Ci sono film che lasciano interdetti. Film davanti ai quali è lecito porsi almeno una domanda: “Cosa ho appena visto?”. Non è sempre un male, anzi. Perché l’indigestione, ogni tanto, è l’effetto collaterale del buon cinema che spiazza ed evita ogni rassicurazione. Purtroppo, però, non è questo il caso. Perché questa volta Todd Haynes forse non è riuscito a trasformare le sue nobili intenzioni in un film davvero capace di affondare il colpo e scuotere. Non è successo perché l’indigestione lascia presto spazio all’amaro in bocca davanti a questo scialbo melodramma che prova a graffiare senza riuscirci mai.
Apriamo la nostra recensione di May December senza nascondere la nostra delusione davanti a uno dei film meno convincenti di questo Festival di Cannes 2023. Un’opera che cerca di svelare (e smontare) le dinamiche della fiction utilizzando il linguaggio della soap opera. Riuscendoci poco e abbastanza male.
May December
Genere: Drammatico
Durata: 113 minuti
Uscita: 20 maggio 2023 (Cannes)
Cast: Julianne Moore, Charles Melton, Natalie Portman
Scorie di un matrimonio
Provare a sfiorare una vecchia verità per creare una nuova finzione. È questo il grande obiettivo di May December. Todd Haynes, infatti, ci mette nei panni di Elizabeth (Natalie Portman), attrice intenzionata a studiare con dedizione la sua nuova parte. Nel suo prossimo film dovrà vestire i delicati panni di Gracie (Julianne Moore), donna dal vissuto burrascoso, visto che in passato ha intrapreso una relazione con un tredicenne, ora diventato suo marito e padre dei suoi figli. Un caso che ai tempi fece scalpore, con tanto di gogna mediatica servita sul piatto d’argento dai tabloid. Dopo vent’anni è giunta l’ora di rievocare quello scandalo con un film di cui sapremo e vedremo pochissimo.
May December è tutto dedicato alla sua scrupolosa preparazione, con Elizabeth che proverà a sintonizzarsi con il dolore mai davvero sopito di Gracie. Peccato che il suo sarà un interesse superficiale, che non riesce mai ad affondare il colpo nel dolore e nel dramma. Una scelta imposta da Haynes, che si ferma volutamente in superficie. Come se la voglia di sfogliare una rivista alla ricerca della verità cedesse il passo alla voglia di ammirare soltanto i titoli in copertina.
Lontane dalla verità
È un continuo gioco di specchi in cui ci si orienta a fatica e la realtà scivola di continuo dalle mani. In May December tutto sfugge. Sfuggono i personaggi, con cui non si entra mai in sintonia e sembrano respingersi tra loro. Sfugge il rapporto tra queste donne mai davvero connesse, perché messe su due piani diversi. Da una parte c’è una Natalie Portman mai davvero empatica, glaciale nel suo studio analitico. Intenzionata a imitare, non a capire. Una donna radicata nel presente e orientata al futuro. Dall’altra la Gracie di Julianne Moore, sempre ondivaga, ancora ferita, persa nel suo passato.
Perché sul suo matrimonio non c’è soltanto la macchia di quel vecchio scandalo, ma anche nuovi problemi che nessuno ha il coraggio di svelare. Tutti sguazzano nella finzione o la cercano di mestiere, insomma. E nel tentativo anche May December si pone a metà strada tra il dramma autentico e la sua imitazione. Ne viene fuori uno strano ibrido, spesso fuori tono, dove tutto è troppo carico. Come la fotografia patinata da film romantico anni Novanta. Come la sua colonna sonora invadente. Come le interpretazioni forzate di Portman e Moore (mai affiatate per ovvi motivi). Come una regia indecisa nella direzione da prendere, che sfiora persino il grottesco trasformandolo in ridicolo involontario. È abbastanza lampante cosa Haynes volesse dirci e cosa volesse fare. Peccato soltanto che non ci sia riuscito affatto.
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La recensione in breve
Indeciso nel tono e nella direzione, May December delude Cannes con un pigro melodramma che cerca di riflettere sulla finzione senza riuscirci davvero.
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Voto ScreenWorld