C’è la sensazione di aver finalmente raggiunto un importante traguardo con l’uscita in sala del nuovo lungometraggio d’animazione della Universal, targato Illumination Entertainment: il ritorno dei Minions e del loro capo Gru è, infatti, l’ultimo dei titoli hollywoodiani inizialmente previsti per il 2020 e poi spostati a causa della pandemia, ed è stato simbolicamente scelto, come film d’apertura, per segnare il ritorno all’edizione completamente in presenza dell’Annecy International Animation Film Festival (dove hanno debuttato tutti i capitoli precedenti e la Illumination è di casa, essendo l’azienda francese).
E così anche noi, dopo due anni in cui la Universal era tra le principali incognite per il destino cinematografico del suo catalogo (tra rimandi per alcuni titoli e distribuzione direttamente in VOD per altri), possiamo finalmente scrivere la recensione di Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo, ora nelle sale italiane dopo aver già conquistato quelle internazionali (nel momento in cui scriviamo queste righe ha già incassato più di 700 milioni di dollari nel mondo).
La trama: doppio colloquio di lavoro
Il film precedente si concludeva con il primo incontro fra i Minions e il loro futuro capo Gru (doppiato in originale da Steve Carell), ancora un bambino ma già intenzionato a diventare il più grande criminale di sempre. Nello specifico, il suo sogno è diventare membro della principale organizzazione di malviventi su scala mondiale, ma loro ovviamente lo sottovalutano per ragioni anagrafiche. E mentre lui cerca di dimostrare di essere all’altezza del gruppo, i piccoli esseri gialli devono fare altrettanto per diventare gli assistenti di Gru a tempo pieno. Impresa tutt’altro che facile poiché, se da un lato i soliti Kevin, Stuart e Bob hanno trovato una sorta di equilibrio fra impegno e imbecillità, lo stesso non si può dire di tale Otto, il più logorroico e maldestro della banda…
Un franchise in continua crescita
Dal 2010, con il primo Cattivissimo me, la Illumination si è gradualmente imposta come casa di produzione in grado di rivaleggiare con i più consolidati rivali Disney/Pixar e DreamWorks (quest’ultimo ora proprietà della Universal, esattamente come lo studio francese), e Gru e i Minions sono diventati il volto dell’azienda, grazie anche a una continua evoluzione in positivo del franchise stesso. Già nel secondo capitolo risultava evidente fino a che punto le spalle comiche del protagonista fossero il vero punto di forza, un po’ come i pinguini di Madagascar, e anche al di fuori del loro prequel/spin-off dedicato lo spazio a disposizione è aumentato considerevolmente, con tanto di esilaranti numeri musicali nella loro parlata volutamente incomprensibile.
Slapstick a tutto spiano
Forte del fattore teoricamente non verbale dei personaggi, questi film hanno sempre messo l’accento sulla comicità fisica, sempre più ambiziosa e al contempo demenziale. Una formula che qui, supportata dalle evoluzioni tecnologiche che arricchiscono ulteriormente l’uso dell’animazione digitale per le scene d’azione, raggiunge un apice di pura e semplice follia umoristica, con gag su gag a un ritmo inarrestabile, per un’ora e mezza all’insegna del divertimento privo di pretese, che però si rivela formalmente curato e stratificato con risultati vertiginosi. Di quelli che giustificano tranquillamente i due anni di attesa per rivedere sullo schermo quei piccoli, adorabili, imbranati antieroi.
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La recensione in breve
Come abbiamo visto nella nostra recensione di Minions 2 - Come Gru diventa cattivissimo, le simpatiche creature gialle tornano a combinare guai e strappare infinite risate con un sequel che aumenta il fattore umoristico del franchise a dismisura, con risultati assolutamente esilaranti.
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Voto ScreenWorld