Sex and the City è arrivato sui nostri schermi per la prima volta nel 1998 e si è subito distinto per essere un prodotto innovativo, schietto, capace di raccontare le donne, l’amicizia che le lega le une alle altre e soprattutto il sesso in maniera realistica, come mai si era visto in televisione. A più di vent’anni di distanza, ed in attesa dell’uscita della serie sequel And Just Like That (a cui non parteciperà più però Kim Cattrall, che interpretava il personaggio di Samantha), ci chiediamo se le otto stagioni di Sex and the City (e i due film sequel) possano essere apprezzate allo stesso modo dal pubblico di oggi. Come è invecchiata la serie TV creata da Darren Star?
È chiaro che le avventure di Carrie (Sarah Jessica Parker) e delle sue amiche debbano essere inquadrate in un contesto lontano da quello socioculturale di oggi, e abbiano avuto una loro indubbia rilevanza nel periodo in cui sono arrivate in televisione, dobbiamo ammettere però che molti degli elementi chiave dello show, analizzandoli con uno sguardo contemporaneo, non possono che farci storcere un po’ il naso. Nell’articolo che segue, quindi, abbiamo deciso di riunire – ed approfondire – tutti i motivi per cui, pur essendo considerato un vero e proprio cult e avendo segnato un epoca, Sex and The City è davvero invecchiato male.
Gli uomini sono al centro di tutto
Il cuore di Sex and the City sono le sue protagoniste – Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda -, quattro donne diverse ma legate da una profonda amicizia. Il rapporto che le lega, e come questo cambia e si rafforza nel corso degli anni, è l’elemento centrale che da il via alla serie. Riguardando Sex and the City, però, ci si rende conto che gran parte degli snodi narrativi, addirittura la maggior parte delle conversazioni delle quattro protagoniste, fossero incentrate esclusivamente sull’interesse amoroso di turno.
Non ridete, ma forse siamo noi le anime gemelle l’una dell’altra. E lasciamo che gli uomini siano solo quegli straordinari ragazzi carini con i quali divertirsi.
Da questa battuta di Charlotte (Kristin Davis) dovrebbe derivare tutto il senso della serie, ossia il fatto che – più di tutti gli uomini che incontrano nel corso delle otto stagioni di cui sono le protagoniste – le persone più importanti nella vita delle quattro protagoniste sono le loro amiche. La sensazione che ci rimane, però una volta conclusa la serie è ben diversa: ognuna delle ragazze, ad ottava stagione ultimata, ha trovato “pace” con l’oggetto amoroso del suo desiderio, il tanto agognato Mr Big per Carrie, Steve per Miranda, Harry per Charlotte e il bel Smith Jerrod per Samantha. Il premio, se così si può definire, che ognuna delle protagoniste ottiene nel finale è un uomo, e questo, almeno secondo noi, tradisce un po’ lo spirito della serie.
“Sluth-Shaming” o libertà di esprimere la propria sessualità?
Una delle caratteristiche fondamentali di Sex and the City è il fatto di parlare di sesso con schiettezza, rendendolo un argomento meno tabù di quanto fosse stato prima della messa in onda dello show. Alle protagoniste piace fare sesso e parlarne tra di loro: nel corso degli episodi, però, diventa sempre più evidente che al personaggio a cui piace di più sperimentare con la propria sessualità, la Samantha di Kim Cattrall, siano destinate – da parte delle sue stesse amiche – diverse critiche. Se uno degli elementi fondamentali della serie è quello di parlare liberamente di sesso, il personaggio che è in questo senso più “libero”, Samantha appunto, viene visto, dalle altre protagoniste, come se stesse sbagliando approccio con gli uomini.
Samantha viene spesso “additata come una sgualdrina” (permetteteci questa traduzione del termine inglese, più corretto, “slut-shaming”), soprattutto da parte di Charlotte, il cui personaggio viene rappresentato come quello più pudico e castigato del quartetto: gli esempi che potremmo farvi di questo atteggiamento nei confronti di Samantha sono diversi, vi citiamo però l’episodio Dettagli non trascurabili (il quindicesimo della seconda stagione) quando Charlotte se la prende con il personaggio di Kim Cattrall per essere andata a letto con suo fratello recentemente divorziato, dicendole, addirittura, che la sua “vagina è nelle guide turistiche di New York, essendo il posto più frequentato della città“.
Anche Carrie, in diverse occasioni, mostra un atteggiamento di superiorità, giudicante, nei confronti di Samantha: l’esempio più famoso è quello dell’episodio Ragazza copertina (il quarto della quinta stagione), in cui la sorprende impegnata a fare del sesso orale ad un ragazzo delle consegne la sua reazione è quella di sottolineare – veementemente – come lei non si troverebbe mai in una situazione simile e come non farebbe mai nulla del genere.
Guardando la serie oggi non possiamo che notare quanto certi atteggiamenti di Carrie, Miranda e Charlotte nei confronti di Samantha fossero sbagliati, soprattutto se all’interno di una serie nata proprio per parlare di sesso con maggiore libertà – normalizzando agli occhi del grande pubblico qualcosa che fino a quel momento poteva essere considerato un tabù – e, soprattutto, per raccontare le vite di donne più orgogliose e consapevoli della propria sessualità. Durante lo show, invece, Carrie, Miranda e Charlotte si dimostrano spesso contrarie a tutto ciò che va contro quello che, nella sfera della sessualità, non viene considerato “normale” (e passateci il termine, anche se in questo contesto non andrebbe mai utilizzato). Le puntate in cui si esplorano tematiche come quelle dei feticismi o delle relazioni BDSM (“accettati”, tra le quattro, ovviamente solo da Samantha) ne sono un esempio perfetto.
