della famiglia. All’improvviso si sentono alcune esplosioni e dal fumo di queste fuoriesce John Mallory, un esperto dinamitardo ed ex rivoluzionario dell’IRA, peregrino in Messico per fuggire dagli inglesi. Juan vede in lui il perfetto tramite per entrare nei sotterranei della banca di Mesa Verde e derubarla. A tre anni da C’era una volta il West, Leone continua la sua trilogia del tempo esplorando i meandri della rivoluzione messicana con un modus operandi differente dalle precedenti pellicole.
Non ci sono gringo e pistoleri alla ricerca dell’oro, lo spettatore oscilla tra la comicità di Miranda e la drammatica situazione politica di un paese dilaniato dalla rivoluzione, mostrando come tutta la violenza che proviene dai piani alti possa ripetersi nella stessa maniera anche nei coraggiosi ribelli. Mischia politica ed avventura, risultando un’opera d’intrattenimento in cui la mano del regista, voluto fortemente dai due attori principali Rod Steiner e James Coburn, si intromette specialmente in una sceneggiatura dai tempi dilatati ma intrisa di critica sociale che non risparmia nessuno. Da considerare un unicum nella filmografia di Leone, un’opera matura che ha segnato il distacco definitivo dal filone western.
5. PER UN PUGNO DI DOLLARI (1964)
Il primo, l’archetipo, l’inizio. La storia del pistolero Joe (Clint Eastwood) giunto a San Miguel, al confine tra Messico e Stati Uniti, che dovrà dividersi nella faida tra la famiglia Baxter, commercianti d’armi, e i Rojo, tra fratelli contrabbandieri di alcol. È l’occasione perfetta per racimolare qualche dollaro in più e saldare il debito col vecchio Silvanito. Per un Pugno di Dollari non è un western come tutti gli altri. Un remake – o meglio un plagio – dell’opera Yojimbo (1961), di Akira Kurosawa, che grazie alla regia di Sergio Leone e le formidabili musiche di Ennio Morricone, si prende la nomea di fondatore del filone tutto italiano degli spaghetti-western, con sequenze immerse in un silenzio di tensione, dalla miccia pronta ad esplodere in ogni istante.
Famosi i primi piani sui volti dei duellanti, una caratteristica fondamentale per riconoscere le opere del cineasta romano, dalla quale sfocia tutta l’epicità dell’azione e dei suoi protagonisti. Un primo tassello di una trilogia in cui si rielabora il mito americano della frontiera, lontano dalle riserve degli indiani d’America e giocato tutto sul doppio gioco orchestrato dal protagonista, un Clint Eastwood sconosciuto all’epoca, ma che col suo immancabile poncho e lo sguardo vitreo emanato dai suoi occhi azzurri ghiaccio, è riuscito ad entrare nella storia del cinema e nel cuore dei cinefili.
4. PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ (1965)
Sullo sfondo del Nuovo Messico, tre uomini sono a caccia di denaro: il Monco (Clint Eastwood) si guadagna da vivere come cacciatore di taglie, l’ex colonnello Douglas Mortimer (Lee van Cleef) non è da meno, mentre El Indio (Gian Maria Volonté), capo di una banda di feroci criminali, viene liberato dai suoi uomini da un carcere messicano. Quando Mortimer viene a scoprire dell’evasione del celebre fuorilegge, si mette sulle sue tracce per vendicarsi, ma si troverà in combutta col Monco, interessato solo a intascare la taglia. Il secondo capitolo della Trilogia del Dollaro alza l’asticella e riesce a mettere in scena una trama più complessa e interiore, libera dalle catene imposte dalla produzione di Per un pugno di dollari.
La regia di Leone raggiunge dei picchi altissimi, rapendo lo sguardo dello spettatore nei suoi duelli ricchi di attesa snervante, inquadrature gestite magistralmente, soprattutto nell’ultimo atto, nel quale vi è un chiaro anticipo del triello de Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Una storia più intima e più profonda, nella quale partecipa attivamente le musiche del sempreverde Morricone, col suo motivetto fischiettato che, nel suo lungo andare, straripa nell’epicità, pronto a dare man forte alle scene clou. Una decisa maturazione stilistica rispetto al suo predecessore e il trampolino di lancio per il sequel.
3. C’ERA UNA VOLTA IL WEST (1968)
Da qui in avanti dovrebbe esserci un podio, ma facciamo finta che siano tutti a pari merito, perché C’era una volta il West non ha nulla di meno rispetto ai prossimi pezzi da novanta che occupano le due posizioni successive. Brett McBain possiede un terreno a Sweetwater. Mentre aspetta l’arrivo della sua nuova moglie Jill (Claudia Cardinale), viene ucciso dal bandito Frank (Henry Fonda), mandato come sicario da un magnate delle ferrovie, tale Morton. Sulle tracce di Frank, però, c’è un misterioso straniero denominato Armonica (Charles Bronson). La prima opera legata alla trilogia del tempo.
