“L’amore è quel delicato processo attraverso il quale ti accompagno all’incontro con te stesso”.
Nella frase di Antoine de Saint-Exupéry con cui si apre il film di Cosimo Gomez c’è tutta la semplicità e tutta la complessità della post-adolescenza. Il momento spaventoso in cui ci si affaccia per la prima volta sul caos della vita adulta, in cui ci si scopre impreparati di fronte al mondo. Parla soprattutto di questo il secondo lungometraggio del regista fiorentino, che nel legame fra i due giovani e spaesati protagonisti individua un momento fondamentale del loro percorso di maturazione.
In questa recensione di Io e Spotty, un film garbato e affettuoso sul mistero della crescita, spieghiamo perché definirlo un semplice teen-drama sarebbe assolutamente riduttivo.
Io e Spotty
Genere: Commedia
Durata: 97 minuti
Uscita: 7 luglio 2022 (Cinema)
Cast: Michela De Rossi, Filippo Scotti, Paola Minaccioni
Angosce da grandi, giochi da ragazzini
Appare subito evidente una vena più adulta e matura rispetto alla scioltezza del classico film di formazione adolescenziale, come si può capire dalla trama. La protagonista di Io e Spotty, Eva (Michela De Rossi), non frequenta le scuole superiori, ma studia Giurisprudenza a Bologna. O almeno così racconta alla mamma: la sua vita, in realtà, è un susseguirsi di esami mancati e crisi di panico, che la ragazza tiene a bada grazie agli ansiolitici.
Anche Matteo (Filippo Scotti), un giovanissimo disegnatore di cartoni animati, non sa come relazionarsi col mondo di adulti che lo circonda. Per difendersi dalle proprie insicurezze ha trovato lo scudo perfetto: un costume da cane. Così, nel tempo libero, il ragazzo si trasforma in Spotty, cagnolone meticcio in cerca di giochi e divertimento.
Quando Eva si offre di fare la dog-sitter per Matteo, e lo trova vestito da Spotty nel suo appartamento, le due solitudini si incrociano. Ma il rapporto che si crea fra Eva e Spotty-Matteo non è drammatico e nemmeno grottesco: ha invece tutta la naturalezza di un gioco. La relazione feticista a cui il titolo allude è in realtà uno scherzo, perché nata dall’incontro fra due ragazzini confusi. L’immagine di un’adolescenza da cui non si riesce a scappare, di una paura di stare al mondo che avvicina, invece di dividere.
Io e Spotty colpisce proprio per la delicatezza e la spontaneità con cui mette in scena questo legame, che dovrebbe sembrare assurdo e inaccettabile, e invece è solo tenerissimo. Non c’è giudizio nello sguardo di Gomez: la crescita dei due protagonisti non va giustificata, ma semplicemente vissuta. E la conclusione della storia, in linea con questo sentimento, funziona proprio perché assurda, improvvisa, sconvolgente nella sua spensieratezza.
Una storia sulla diversità
Altrove, invece, il film sembra perdere fiducia nella realtà dei suoi personaggi, e cede il passo a una struttura narrativa più invadente. Eva non è solo insicura: soffre il pensiero omologante delle persone che la circondano, incapaci di accettare la diversità altrui. E Matteo passa da ragazzo confuso a degenerato, pazzo, pericolo pubblico. Un esempio scorretto da cui la ragazza, sotto consiglio di amici e familiari, deve tenersi alla larga.
Sono questi i momenti in cui il film, palesando gli intenti dell’autore, si fa più didascalico e pasticciato. Gomez decide a un certo punto che il legame fra Eva e Spotty deve rientrare all’interno di un preciso schema tematico, forzandone la costruzione per trasformarlo a tutti i costi in un racconto sulla diversità. Così facendo, però, finisce per logorare l’aria di sognante irrisolutezza della storia, rompendone a tratti la magia.
Io e Spotty, invece, funziona di più quando lascia ai personaggi lo spazio di costruire la loro intimità, quando è la chimica naturale fra De Rossi e Scotti, entrambi molto bravi, a dettare il ritmo emozionale delle scene. È in questi momenti che il film si libera delle sue impalcature narrative per aprirsi al pubblico: Io e Spotty offre così ai due protagonisti l’occasione di mostrarsi in tutta la loro complicità, e agli spettatori di osservare da vicino i meccanismi misteriosi e bellissimi del loro universo.
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La recensione in breve
Delicato e limpido, Io e Spotty è un teen-drama atipico: pur scontando un certo didascalismo nella scrittura, il secondo lungometraggio di Cosimo Gomez riesce a mettere per immagini il turbinio sentimentale dei suoi due protagonisti, raccontando il loro percorso di crescita con grande tenerezza.
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Voto ScreenWorld