A vent’anni di distanza dalla trilogia cinematografica di Peter Jackson e a settanta dalla prima pubblicazione del capolavoro letterario Il Signore degli Anelli, l’universo di Tolkien è pronto a conquistare nuove generazioni di spettatori e lettori grazie a quella che, già da tempo, era annunciata come la serie TV più ambiziosa di sempre. Con circa un miliardo di dollari di budget per le cinque stagioni già annunciate, questa serie prodotta dagli Amazon Studios e distribuita su Prime Video è certamente la sfida più grande che una piattaforma di streaming abbia mai affrontato.
Una sfida che, come vedremo in questa nostra recensione dei Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere, Amazon non ha alcuna intenzione di perdere. I primi due episodi che abbiamo avuto la fortuna di vedere in anteprima, per di più sul grande schermo di un cinema, mostrano infatti un valore produttivo davvero alle stelle. E al tempo stesso confermano quello che già avevamo intuito da tempo: non si tratta di un prequel diretto ai film di Jackson, ma di un vero reimagining dell’intero universo Tolkieniano.
Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere
Genere: Fantasy
Durata: 60 minuti ca./8 episodi
Uscita: dal 2 settembre su Prime Video.
Cast: Morfydd Clark, Robert Aramayo, Charles Edwards e Ismael Cruz Córdova.
Una trama ad anelli
La serie è ambientata nella Seconda Era descritta da Tolkien nelle appendici del suo romanzo più famoso: siamo quindi migliaia di anni prima degli eventi de Il Signore degli Anelli, subito dopo la sconfitta di Morgoth e prima ancora che il suo oscuro servitore, Sauron, forgiasse gli anelli del potere, ingannando gli uomini e arrivando infine alla guerra con gli Elfi. La trama prende inizio in un periodo di apparente pace, con tutte le popolazioni convinte che il Male sia stato definitivamente sconfitto e che abbia abbandonato la Terra di Mezzo. Tutti convinti tranne una: la guerriera elfica Galadriel che ha giurato di vendicare la morte del fratello e quindi di trovare e uccidere il malvagio Sauron.
Contemporaneamente a questa ricerca, osteggiata dallo stesso re degli elfi Gil-galad, facciamo la conoscenza di molteplici personaggi: il mezz’elfo Elrond, architetto e politico, deciso ad aiutare il leggendario fabbro Celebrimbor per un importante progetto; il principe nano Durin IV che vive nella sua fortezza di Khazad-dûm, sotto la montagna; l’elfo silvano Arondir, innamorato dell’umana Bronwyn, il primo ad accorgersi di un nuovo pericolo nella terre del sud; i simpatici e tranquilli pelopiedi, di stirpe hobbit, chiamati ad assistere a poco auspicabili fenomeni come la caduta di un meteorite e il mistero che ne consegue.
Una serie per domarli
Che insomma questo Gli Anelli del Potere sia davvero ambiziosa lo si può intuire da molteplici aspetti, non solo dalle spettacolari immagini. Fin dal primissimo episodio le storyline sono numerose e complesse, permettendoci di fare non solo la conoscenza di tanti personaggi ma anche di vedere molte (ma certamente non tutte) delle ambientazioni che ci aspetteranno. La sensazione è proprio quella di un evento: tornare della Terra di Mezzo, la stessa che abbiamo così tanto amato nella versione di Peter Jackson, e trovarla simile ma differente è già di per sé qualcosa di grandioso. Perché la stessa cura, la stessa attenzione per i dettagli che c’era allora c’è anche qui, ma in più ora abbiamo la consapevolezza che tutto questo ci accompagnerà verosimilmente per molti anni e decine e decine di ore. Perché se è vero che i primi due episodi non possono che essere un piccolo antipasto di quello che ci aspetterà a livello di trama e narrazione, il sapere come il tutto andrà inevitabilmente a finire (la forgiatura degli anelli e la conseguente guerra) ci regala fin da subito un respiro epico come poche volte ci è capitato con una serie appena iniziata.
Dite amici ed entrate
Come dicevamo la sensazione è davvero quella di tornare a casa, perché sebbene tutto sia stato rifatto e reimmaginato da zero, è evidente che la trilogia di Jackson abbia comunque fatto scuola: fin dal bellissimo prologo ambientato prima a Valinor e poi nella Terra di Mezzo, l’imponenza delle scenografie, così come quella di alcuni movimenti di macchina tipici della saga, è da far strabuzzare gli occhi. La ricchezza degli ambienti e dei costumi richiederà più di una visione (e in questo la distribuzione in streaming non può che aiutare) per carpirne ogni segreto e ogni particolare; così come siamo sicuri che la splendida colonna sonora ad opera del sempre bravissimo Bear McCreary (Battlestar Galactica, Outlander e The Walking Dead) diventerà un ascolto ricorrente per molti degli spettatori più entusiasti. Ma la cosa davvero sorprendente di questa impressionante messa in scena è che, pure dopo due episodi da un’ora ciascuno, la sensazione è che si sia sfiorata solo la superficie dell’iceberg e che in realtà tutto quello che ci attende e attenderà negli episodi e stagioni successive non farà altro che continuare a strabiliare e a stupirci. Proprio com’è stato per la trilogia di Jackson. O con la prima volta che abbiamo letto l’opera di Tolkien.
