Come si spiega la morte a un cane? Essenzialmente, non lo si fa. La si scorge negli sguardi assenti, nei gesti abitudinari e nella memoria materica di contatti, essenze e odori che sopravvivono al tempo e a qualsiasi corporeità. L’amico fedele è un racconto di imprevedibili similitudini emotive, un comune denominatore di sofferenza che trova nella parola il paradosso della sua imprescindibilità e insieme della sua negazione. L’amico fedele è connessione, sintesi e muto riconoscimento.
Scott McGehee e David Siegel forgiano nuovamente una piccola storia di intima quotidianità, radunano l’élite letteraria di New York nel recinto urbano di uno spazio rarefatto e silenzioso – culla e mitigatore di un luogo psichico ed emotivo complesso e stratificato come quello del lutto. Un alano maestoso s’incontra nel perimetro della tristezza con una scrittrice immobilizzata e trincerata, tanto nel lavoro quanto nella vita personale. Hanno perso un padrone, un amico, un amante e un compagno a cui donare incondizionata devozione. Ora si ritrovano soli, eppure insieme, impreparati nella difficile gestione di una convivenza che non sa come coesistere e che, lentamente, impara da capo a nutrire la vita: restituendole il passo, la cura, la memoria e delle nuove possibilità.
L’amico fedele è un concentrato lieve e delicato, intenso e garbato di universale emotività: i cineasti contemplano il senso della perdita costeggiandone i flussi, la condivisione e la restituzione sincera di un dolore sempre dignitosamente ancorato al reale.
Genere: Drammatico
Durata: 119 minuti
Uscita: 5 Giugno 2025 (Cinema)
Cast: Naomi Watts, Bill Murray
La morte di chi resta

Il Walter di Bill Murray è il sofisticato ritratto di un uomo carismatico e sfaccettato: autore di successo e docente dalla discutibile condotta comportamentale, sessualmente esuberante e sentimentalmente evitante. Delle infinite facce che lo personalizzano ricostruiamo frammenti frastagliati, dispersi nella parzialità elusiva di rapidi flashback o delle soggettive retrospettive di chi gli è stato intorno. Al seguito del suo suicidio ha lasciato tre mogli, una figlia, molteplici seduzioni studentesche e un enorme (ma inconsolabile) alano.
L’amico fedele è tratto dall’omonimo romanzo di Sigrid Nunez, vincitore del National Book Award.
Di tutte le sue vecchie fiamme, Iris (Naomi Watts) è sicuramente la più speciale: il loro è un rapporto contraddittorio, confuso, continuamente ripensato. L’amico fedele lo soppesa con intelligenza, ne illumina le zone d’ombra e i sospetti, i non detti e le incongruenze che sformano e riformulano il presente, il ricordo di una relazione mai del tutto chiarita e in tal modo resa autentica, reale, sensibilmente risonante con il vero. Quando Iris scopre di essere stata indicata come piano d’emergenza per il cane di Walter, il suo quotidiano si aggroviglia in un vortice di realtà tutt’a un tratto sconosciute – rivelatrici dei limiti insondabili della conoscenza di sé, dell’altro e delle reciproche interconnessioni.
La morte ha annichilito ogni sua opportunità di chiarimento, le ha lasciato un fardello di dubbi, rimorsi e interrogativi attraversati da monologhi interiori sospesi, svuotati di risposte. A Iris allora non resta che tornare alle parole che spesso le sono mancate, a quel difficile comunicare con un dolore quotidianizzato nel dialogo interiore con un’alterità ora incarnata in qualcosa di potenzialmente più vitale. Un’alterità con un nome, due occhi spenti e una familiare sofferenza nel cuore: Apollo.
Appartenere per riscoprirsi

C’è un aspetto di Apollo capace da solo di catturare l’intero animo del film: Apollo è spontaneo. Fa quello che fa e sente quello che sente senza alcun bisogno di spiegazione. L’amico fedele non tenta di renderlo comprensibile, non prova mai a farlo sembrare umano. Scott McGehee e David Siegel lo lasciano lì, sul primissimo piano o sullo sfondo, estraniato dell’inquadratura e consumato da una tristezza che lo sovrasta, lo spegne e lo sminuzza in parti scomposte di profonda solitudine. Così Apollo ruba la scena e affonda nelle intensità più toccanti del film – ingaggia il coinvolgimento dello spettatore permettendosi di essere, semplicemente, quello che è. E facendolo riscopre gradualmente quello che era, l’eco routinizzato di ciò che lo rendeva vivo – con la possibilità, silenziosa e discreta, di essere ancora qualcosa di nuovo.
Iris e Apollo si ritrovano forzatamente a condividere la struggente metabolizzazione di un lutto: a stringersi nell’ambiente ingombrante (non a caso Apollo è proprio un alano) e inospitale di una mancanza che risucchia lo spazio, stravolge il tempo e trattiene provvisoriamente il respiro. A poco a poco, senza accorgersene e senza doverlo accentare, il loro diventa un legame sintonizzato alla grammatica di un linguaggio universale, unicamente emotivo, sagomato su cicatrici comuni e comuni attitudini di riscoperta e ricentramento nel mondo.
L’elaborazione dell’assenza può quindi passare attraverso l’incontro, la virtualità tangibile di una guarigione compiuta nella psiche e tra le pagine di un libro in grado di pacificare l’irrisolto e di lasciarlo finalmente andare, volgendo lo sguardo al futuro.
Quando l’essenzialità è abbastanza

Malinconica e autoironica, la direzione registica de L’amico fedele scansa quasi tutti i pericoli di simili narrazioni dall’alto potenziale patemico. Al contrario, l’opera di McGehee e Siegel osserva con riserbo i protagonisti di questa storia trasferirsi vicendevoli memorie e affini eredità affettive, diventare l’uno per l’altra l’argine di una sofferenza e un inatteso ancoraggio al reale. L’amico fedele tratteggia l’ammansimento gentile di un dolore convertito in conforto, unione e inconsueta comunità: lo fa mantenendosi a distanza, poggiandosi all’espressività introspettiva e contenuta di una Naomi Watts che lavora con grazia, sottraendo spesso e restituendo sempre un altissimo grado di sincerità.
Nessuna insistenza melodrammatica o forzata estorsione lacrimevole: L’amico fedele spinge piuttosto sugli slanci agrodolci della commedia, sul goffo affresco di due creature sofferenti e alle prese con l’insolita difficoltà di abitare uno spazio trasformativo condiviso. È una storia che trova esclusiva commozione nella sua ordinaria semplicità – e a volte è quanto basta per ripensare una vita intera.
Conclusioni
Scott McGehee e David Siegel traspongono con sensibilità un altro romanzo di intima e semplice quotidianità. L’amico fedele è una storia raccolta che parla di reciproco riconoscimento e comune appartenenza a una memoria e un lutto fatti di dolore, non detti e inaspettate possibilità di rinascita. Un racconto lieve e silenzioso dove il legame fra un gigantesco alano e una scoraggiata scrittrice si apre a un cuore sincero di speranze e universale vulnerabilità.
Pro
- Apollo
- La finezza con cui Naomi Watts trasferisce l’intensità della suo corredo emotivo
- Una direzione d’insieme discreta, semplice e sincera
Contro
- La struttura narrativa accusa qualche semplificazione, specie nelle caratterizzazioni dei comprimari
- Il personaggio di Walter è fin troppo astratto
- A tratti appare timoroso e incerto su quanto in profondità scavare nei suoi temi
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Voto ScreenWorld