Tagliato dalla Paramount per l’uscita statunitense. Ennio Morricone alla guida di una colonna sonora commovente, solenne e tra le più belle della storia del cinema. Una regia perfetta. Cosa altro c’è da dire? C’era una volta il West è il canto del cigno di Sergio Leone all’interno del genere western, una storia dove gli avventurieri sono al capolinea, protagonisti di un’era che non c’è più, segnata ormai da una feroce industrializzazione, dove i padroni delle strade non sono più le bande di criminali e assassini, ma i proprietari delle ferrovie, della tecnologia. Una narrazione che procede di grandi carrellate e dei famosi primi piani sullo sguardo dei personaggi, né buoni né malvagi, ma solamente uomini dal destino segnato dall’avidità, dalla vendetta e dalla morte.
2. IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO (1966)
Il buono è Il Biondo senza nome (Clint Eastwood), un pistolero che si guadagna da vivere consegnando criminali alla giustizia. Il brutto (Eli Wallach) è Tuco Ramìrez, un fuorilegge messicano che aiuta il Biondo a intascare la propria taglia, per poi farsi salvare poco prima dell’impiccagione. Il cattivo è Sentenza, un bounty killer incaricato di trovare un ex commilitone dell’esercito sudista di nome Bill Carson. Nel bel mezzo della guerra di secessione americana, questo improbabile trio sarà protagonista di una lunga caccia al tesoro culminante nel finale che farà scuola. Il capitolo conclusivo della Trilogia del Dollaro racchiude tutto ciò che abbiamo visto fino ad ora negli spaghetti western di Sergio Leone.
L’ineccepibile lavoro del cineasta italiano fonde la finzione con la realtà storica per narrare un’avventura che si distacca dalla staticità rappresentata nelle due opere precedenti. Proseguendo in una successione di tradimenti tra amici-nemici, si assiste ad una narrazione episodica che raggiungerà il suo culmine nello stallo alla messicana, il famoso triello, in cui il lavoro di Leone viene reso perfetto dal montaggio e l’evocativa, oltre che tensiva ed immortale, musica ideata da Morricone. Gli sguardi che si incrociano durante l’attesa. Quei piccoli dettagli sui movimenti delle mani, pronte ad estrarre la pistola e sparare quel colpo decisivo. Uomini e denaro, un connubio che ha caratterizzato l’epoca del vecchio West, qui totalmente ribaltato nella sua narrazione di canaglie dal cuore d’oro e gentaglia senza scrupoli che fanno solo il loro lavoro. Non la fine di quell’epoca come si vedrà in C’era una volta nel West, ma il cinema più completo del genere compiuto da Leone.
1. C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA (1984)
Quarant’anni di storia americana vissuta dallo spettatore attraverso le vicissitudini di David “Noodles” Aaronson (Robert de Niro), che muove i suoi primi passi come gangster assieme ai suoi amici nelle strade del Bronx. Si vedranno le gesta di questa combriccola attraverso gli anni del proibizionismo americano, con un salto temporale verso la fine degli anni Sessanta, dove Noodles dovrà fare i conti col proprio passato. Se C’era una volta il West apriva la trilogia del Tempo e ci introduceva nel crepuscolo del West, nonché all’ultima fatica di Leone all’interno di un mondo che lo aveva accompagnato per tutti gli anni Sessanta, con annessa ripresa, seppur minima, in Giù la Testa, nell’ultima (ahinoi) opera del maestro non ci troviamo più sotto il sole cocente della frontiera americana, tra cacciatori di taglie e banditi, ma nel Novecento dei gangster statunitensi.
È un distacco notevole dai suoi lavori precedenti. Ciononostante non lo rende meno capolavoro di quello che è. C’era una volta in America è pura arte cinematografica dall’inizio alla fine, una narrazione che non vuole proseguire su binari semplici, preferendo sballottarci tra passato e presente nella vita di un criminale che ha vissuto il sogno americano dettato dalle leggi di strada, dal proibizionismo, trascorrendo le sue giornate da adolescente a ricattare mercanti e bruciare negozi, fino a diventare un gangster di tutto rispetto, pur vivendo la sua vita andando in cerca dell’amore perduto.
Ma si rivivono quei momenti con una crescente malinconia, rimembrando un passato ormai svanito nell’oceano del tempo. Un mondo che cambia, ma per Noodles no. La maestria di Leone sta nel rendere ogni sequenza clou così iconica, così coadiuvata dalla meravigliosa e mai banale orchestrazione del genio che è Ennio Morricone, qui alla sua massima potenza nel cinema del suo compagno di scuola. Un’opera totale, immersiva, quasi onirica nel suo dimenarsi all’interno della cronologia degli eventi. Un pezzo di storia che tiene a ricordare come i ricordi possano essere tanto importanti quanto traumatici, di come la realtà va accettata così com’è. Noodles è come Armonica e Frank: un uomo che vive nel passato per non accettare un presente che lo schiaccia con i sensi di colpa.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!