Addentarsi nei meandri di un remake non è mai facile. Se, poi, si tratta di una delle serie tv più amate degli ultimi anni, l’impresa diventa veramente difficile. Il problema è che il confronto, la comparazione e il giudizio preconcetto è sempre dietro l’angolo. E sono proprio questi gli ostacoli che Call My Agent Italia, disponibile su Sky da venerdì 20 gennaio, si trova a dover affrontare. D’altronde Dix pour cent (Call my Agent), creata nel 2015 e mandata in onda dalla televisione francese fino al 2020, ha ottenuto un successo incredibile grazie ad una sceneggiatura scritta con grande ironia e, soprattutto, alla sportività di molti attori disposti a vestire i panni di se stessi, esasperando difetti e manie.
Non stupisce, dunque, che questo progetto si sia trasformato in una sorta di franchiste da esportare in diversi paesi. Ma, tornando a quanto affermato precedentemente, come riuscire a sfuggire a fastidiose comparazioni tra l’originale e le altre interpretazioni? La risposta più onesta ed evidente è che non si può. Quindi è inutile preoccuparsi per un effetto quasi inevitabile. Essenziale, piuttosto, è riuscire a personalizzare, a prendere una struttura narrativa preconfezionata e renderla incredibilmente aderente alla propria cultura e al senso dell’umorismo italico. Elemento che, come ormai è chiari, differisce non poco da quello francese. Scopriamo se il regista Luca Riboli ed il suo cast, composto da regular e talent, sono riusciti in questa impresa attraverso la recensione di Call My Agent – Italia.
Call my Agent – Italia, 2023
Genere: Commedia
Durata: 50 minuti ca./6
Uscita: 20 gennaio 2023 (Sky e Now)
Cast: Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico Marzia Ubaldi, Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paolo Buratto, Kaze, Emanuela Fanelli, Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Piefrancesco Favino, Anna Ferzetti, Matilde De Angelis, Stefano Accorsi, Corrado Guzzanti
La Trama: alla scoperta dello star system
Roma, esterno giorno. La città si muove tra macchine e motorini come ogni mattina. Ma questo è niente rispetto alla frenesia che regna sovrana negli uffici della CMA Agency. Qui gli artisti più affermati del panorama cinematografico trovano supporto, assistenza professionale e, soprattutto, personale. Gli eroi, gli uomini e le donne che sostengono le sorti di diverse carriere, nonché la stabilità emotiva di attori, registi e sceneggiatori, sono Lea, Michele, Gabriele ed Elvira. I “Fab Four” che ogni mattina si ritrova nell’area caffè di fronte al manifesto coreano di Perfetti Sconosciuti. Un monito per tutti loro. Una sorta di avviso a non ripetere l’errore di rifiutare un progetto vincente. Perché sono tutti bravi a capire il valore di un film dopo il suo successo. Il loro talento, invece, è comprenderlo prima degli altri.
Così, con questo concetto ben chiaro nella mente, ognuno di loro lotta per i diritti dei propri assistiti e per il prestigio professionale. Gabriele, ad esempio, si batte contro una produzione americana per far ottenere a Paola Cortellesi l’importante ruolo della moglie di Tarquinio Prisco in una serie televisiva dedicata agli Etruschi. Un progetto per cui è stata richiesta perfino la consulenza di Alberto Angela. Peccato, però, che vogliano un’attrice più giovane da affiancare a Brad Pitt. Michele, invece, nel tentativo di sostituire il titolare dell’azienda, cade nella trappola di un pesce d’aprile costruito ad arte da un serafico Paolo Sorrentino.
Il regista, infatti, propone un terzo capitolo della saga dedicata al Papa. Così, dopo The Young Pope e The New Pope, arriva The Lady Pope con Ivana Spagna come protagonista. Solo la giovane assistente di Lea si rende conto dell’assurdità, mentre tutti gli altri sono pronti a gridare al nuovo miracolo cinematografico. La sua forza, infatti, è non essere ancora stata toccata dalla brama di vincere e di compiacere.
Ma questi non sono gli unici problemi che devono essere affrontati. Capricci, idiosincrasie e necessità sono nulla rispetto al problema centrale. Claudio Maiorana, fondatore e socio di maggioranza dell’azienda, ha deciso di abbandonare tutto e vivere all’estero. D’altronde, come lui si chiede , perché in un mondo dove esistono posti come Bali una persona dovrebbe scegliere di morire a Prati? Di fronte a questo agli altri agenti non rimangono che due opzioni: rilevare le quote di Maiorana o scegliere un nuovo “padrone”.
Originalità e personalità
Come abbiamo preannunciato, questi sono i due elementi essenziali che la versione italiana di Call My Agent dovrebbe utilizzare per differenziarsi dalla serie francese. Un passo necessario e, oltretutto, anche caldamente consigliato da Sky che, per scelte produttive precise, ha sempre preferito dirigere la propria attenzione verso dei progetti originali ed unici. Per non parlare, poi, dell’elemento umorismo. Questo, infatti, cambia nettamente da un paese all’altro. E situazioni potenzialmente comiche per un determinato pubblico, possono perdere qualsiasi tipo di potenziale per un altro.
