Il bisogno di velocità sembrava un vecchio ricordo. La voglia di correre e volare era immortalata in una fotografia sbiadita. Top Gun sembrava un sole al tramonto, una bella canzone dei Berlin di cui era rimasto solo l’eco del ritornello. Però il sorriso smagliante di Tom Cruise non era d’accordo con tutta questa nostalgia. Quel sorriso, che sembra quasi il logo di un brand, voleva brillare ancora.
Apriamo la nostra recensione di Top Gun: Maverick soffermandoci su una star che non vuole proprio saperne di rimanere sepolta nella polvere. Così ha soffiato sul mito di Top Gun e tirato a lucido uno dei cult più emblematici degli anni Ottanta. Un cult che ha reso iconici canzoni, giubbotti di pelle e occhiali da sole. Senza dimenticare il sorriso smagliante di Tom Cruise. Feticci di un decennio spensierato difficile da rievocare oggi. Eppure Joseph Kosinski maneggia con cura l’eredità di Tony Scott e tramanda la “legacy” di Top Gun alle nuove generazioni mentre accarezza le vecchie. Una manovra estrema. Come quella di un vecchio F-14 che prova ad abbattere il muro del suono.
Top Gun: Maverick
Genere: azione, drammatico
Durata: 137 minuti
Uscita: 25 maggio 2022 (Cinema)
Cast: Tom Cruise, Miles Teller, Val Kilmer, Jennifer Connelly, Jon Hamm
La trama: un cuore tra le nuvole
Sono passati 34 anni dal finale di Top Gun e alcune cose non sono cambiate. Pete “Maverick” Mitchell è ancora lì sul campo con il cuore gettato oltre le nuvole. L’unica vertigine che vuole provare è dentro la cabina di pilotaggio, perché salire di grado non gli interessa affatto. Una promozione lo renderebbe un militare da scrivania. Non proprio l’habitat naturale di uno spirito audace come il suo. Però se Maverick ha ancora tanto bisogno di volare è anche perché non ha niente che lo tenga a terra. Niente famiglia, niente amori, niente persone da cui tornare. Spirito libero in apparenza, il caro vecchio Pete (che vecchio non sembra affatto) si dedica al lavoro per dedizione, ma anche per sfuggire a vecchi fantasmi. Fantasmi che ritornano di prepotenza quando viene chiamato a dirigere una nuova squadra di giovani “Top Gun”. Allievi da addestrare in vista di una missione al limite del suicida. Lo spauracchio si chiama Bradley, ovvero il figlio del suo compianto amico Goose. Un lutto che macera ancora nel senso di colpa di Maverick. È la scintilla che accende il motore di Top Gun: Maverick, un sequel in cui passato e futuro volteggiano fianco e fianco tutto il tempo.
Tom: Legacy
Tramonti, vecchie moto e giubbotti di pelle nella naftalina. Top Gun Maverick inizia crogiolandosi nella nostalgia. Celebrativo senza mai cadere nel retorico, Joseph Koskinski riesce a frenare il film poco prima di andare oltre la soglia dello smielato. Perché non c’è inquadratura o espressione che non trasudi amore sincero per quell’immaginario, per quei personaggi, per il mito stesso di Top Gun. Il film è un omaggio sentito a quello che è stato, ma è anche uno scossone. Un invito gentile a scrollarsi di dosso la malinconia di un tempo ormai andato per affrontare il presente e immaginare un futuro. Ancora una volta è questione di mentori e allievi. Ancora una volta è questione di figli e padri putativi. In questo senso l’operazione è molto simile a quella fatta con Creed, in cui attraverso le nuove generazioni (che incarnano l’eredità di un passato doloroso) si aggiorna e si tramanda una grande mitologia cinematografica.
Top Gun: Maverick ci riesce alla perfezione, in perfetto equilibrio tra celebrazione del passato e bisogno di futuro. Un dosaggio calibrato quasi alla perfezione, perché questo è un sequel che in alcuni momenti conserva quella patina ottimista del primo Top Gun (con tanto di citazioni, flashback e bandiere americane ai quattro venti), eppure inietta nello spettatore un senso di tragedia latente capace di tenere sempre alta la tensione. Il merito è tutto di una missione folle, dalle motivazioni banali e sin troppo classiche, ma funzionale per spingere i personaggi verso i proprio limiti sia mentali che fisici. Perché di fisicità in questo film ce n’è davvero tanta.
L’azione che racconta
La forza di gravità che ti opprime il collo, l’aria che manca nei polmoni, la vista che si offusca. Tutte sensazioni opprimenti che Top Gun: Maverick restituisce di continuo grazie a una marea di scene action tra i cieli davvero sensazionali. Kosinski (regista del sottovalutato Tron Legacy) pilota il film con maestria, lo dirige con grande disinvoltura e ci regala tante sequenze impregnate di adrenalina e vertigine. La vera grandezza del film è tutta lì: nel rendere l’azione racconto. Perché se pensare troppo alimenta la nostalgia del passato, agire è l’unico modo per vivere il presente, per esserci qui e ora. Scegliere d’istinto per capire chi sei davvero. Top Gun: Maverick ci insegna questo: a lasciare andare senza dimenticare. Ci riesce con un film emozionante, commovente, a tratti amaro e rassicurante allo stesso tempo. Un film nel cui panorama convivono il tramonto di un tempo che non può tornare e l’alba di qualcosa che sta per nascere. Insomma, un gran bello spettacolo.
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Conclusioni
Come abbiamo visto nella nostra recensione, il film di Joseph Kosinski celebra il passato ma punta lo sguardo verso il futuro. Con scene action sensazionali, Top Gun: Maverick è in perfetto equilibrio tra vecchi ricordi e il bisogno di affrontare il presente. Con il sorriso immortale di Tom Cruise a fare da collante.
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Voto ScreenWorld