Il DNA più antico del mondo è stato recuperato da sedimenti dell’era glaciale nel nord della Groenlandia, rivelando alcune sorprendenti intuizioni su questo ecosistema unico. Il materiale genetico, risalente a 2 milioni di anni fa, che supera il precedente record di un milione di anni, fornisce un’istantanea di un fiorente ecosistema preistorico unico; composto da particolari animali tra cui, inaspettatamente, il mastodonte, un mammifero dell’era glaciale simile a un elefante mai trovato prima in Groenlandia.
Prima di questa scoperta, il DNA più antico mai recuperato proveniva da un osso di mammut di 1,2 milioni di anni fa. Questa nuova scoperta non è stata recuperata direttamente da materiale biologico, bensì si tratta invece di frammenti di DNA contenuti in sedimenti rimasti bloccati nel permafrost in profondità sotto la foce di un fiordo Oceano Artico, nel punto più settentrionale della Groenlandia.
Ora che una specifica équipe scientifica ha superato il record precedente, ritiene di aver aperto le porte ad alcune interessanti possibilità di campionamento di DNA ambientale antico. “Nel 2005, un anno prima del prelievo di questi campioni, avevo pubblicato un articolo in cui sostenevo che il DNA può sopravvivere solo 1 milione di anni – quindi mi sbagliavo di grosso!“, ha dichiarato in conferenza stampa il professor Eske Willerslev, autore dello studio e genetista evolutivo dell’Università di Copenhagen.
“Non sarei sorpreso se si scoprisse che possiamo tornare indietro nel tempo di due volte“, ha aggiunto Willerslev. Il noto genetista ha poi sottolineato che oggi non esiste nulla di simile a questo ecosistema. La base dell’ecosistema era una foresta boreale aperta con una vegetazione mista di pioppi, betulle e alberi di thuja, oltre a una varietà di arbusti ed erbe artiche e boreali. Tra i nove taxa animali scoperti vi erano renne, oche, lepri, lemming, granchi a ferro di cavallo dell’Atlantico e mastodonti.
Questa scoperta storica contiene anche alcuni importanti insegnamenti per il futuro: “abbiamo una roadmap genetica di come gli ecosistemi si adattano ai cambiamenti climatici, a climi più caldi. Se riusciamo a leggere correttamente questa tabella di marcia, essa contiene davvero la chiave per capire come possiamo aiutare gli organismi ad adattarsi a un clima che cambia molto rapidamente“, ha spiegato il professor Willerslev.
A Willerslev segue una considerazione, rilasciata a FLScience, del Professore Mikkel W. Pedersen: “uno dei fattori chiave è in che misura le specie saranno in grado di adattarsi al cambiamento delle condizioni derivanti da un aumento significativo della temperatura“. Mikkel W. Pedersen, interpellato a studiare tale scoperta è un membro di spicco del Centro di GeoGenetica della Fondazione Lundbeck.