Ecco, dunque, che la ricerca di una personalità ben precisa è essenziale per ottenere un risultato finale all’insegna dell’originalità. La domanda fondamentale a questo punto è: Call My Agent Italia è riuscito a portare a termine quest’evoluzione? La risposta è positiva. Nonostante le situazioni descritte possano essere simili a quelle già presentate nella versione francese, caratteristica che si riscontra soprattutto nel primo episodio, il progetto di Sky parla chiaramente italiano. E lo fa seguendo i ritmi di una comicità che segue le diverse note del genere. Questo vuol dire che si va da momenti caustici, graffianti, fino ad altri tipici della commedia italiana più recente.
Ed in questo andamento i diversi personaggi hanno la possibilità di raccontare se stessi, definendo lo spazio limitato della loro agenzia come un microcosmo dove intessere relazioni e, spesso, mettere alla prova anche se stessi. D’altronde, spesso un ambiente di lavoro dove si trascorrono molte ore finisce per diventare una seconda famiglia o, in alcuni casi, un surrogato di questa. Ad unire tutti loro, poi, c’è il sogno del cinema che, ad essere onesti, a Roma assume un significato onirico particolare. I fasti di un passato glorioso, infatti, spargono ancora la loro magia su un momento attuale sicuramente meno prestigioso ed internazionale. D’altronde solo nell’ambiente cinematografico romano è possibile unire un pizzico di glamour all’autorialità.
Ed è esattamente quello che prova a fare, con un certo margine di successo, Call My Agent grazie, soprattutto, alla disponibilità delle sue guest star che, una puntata dopo l’altra, si mettono in gioco nell’esasperazione degli elementi tipici dell’ambiente e di alcuni eccessi caratteriali che, solitamente, vengono attribuiti all’essere star.
Il cast: il potere dell’autoironia
Una risata magari non salva il mondo ma, sicuramente, riesce a migliorare di gran lunga una giornata. L’ironia, però, non è una qualità che può essere data per scontata. Tanto meno l’autoironia, visto che non tutti ne sono dotati. Per questo motivo vedere dei protagonisti prendersi in giro, nonostante siano spinti per antonomasia da un sottile egocentrismo e da un retrogusto d’insicurezza sempre in agguato, è uno spettacolo onestamente piacevole.
Anzi, senza nulla toglia al cast regolare, sono proprio i diversi “ospiti” a conferire vivacità, imprevedibilità e leggerezza all’insieme. Caratteristiche, anche queste, che, pur rientrando in uno schema narrativo predisposto, riescono ad esprimersi in modo del tutto personale. E non potrebbe essere altrimenti visto il coinvolgimento di alcuni personaggi. Paolo Sorrentino, ad esempio, inaspettatamente mette a disposizione tutta la sua naturale comicità che si esprime attraverso una sorta d’impassibilità filosofica. Così, mentre fuma il suo sigaro sulla terrazza dell’agenzia con lo sguardo perso verso Piazza di Spagna, ci regala un indimenticabile monologo sull’entusiasmo immotivato che alberga nell’animo di alcuni genitori durante le riunioni scolastiche.
Un tema che, nel suo assurdo realismo, potrebbe essere potenzialmente sviluppato in un film. Ma è nulla rispetto alla sua idea di portare sullo schermo Ivana Spagna nelle vesti del primo Papa donna con Lino Banfi e Madonna come genitori. Per non parlare, poi, di Pierfrancesco Favino che, giocando con se stesso e con le sue ultime prove attorniati dedicate a personaggi della nostra attualità, non riesce più ad uscire dai panni di Che Guevara. Una difficoltà non da poco. Soprattutto se in casa c’è anche Anna Ferzetti vestita da dama del settecento per un provino su Zoom.
Ovviamente ogni situazione viene estremizzata, giocando sul quel filo sottile che definisce il confine tra comicità e farsa. Due generi che riescono ad equilibrarsi bilanciandosi alla perfezione senza dare sfogo agli elementi più eccessivi. Grazie a tutto questo, dunque, Call My Agent Italia è un progetto che può ottenere molti consensi, ritagliandosi uno spazio ben definito. Importante, però, è che si arrivi alla visione con uno sguardo libero da preconcetti, ricordando che si tratta di una creatura diversa.
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La recensione in breve
Nonostante l'inevitabile paragone con la serie originale francese, questo remake tutto italiano riesce a definire con chiarezza la sua personalità. Un risultato ottenuto soprattutto grazie ad un lavoro di adattamento che ha portato il materiale ad adattarsi all'umorismo e al senso dell'ironia italiano. Complici e artefici di questo risultato sicuramente i diversi talent che, una puntata dietro l'altra, mettono da parte qualsiasi tipo d'insicurezza o ambizione di perfezione per giocare con le idiosincrasie del loro mestiere.
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Voto ScreenWorld