Jessica Chastain, Lupita Nyong’o, Penélope Cruz e Diane Kruger che recitano assieme è tutto ciò che ci aspetteremmo da un poderoso film d’azione al femminile. Tuttavia, come vedremo nella nostra recensione di Secret Team 355, il veterano regista degli X-Men Simon Kinberg, che si è anche occupato della sceneggiatura assieme a Theresa Rebeck, amalgama un insieme di cliché dei film di spionaggio che funzionano per comodità, in linea di massima non infastidiscono e si appropriano astutamente della porzione narrativa indefinita tra ciò che è familiare e ciò che promette di sorprendere e andare oltre.
Secret Team 355
Genere: Azione
Durata: 122 minuti
Uscita: 12 maggio 2022 (Cinema)
Cast: Jessica Chastain, Penélope Cruz, Lupita Nyong’o
L’empowerment di un libro di testo usato
Il prologo di Secret Team 355 ci porta in Colombia, introducendoci subito il MacGuffin del film, un’arma segreta in grado di decrittare i sistemi digitali del pianeta, far precipitare gli aerei e causare innumerevoli effetti apocalittici. Tra i pericoli di dimensioni globali alla Mission Impossible e una trama molto simile a quella di Die Hard 4, la sicurezza del mondo dipende dall’agente della CIA Mason “Mace” Browne (Jessica Chastain) e dal suo partner (Sebastian Stan), che devono cercare di fermare l’organizzazione criminale intenzionata ad appropriarsi dell’arma letale, il che porta all’incontro con l’agente tedesca Marie (Diane Kruger) e all’ingresso nella squadra di Graciela (Penélope Cruz), una terapista dell’intelligence, unica a non sapere niente di armi.
Costretta a collaborare con Marie dopo aver preso qualche colpo, Mace recluta il genio informatico/hacker Khadijah (Lupita Nyong’o) per rintracciare il dispositivo nei luoghi più disparati del mondo, dai caffè all’aperto di Parigi a un vivace bazar di Marrakech, fino a un’asta d’arte dell’alta società a Shanghai, dove la misteriosa Lin Mi Sheng (la star cinese Bingbing Fan) si unisce per ultima alla squadra, come se fossimo in un film di Indiana Jones, con più parti interessate a un tesoro, che camminano progressivamente insieme.
Secret Team 355 dà l’impressione di non essere all’altezza di ciò che un gruppo di star come queste protagoniste potrebbe o dovrebbe pretendere, avvicinandosi in alcuni frangenti più all’episodio pilota di una serie televisiva, e in altri ai film d’azione più o meno scadenti con cui le grandi star dell’azione degli anni ’90 dovevano fare i conti all’arrivo dei loro successori generazionali. Solo che qui la maggior parte dei volti sono quelli del presente, e nel caso di Nyong’o o Fan non sono ancora sbocciati del tutto.
L’ondata di “girlboss” della metà degli anni ’90 celebrava donne dalla mentalità nuda e cruda, che prendevano il mondo per le corna per condurlo a una vera e definitiva svolta, presentando una versione gender-swap del capitalismo liberale come la soluzione ai molti problemi di quel preciso sistema. Secret Team 355, in un certo senso, la pensa allo stesso modo, e ci presenta la CIA e i suoi simili come animali corrotti, a meno che non sia una ragazza tosta a scuoterne gli equilibri.
Le X-Woman senza fattore X
Secret Team 355 ricorda le grandi avventure produttive anni ’80 e ’90, la cui strategia consisteva nell’ingaggiare un gruppo di star di punta, posizionarle ottimamente sul poster impugnando pistole, vendere il progetto e, soltanto in un secondo momento, scriverne la sceneggiatura. Una sorta di versione da videoteca di Charlie’s Angels con una certa aria da film dei primi anni 2000, nel bene – è pur sempre un film che mira all’intrattenimento più o meno spensierato – e nel male, esplicitato soprattutto dal finale decisamente anacronistico rispetto alla media dei film d’azione di oggi.
Jessica Chastain vuole riscrivere le regole dei film di spionaggio per affermare che anche una squadra di eroine ha la licenza di uccidere. La verità, è che la recente vincitrice dell’Oscar alla Miglior Attrice Protagonista, si inserisce nel lubrificato meccanismo delle cospirazioni globali e dei pulsanti rossi che le attivano, ma non ne riesce a invertire le dinamiche come vorrebbe, rendendo il film una gender revenge astuta ed energicamente attiva. Il modello James Bond può continuare a incarnare l’individualismo reazionario del cowboy errante, cambiando i mocassini con i tacchi a spillo e lo smoking con l’abito da sera, in virtù dello status iconico della spia, sorretta da un retaggio culturale, narrativo e – al cinema – soprattutto divistico. Status symbol che non manca a nessuna delle attrici qui coinvolte, ma che non riesce a traslarsi ai loro personaggi, che vivono nell’istantaneità del fotogramma, nel presente senza memoria.
In questo senso, il più grande villain del film è il tempo, non l’arma top secret di distruzione globale. Le grandi saghe d’azione hanno sviluppato un linguaggio che vive dei propri dialetti: l’eleganza opaca di James Bond, i corpi al limite di Mission: Impossible, i panorami immersivi di Kingsman… Le agenti di Secret Agent 355, che prendono nome dalla prima spia della Rivoluzione Americana, sono del tutto prive di memoria. Cosa ci dice questo di un film che, fin dal titolo, celebra l’importanza dell’eredità e, in fin dei conti, vive nell’amara beatitudine della comodità produttiva di fare film con grandi cast?
Per lo più, il viaggio di Secret Team 355 è quello dei bambini che giocano in cortile, che fanno del binomio morale “buono vs cattivo” il fulcro del loro teatrino scenico, tra dialoghi goffi di chi deve interpretare qualcuno di diverso da se, appartenente al mondo dei grandi. L’impressione è che il film diretto da Kinberg non riesca ad andare oltre il canone di recitazione scolastica, ben lontano dal luccichio che avevamo negli occhi quando fingevamo di essere poliziotti e spie.
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Conclusioni
Come abbiamo visto nella nostra recensione di Secret Team 355, l'impianto da action al femminile e uno spettacolare cast di attrici di punta non sono garanzia di successo filmico, tanto meno produttivo, per l'eclettica Jessica Chastain.
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Voto ScreenWorld