Un cast vasto quanto la Terra di Mezzo
Può stupire la scelta di prendere nel cast volti poco noti se non addirittura quasi esordienti: considerato però che anche solo per il numero di personaggi e interpreti Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere è da guinness dei primati, è evidente il perché non avrebbe avuto molto senso puntare su attori molto conosciuti. Al tempo stesso poi, scegliere volti più o meno nuovi rende ancora più forte quel senso di novità e sbalordimento, soprattutto quando il casting si dimostra particolarmente efficace ed azzeccato: impossibile, ad esempio, non rimanere colpiti dalle bellezza e dal carisma di Morfydd Clark, davvero impeccabile come giovane Galadriel, dallo sguardo di Markella Kavenagh che interpreta la pelopiede Nori Brandyfoot o dal fascino misterioso ma al tempo stesso familiare dello Straniero interpretato da Daniel Weyman. A proposito, sulla sua identità ci sarà molto da discutere e ipotizzare: sarà davvero chi viene spontaneo immaginare o si stanno prendendo gioco di noi?
Un tono epico ma intermittente
Se proprio fossimo costretti a fare un appunto a questo Gli Anelli del Potere, ci verrebbe da dire che, se pure è vero che per gran parte della loro durata i due episodi sono davvero spettacolari, ci sono alcuni brevi momenti in cui il tono cambia tutto ad un tratto; ed è quasi come se quel senso di drammaticità si “abbassasse” di colpo, togliendo un po’ di quell’epicità e magia. Sono in realtà momenti piuttosto brevi, anche frammentati all’interno di una narrazione corale e complessa, ma che ogni tanto stonano, tanto che diventa davvero difficile non notarli.
Si potrebbe obiettare che anche la trilogia di Jackson (e non parliamo di quella de Lo Hobbit) aveva le sue concessioni tipiche del blockbuster e alcune forzature, ma erano probabilmente meglio “mascherate” e distribuite all’interno dei film, mentre qui forse si è ancora alla ricerca del giusto compromesso ed equilibrio tra i toni. Ma non solo parliamo di un difetto comunque marginale, ma anche di un difetto che magari potrebbe sparire nel corso della stagione o della serie.
Così come ci auspichiamo col tempo che possa cambiare magari la sigla, forse l’aspetto più deludente (ma anche meno importante) della serie: parte in modo imponente e ambizioso, grazie anche alla partecipazione del mitico compositore Howard Shore per quanto riguarda la traccia musicale, ma finisce col perdersi con una chiusa banale quando invece sarebbe stato lecito aspettarsi un finale maestoso e in grande stile. Nulla di realmente rilevante, sia chiaro, ma alquanto bizzarro per una produzione di questo livello e così attenta ai dettagli.
Lo spirito di Tolkien
Veniamo infine alle (immancabili) polemiche che questa serie si è trascinata appresso fin dalle prime immagini: ancor prima di vedere il prodotto finale c’è chi ha accusato la serie di scarsa fedeltà rispetto al canone tolkieniano, soprattutto per la presenza di attori (e quindi personaggi) di differenti etnie. Nulla di troppo diverso da quanto già visto recentemente con The Sandman di Netflix o House of the Dragon di HBO. In quei due casi ci sono gli autori stessi delle opere (Neil Gaiman e George R.R. Martin) che possono difendere le scelte in questione e spiegare il loro punto di vista; è evidente che altrettanto non può accadere con lo scrittore de Il Signore degli Anelli, morto nel 1973, ad 81 anni. Il che vuol dire che Tolkien era nato nel 1892, un altro secolo ancora. Proprio per questo motivo il grido lanciato da molti – “Cosa credete che ne penserebbe Tolkien?” – non ha alcun senso, perché parliamo veramente di un autore di molte epoche addietro. D’altronde allora la stessa cosa dovrebbe valere anche per Shakespeare, colui che ha ispirato adattamenti veramente di ogni tipo.
Avrebbe piuttosto molto più senso chiedersi cosa potrebbe pensare oggi un Tolkien nel vedere riproposto su schermo il frutto della propria immaginazione, vedere muoversi e parlare (molto spesso anche lingue da lui inventate) personaggi in carne ed ossa che lui aveva “semplicemente” raccontato, o in alcuni casi abbozzato, su carta. Siamo davvero sicuri, come dicono alcuni, che si rivolterebbe nella tomba nel vedere un elfo dalla pelle scura o Elrond dai capelli biondi? O magari nemmeno li noterebbe più di tanto, talmente affascinato dalle visioni in movimento delle navi che salpano verso Valinor, dallo splendore dei suoi lucenti alberi Telperion e Laurelin o della maestosità di Khazad-dûm?
La verità è che si deve essere davvero in malafede nel guardare questi primi due episodi de Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere e dire che non sia presente lo spirito di Tolkien. Ma d’altronde, qualcuno se lo ricorderà, c’era anche chi diceva lo stesso della trilogia di Jackson e magari ora è pronto a rimpiangerla. Eppure se c’è una cosa che possiamo affermare con assoluta certezza, è che se le opere e la filosofia di J. R. R. Tolkien sono oggi più vive che mai, è proprio grazie ad adattamenti come questi. Liberi ma rispettosi, perché dettati dall’amore condiviso per queste storie e questi mondi. E a noi non resta che rimanere qui ad ascoltare ed esplorare tutto, perché in fondo, come sempre, aveva ragione Gandalf: “Il viaggio non finisce qui, la morte è soltanto un’altra via.” E un autore come Tolkien ce l’ha dimostrato già molte volte.
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La recensione in breve
Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere è una serie maestosa e imponente: fin dalle prime immagini strabilia e cattura lo spettatore, facendogli capire di trovarsi davanti a qualcosa di mai visto prima. Un qualcosa che ha molto da raccontare, per molto tempo. Considerato il rischio e la difficoltà dell'operazione, i (pochi) difetti presenti passano in secondo piano, mentre c'è davvero da essere molto soddisfatti per questo nuovo approccio all'universo tolkieniano. Non vediamo l'ora che questa fantastica avventura continui.
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Voto ScreenWorld