Due anni dopo aver portato con poco successo su Netflix Elegia americana con Glenn Close e Amy Adams, il regista premio Oscar Ron Howard sbarca su Prime Video con Tredici Vite, racconto cinematografico di una delle operazioni di salvataggio più complesse e clamorose di tutti i tempi. Partendo dall’incredibile fatto di cronaca, Howard intesse dietro la macchina da presa una pellicola tesa ed avvincente che però non riesce a convincere del tutto né ad emozionare come ci si aspetterebbe.
Tredici Vite, tratto da una sceneggiatura curata da William Nicholson ed ispirato al salvataggio della squadra di calcio giovanile rimasta intrappolata in una grotta thailandese nel 2018, dispiega un affiatato cast internazionale per raccontare con spirito rispettoso e a tratti cronachistico quei disperati 18 giorni in cui il mondo è rimasto con il fiato sospeso. Nella nostra recensione di Tredici vite, vedremo come il film ripercorre le tappe fondamentali di quello che è accaduto in Thailandia nel giugno del 2018 e cercheremo di analizzare con precisione e chiarezza cosa ha funzionato e cosa è andato storto nella drammatizzazione cinematografica curata dal regista statunitense.
Tredici vite
Genere: Biografico
Durata: 149 minuti
Uscita: 5 agosto 2022 (Prime Video)
Cast: Viggo Mortensen, Colin Farrell e Joel Edgerton
La trama: l’incidente di Tham Luang
Il 23 giugno 2018 una squadra di calcio giovanile, formata da dodici adolescenti e dal loro allenatore, si introduce all’interno della grotta turistica di Tham Luang nella provincia thailandese di Chiang Rai. A causa dell’improvviso scatenarsi di un monsone estivo, le tredici persone all’interno della spelonca naturale rimangono pericolosamente bloccate, senza via di uscita. L’allarme della scomparsa dei ragazzi viene dato a partire dalla sera stessa, per poi protrarsi per ben 18 giorni, estenuante e lunghissimo tempo necessario per escogitare un salvataggio d’emergenza senza sacrificare alcuna vita. Alle operazioni di estrazione partecipano migliaia di volontari da tutto il mondo, tra cui Rick Stanton (Viggo Mortensen) e John Volanthen (Colin Farrell), il cui punto di vista permea tutto il film di Howard.
I due, membri del Britsh Cave Rescue Council, arrivano a Tham Luang in veste di esperti in speleologia e salvataggio subacqueo, fornendo soluzioni ingegnose ed utili alla delicata operazione di rinvenimento dei tredici ragazzi. Del resto, come raccontano non solo il lungometraggio Prime Video ma anche i resoconti di cronaca, è stata di Stanton e Volanthen l’idea di coinvolgere l’anestesista Harry Harris (Joel Edgerton) per trasportare fuori dalla grotta tutta la squadra di calcio, sedandone i membri uno ad uno; una decisione altamente rischiosa, ma che il 10 luglio 2018 si è conclusa con il salvataggio di tutte e tredici le giovani vite intrappolate e in balia dalle insidie della Natura.
Ron Howard in guerra con l’acqua
Il nuovo film diretto da Ron Howard sembra maggiormente funzionare quando si allontana per un attimo dalla pura ricostruzione delle innumerevoli operazioni di salvataggio di quei terribili 18 giorni, dando il meglio di sé nella messa in scena delle sequenze più adrenaliniche. Molta dell’azione del film difatti si svolge sotto il pelo dell’acqua, la stessa che continua ad invadere le gallerie e gli anfratti della grotta thailandese dove Stanton e Volanthen si muovono con attenzione e premura tentando il tutto per tutto e salvare i ragazzi prigionieri. Al suo meglio, Tredici Vite riesce a tenere lo spettatore incollato alla poltrona, soprattutto quando la macchina da presa di Howard si muove in equilibrio tra il pelo dell’acqua e la profondità della cava thailandese, come se stesse dirigendo un survival movie in piena regola.
Eppure, i non pochi momenti di tensione narrativa non sembrano bastare al nuovo lungometraggio del cineasta premio Oscar, che all’avvicinarsi dell’atto finale sceglie la strada più facile del rispetto cronachistico anziché della vera emozione umana.
Una tragedia (poco) umana
A mancare in Tredici Vite è difatti il coinvolgimento emotivo, sia per i personaggi che compongono il film che dello spettatore, “costretto” a guardare un prodotto audiovisivo che, pur nel suo pregio contenutistico, si dimentica di osare e di allontanarsi dalla realtà dei fatti nella forma strettamente necessaria. Non c’è di certo bisogno di travisare ciò che è accaduto in Thailandia nel giugno 2018, né di creare nuovi eventi o situazioni narrative che possano distorcere la realtà dei fatti, eppure Ron Howard (che ha dimostrato in passato la sua abilità di narratore di stimolanti storie vere), si adegua alla scrittura innocua di William Nicholson per confezionare, in definitiva, un prodotto senza infamia e senza lode.
Un film rispettoso di quanto accaduto ma in cui latita la componente umana. Non c’è un solo momento in Tredici Vite in cui lo spettatore riesca a scorgere vera emozione nei personaggi (sia principali che in quelli di contorno), tutti incomprensibilmente sacrificati in fase di scrittura alla logica del rispetto dell’evento thailandese. E non ci sarebbe nulla di male in questo, senonché ad un certo punto vien voglia di mettere in pausa la visione e di saperne di più sugli eventi di Tham Luang, magari davanti ad un documentario tradizionale.
Che fine hai fatto, Ron?
In conclusione, per il suo Tredici Vite il regista premio Oscar per A Beautiful Mind mette incomprensibilmente da parte la magia e la sospensione dell’incredulità per imbastire un resoconto teso e rispettoso della tragedia sfiorata in Thailandia nel giugno 2018, senza però affondare il colpo come avrebbe dovuto o potuto. Scevra di potenza cinematografica ed emotività, la pellicola disponibile su Prime Video attutisce il trauma emozionale delle persone coinvolte nel complesso salvataggio a favore di un compitino svolto dietro la macchina da presa con poca passione e trasporto.
Ed è tutto sommato un vero peccato, se si pensa che le cose più interessanti che Howard ha diretto negli ultimi anni sono, paradossalmente, dei documentari duri e puri: su tutti, The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years (2016), Pavarotti (2019) e We Feed People per National Geographic (2022). Dopo i flop commerciali di Heart of the Sea, Solo – A Star Wars Story e Inferno, con Tredici Vite viene di nuovo da chiederci: che fine hai fatto, Ron?
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
La recensione in breve
Tredici Vite racconta il miracoloso salvataggio di una squadra di calcio thailandese all'interno di una grotta con dovizia di particolari e rispetto per le persone coinvolte nell'evento del 2018. Peccato che qui Ron Howard si dimentichi però che il cinema, anche quando racconta la realtà, non può sostituirsi ad essa.
-
Voto ScreenWorld