La saga di Final Fantasy condivide con pochi altri illustri colleghi uno status per nulla banale, ovvero essere facilmente associato a qualunque discorso riguardo la storia del videogioco. Dal 1987 ad oggi, non c’è pubblico che non si sia approcciato, almeno una volta, in uno dei tanti titoli di questo eterno franchise, che siano capitoli numerati o spin-off.
Da pochi giorni è uscito Final Fantasy XVI e come spesso capita non sono mancate le critiche. Ma è proprio tra queste che si può avviluppare un discorso che mette in risalto un elemento fondamentale dell’evoluzione del franchise; infatti mentre i giochi continuano ad andare avanti, rinnovando sempre le proprie fondamenta, è il pubblico che sembra arrivare con il fiatone, non riuscendo ad afferrare importanti sfumature e trasformando questo disagio in una critica a cuore aperto.
Ma in un mondo dove Final Fantasy è sempre stato sinonimo di rivoluzione e ricerca della novità, si può davvero dire che questo Final Fantasy XVI non sia un vero Final Fantasy? E qual è la stessa eredità della saga?
Final Fantasy e fan: un delicato rapporto
Dopo Final Fantasy X qualcosa sembra essersi rotto nel rapporto tra Final Fantasy e tutti i suoi videogiocatori appassionati. Da Final Fantasy XII in poi (tralasciamo i capitoli XI e XIV, essendo due MMORPG online) il franchise ha subito notevoli evoluzioni, andando a mutare progressivamente la sua formula di gioco.
Questo procedimento ha sempre risposto alla necessità di rimanere al passo con i tempi, giacché anche se il nome di Final Fantasy evocava emozioni di primissima qualità in ogni videogiocatore, la formula di gioco necessitava di ottimizzazioni e rivoluzioni interne. Proprio da qui c’è stata una forte rottura, dove i fan più accaniti hanno visto queste evoluzioni come un tradimento di una cieca fiducia riposta nel corso degli anni. I capitoli XII, XIII e XV sono stati sacrificati sull’altare dei titoli che non meritavano di essere chiamati Final Fantasy perché di tal franchise, ormai, non ne era rimasta più neanche l’ombra.
Proprio qui avviene uno dei paradossi di queste affermazioni: sin dai primi capitoli, Final Fantasy ha sempre rinnovato la sua proposta videoludica, rivoluzionandosi sempre per rimanere altamente fresca. La solidità del sistema di gioco dei primi cinque Final Fantasy era dovuta a limiti dell’hardware, con il sesto che presentava una forte rivoluzione sul fronte narrativo per poi esplodere nel fenomeno chiamato Final Fantasy VII.
Nel giro di tre capitoli il franchise aveva sovvertito le sue stesse regole, rivoluzionato l’industria e dimostrato che anche a fronte di forti cambiamenti, la magia della fantasia finale rimaneva intatta. Ecco perché si può affermare con forti convinzioni che attribuire un senso di fedeltà ad un prodotto che mai è rimasto fedele a se stesso è decisamente sbagliato.
La rivincita
Uno dei casi emblematici del lungo e tortuoso franchise di Final Fantasy lo si può ritrovare in Final Fantasy XII. Uscito nel 2006, il titolo è stato salutato dalla critica come un ottimo gioco. Al contrario i fan lo accolsero come l’ennesimo tradimento delle origini dato che, per la prima volta, si tentava una rivoluzione riguardante il sistema di combattimento: niente più turni, bensì un sistema più aperto, libero, sempre scandito da ritmi prestabiliti, ma decisamente incline ad un combat system in tempo reale, adottato poi dagli ultimi due capitoli più recenti.
Parliamo di rivincita perché al netto della pietra tombale che il pubblico volle mettere su questo capitolo, nel 2017 il gioco tornò sugli scaffali di tutto il globo con una remaster importante, che sfruttava appieno il complesso sistema di classi, il Gambit e tutte le sfumature di quello che si può considerare come uno dei Final Fantasy più ricchi e inclini alla sperimentazione del proprio party.
Con The Zodiac Age, Final Fantasy XII si è preso una rivincita importante, mettendo luce sui tanti pregi, riuscendo ad ottenere una grande rivalutazione anche da chi al lancio lo aveva bollato come brutto o non fedele al canone di Final Fantasy.
L’eredità di Final Fantasy
All’uscita di Final Fantasy XV (gioco che ha avuto molteplici problemi produttivi) e di questo Final Fantasy XVI, giochi che supportavano un sistema di combattimento in tempo reale, alla passione di molti sono riemersi anche i commenti circa l’appartenenza o meno di questi capitoli a quelli che vengono definiti come i “veri” Final Fantasy.
Ma mentre la serie evolve e guarda verso altri orizzonti, condizione necessaria per resistere al tempo e togliere quella patina di ruggine e polvere, al netto delle tante proclamazioni di cosa sia o meno Final Fantasy, il grande delitto è quello di non aver voglia, tempo o curiosità di provare tutti quei giochi che sicuramente non sono Final Fantasy, ma vogliono senza filtri ricreare quelle sensazioni magiche provate decadi or sono.
Parliamo di un The DioField Chronicles, o ancor meglio, di Octopath Traveler di cui è uscito recentemente un secondo capitolo, senza dimenticare Triangle Strategy o Bravely Default. Tutti questi giochi racchiudono nel loro DNA le forti ispirazioni dei primi Final Fantasy, proponendo un sistema di combattimento a turni misto ad una realizzazione in graziosa pixel art.
Le alternative ci sono e non è un crimine appassionarsi di più ad un “clone” di Final Fantasy che alla saga madre. Questa sta mutando, portando novità, rivoluzioni, critiche e lodi, ma al crescere dei capitoli e della popolarità, tanti sono gli sviluppatori che tentano di ricreare quelle piacevoli sensazioni provate sulle pelle davanti ad uno schermo pieno di pixel e personaggi iconici. Se è vero che più ci si avvicina al sole e più grande diventa la nostra ombra, allora alla diretta evoluzione di Final Fantasy ne conseguono sempre più giochi che si ispirano ai primi capitoli, pronti a soddisfare i sentimenti e i gusti di tutti i videogiocatori.
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