Sembra solo ieri che nelle sale arrivava Black Adam, spin-off del primo Shazam! e, nelle parole e intenzioni del protagonista/produttore Dwayne Johnson, il film che avrebbe cambiato il corso creativo dell’universo cinematografico della DC Comics. Così effettivamente è stato, ma non come se lo aspettava lui: pochi giorni dopo l’uscita sono stati ufficialmente istituiti i DC Studios, capeggiati da James Gunn (per il lato artistico) e Peter Safran (per quello amministrativo), e la loro visione prevede un riassestamento sostanzioso del franchise, ma senza rimuovere per forza tutto quello che ne faceva parte. Tra questi, forse (dipenderà molto dagli incassi, ha specificato il regista David F. Sandberg), un certo Billy Batson, che torna al cinema nel film di cui parliamo nella nostra recensione di Shazam! Furia degli dèi.
Shazam! Furia degli dèi
Genere: Fantastico
Durata: 130 minuti
Uscita: 16 marzo 2023 (Cinema)
Cast: Zachary Levi, Asher Angel, Jack Dylan Grazer, Adam Brody, Rachel Zegler, Ross Butler, Meagan Good, Grace Caroline Currey, D.J. Cotrona, Lucy Liu, Djimon Hounsou, Helen Mirren
La trama: magia, portami via
Sono passati due anni dagli eventi del primo film, e la famiglia Shazam, capitanata da Billy, fa del suo meglio per proteggere la città di Philadelphia, anche se il loro essere segretamente dei ragazzini in corpi da adulto influisce spesso e volentieri sui risultati. Billy, prossimo alla maggiore età e quindi a rischio di non essere più accolto nella casa di Rosa e Victor, insiste sul fatto che si faccia tutto insieme, e questo motto verrà messo a dura prova quando in città arrivano Esperida, Calipso e Antheia, le tre figlie del titano Atlante: esiliate a lungo in una prigione interdimensionale che impediva alla magia divina di entrare nel nostro mondo, ora sono assetate di vendetta per i torti che la razza umana avrebbe fatto al pantheon greco. Billy, a questo punto, deve farsi una domanda: era veramente degno di essere scelto dal mago come Campione della nostra realtà?
Il cast: presenze “divine”
Torna quasi l’intero cast principale del primo film, capitanato dallo spassoso Zachary Levi nei panni dell’alter ego “adulto” di Billy, con l’eccezione di Michelle Borth che non interpreta più Mary Bromfield in versione “super”, dato che l’attrice Grace Caroline Currey ha ora l’età giusta per incarnarle entrambe. Le tre figlie di Atlante, che aggiungono abbondanti dosi di gravitas e pathos mitologico, sono Helen Mirren (Esperida), Lucy Liu (Calipso) e Rachel Zegler (Antheia), quest’ultima in grande ascesa dopo essere stata Maria nel bellissimo West Side Story di Steven Spielberg. In modalità (involontariamente) multiversale c’è un cameo umoristico per Diedrich Bader, famoso in ambito DC per aver prestato la voce a Batman in una delle serie animate dedicate al personaggio, e lo stesso regista, David F. Sandberg, si è ritagliato una piccola apparizione quando comincia la battaglia finale. Sua moglie Lotta Losten, che nel primo film moriva male per mano del dottor Sivana, questa volta ha un ruolo diverso, molto simbolico, nella sequenza ambientata sul ponte.
E la mitologia?
Con gli annunci legati al nuovo DC Universe (non più “Extended” dopo le prossime uscite di The Flash, Blue Beetle e Aquaman e il regno perduto), c’è chi si è chiesto che senso abbia andare a vedere in sala i film approvati dal vecchio regime della Warner Bros., dato che ora, in teoria, non avranno più alcun impatto sul lungo termine. Un ragionamento francamente aberrante (anche perché, con la stessa logica, non aveva alcun senso per i fan di Zack Snyder guardare la sua versione di Justice League, destinata a rimanere senza sequel), figlio di un’era in cui l’identità del lungometraggio singolo è stata cancellata in favore del suo collocamento all’interno di un macroprogetto in continua espansione. E una mentalità particolarmente priva di fondamento nel contesto del DCEU che, dopo la débâcle del 2017, ha deciso di puntare su film sottilmente collegati ma generalmente autoconclusivi, e il debutto cinematografico di Shazam ne era un buon esempio, con una mitologia tutta sua che il sequel approfondisce ritagliandosi un angolo quasi originale all’interno del grande adattamento audiovisivo dell’universo DC (le tre antagoniste non provengono dai fumetti, ma si collegano in modo coerente all’origine dei poteri di Billy).
Piccolo grande nucleo famigliare
Una buffa coincidenza vuole che questo film, molto impostato sulla questione della famiglia, abbia tra gli sceneggiatori Chris Morgan, autore di gran parte dei copioni del franchise di Fast & Furious (esplicitamente citato, non a caso, in una conversazione tra Levi e Helen Mirren, che nella saga automobilistica della Universal interpreta la matriarca della famiglia Shaw). Con la differenza che qui il pathos è più genuino, ancorato in un contesto verosimile dove le scene d’azione non sfidano le leggi della fisica (e al netto del tono più leggero non mancano i momenti di autentico pericolo, esattamente come nel prototipo del 2019), e il rapporto tra i membri della famiglia di Billy è il vero motore di un microcosmo che agli occhi di molti strideva con l’approccio più ambizioso ed epico di Snyder, anche se a conti fatti le interazioni fra Shazam e gli altri elementi del franchise sono più efficaci di quelle viste in Black Adam, un titolo costruito a tavolino per nutrire l’ego di un attore senza pensare con criterio alla coerenza interna o al futuro. E in questa sede, tra draghi e alberi della vita, anche l’epica ha la sua parte, ma sempre al servizio dell’evoluzione di questi strambi ma affiatati fratelli.
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La recensione in breve
La nuova avventura di Shazam continua a ritagliarsi un proprio angolo nel franchise DC, approfondendo con criterio e pathos le implicazioni mistiche e mitologiche del primo film.
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Voto ScreenWorld