Rappresentare la comunità LGBTQ+
Le quattro protagoniste di Sex and the City sono tutte e quattro eterosessuali, durante lo show fanno spesso la comparsa personaggi che appartengono alla comunità LGBTQ+. Quello che però colpisce è come vengano rappresentati questi personaggi che sono il più delle volte stereotipati o caratterizzati con grande superficialità. Non ci soffermiamo troppo sul fatto che Carrie e le altre credano che la bisessualità non esista (ma che sia semplicemente una “copertura nella strada per gaycity”, come dichiarano nel quarto episodio della terza stagione, L’altro sesso nascosto), o che quando Samantha intreccia una breve relazione con una donna (l’artista Maria Diega Reyes, durante la quarta stagione) credano che lo stia facendo per noia o – addirittura – per fare un dispetto a loro (come affermerà Charlotte), ma passiamo direttamente a come viene rappresentata dallo show la comunità transgender.
In un episodio in particolare – Potevo, volevo, dovevo, il numero 11 della quarta stagione – Samantha si scontra con un gruppo di transessuali che vivono nel suo stesso quartiere e, a causa degli schiamazzi notturni di cui sono i protagonisti, minano la sua pace: questi personaggi vengono ridicolizzati, ridotti a caricature e descritti, dalla serie ma anche dalle quattro amiche, come se fossero dei veri e propri freaks, così “diversi” da non meritare rispetto.
A colpire ancora di più, però, come vengono rappresentati gli amici omosessuali di Carrie e Charlotte, Stanford ed Anthony. Entrambi sono, per le due ragazze, meri accessori che vengono portati in giro per fare shopping o per altre occasioni mondane, che esistono, nello show, solo in relazione alle due protagoniste. Tanto Stanford come Anthony ricalcano il datatissimo topos del “gay best friend” e, guarda caso, nel secondo film sequel (Sex and the City 2, del 2010), i due finiscono addirittura per sposarsi (come se per loro, visto che sono i migliori amici di due delle protagoniste, quella fosse l’unica opzione). Anche per quanto riguarda la rappresentazione delle donne lesbiche la serie pecca di superficialità, nell’episodio 6 della seconda stagione, Sesso: bugie e tradimenti, Charlotte diventa amica di un gruppo di “Lesbiche al potere”, di cui viene fatta una caratterizzazione che più stereotipata di così non si può.
Il rapporto con i soldi
Lo show è diventato famoso per il modo – assolutamente irrealistico, lo sottolineiamo fin da subito – in cui le sue quattro protagoniste si relazionano ai soldi ed in generale alla ricchezza. Per gran parte di Sex and the City nessuna di loro ha mai veri e propri problemi economici (quasi impossibile in una città cara come New York, considerato poi che Carrie è una semplice giornalista, non un’ereditiera), nel breve arco narrativo in cui Carrie deve riacquistare il proprio appartamento e, di conseguenza, ha per la prima volta problemi finanziari, la sua presa di coscienza passa dalla consapevolezza di aver speso più di 40 mila dollari in scarpe di lusso.
La situazione, lungi da essere protratta per diversi episodi, viene risolta dall’arrivo del deus ex machina Charlotte, che salva la situazione e le regala i soldi di cui ha bisogno (non ci soffermiamo nemmeno su come Carrie si offenda profondamente per il fatto che Charlotte sia restia inizialmente a prestarle l’ingente somma di denaro). La cosa che infastidisce, a rivedere la serie oggi, è probabilmente il fatto di vedere delle donne che trattano con così tanta superficialità le proprie finanze, dando un’immagine della vita in una metropoli come New York così lontana dalla realtà.
A New York sono tutti bianchi
Ovviamente non lo vedo da un po’, ma, voglio dire, penso che nel momento in cui lo stessimo realizzando, mi sono sempre sentita come se fosse incredibilmente bianco e narrasse di temi e personaggi privilegiati. Quindi tutto questo era vero anche in quel momento, mentre lo stavamo girando, è solo che ora abbiamo un po’ più di consapevolezza del tutto.
Cynthia Nixon
Ha dichiarato di recente Cynthia Nixon (che interpreta Miranda) alle pagine di Attitude, e infatti guardando Sex and the City risulta incredibile che a New York, una delle città più multiculturali del mondo, la maggior parte dei personaggi afroamericani o di altre etnie venga il più delle volte relegata al ruolo di comparse o a quello di dipendenti (camerieri, signore delle pulizie…) delle protagoniste o dei loro partner.
Quanto questo fosse problematico, probabilmente, è diventato evidente anche ai creatori dello show, che hanno introdotto degli interessi amorosi neri per le loro protagoniste: Blair Underwood nel ruolo di Robert Leeds, che diventa per breve tempo il ragazzo di Miranda (ma poi non farà altro che riportarla nelle braccia di Steve) e Chivon per Samantha (quinto episodio della terza stagione), un personaggio che si muove ancora una volta tra cliché e stereotipi. Chivon introduce Samantha alla comunità nera newyorkese che si rivela – anche in questo caso – un’irrealistica accozzaglia di luoghi comuni, più una rappresentazione di come i bianchi vedono i neri (tra club di hip hop con il metal detector all’entrata) che come sono realmente.
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