Le assi scricchiolano, il sartiame sferza tra le dita dei marinai e il capitano naviga compiendo una manovra in rada tra gli scogli. All’improvviso, eccola! Una nave con un equipaggio di scheletri maledetti solca il mare e giunge per attaccare, cannonando e bucando lo scafo nemico. Tutta a babordo, è il momento di rispondere al fuoco! Ed è così che inizia una tra le avventure più esaltanti di sempre. No, non stiamo parlando di un nuovo lungometraggio su I Pirati dei Caraibi, ma di quello che, negli anni, si è imposto come uno dei migliori videogiochi multiplayer online che ci siano attualmente sul mercato. Sea of Thieves è un vero e proprio gioiellino, ma bisogna essere onesti. È una gemma splendente che, nonostante i suoi innumerevoli contenuti, nasconde delle macchie di non poco conto.

Inizialmente disponibile soltanto su PC tramite il Microsoft Store e Steam, e in esclusiva console su Xbox, il ‘simulatore’ di pirateria di Rare ha letteralmente dominato il mercato in questo ambito. Tant’è che più di uno studio di sviluppo ha tentato di replicare la stessa formula con la medesima ambientazione, dal più famoso e disastroso Skull & Bones al nuovo e promettente Sand, non riuscendo mai a spodestare il re. Con il raggiungimento del considerevole record di 30 milioni di giocatori tra tutte le piattaforme e dopo 6 anni di esclusività su console Microsoft, il 30 Aprile 2024 giunse su PlayStation 5. Ora, al suo primo anniversario per i videogiocatori di Sony e ormai 7 dalla sua uscita, ci sembra doveroso parlare delle origini, dell’ascesa al successo e delle criticità di questo gioco. Un gioco che, nel bene o nel male, è riuscito a imporsi tra i competitor online, il che non è da tutti considerando i giganti che ha dovuto affrontare.

Un inizio scricchiolante

Il Kraken in Sea of Thieves
Il Kraken in Sea of Thieves, fonte: Rare

Le origini di un gioco sui pirati sono decisamente poco piratesche. La Rare, capitanata da Craig Duncan e Joe Neate, voleva sviluppare un videogioco online in cui i giocatori potessero creare le proprie storie e cooperare per raggiungere un obiettivo comune, traendo ispirazione da capostipiti del genere come EVE Online, Rust e DayZ. L’idea alla base dell’ambientazione, però, verteva più sui vampiri o sui dinosauri, finché Duncan non ha pensato ai pirati. La scelta è stata strategica, e vincente, poiché non c’erano concorrenti diretti sul tema, ma è stata dettata anche da una direzione artistica ben definita. Infatti, i videogiochi online come quelli sopracitati risultavano particolarmente proibitivi, focalizzati più sullo scontro tra giocatori e non sulla cooperazione. Il team voleva, invece, che le persone fossero libere di partire all’avventura e di vivere le proprie storie in spensieratezza. L’ambientazione piratesca calzava a pennello con questo senso di libertà.

Grandi fonti di ispirazione sono state Black Sails, I Pirati dei Caraibi, Monkey Island e, più di ogni altro, I Goonies. Joe Neate voleva, infatti, realizzare un titolo che trasmettesse il più possibile le sensazioni che gli diedero il film di Richard Donner quando era giovane. Il senso di scoperta, il viaggio con i propri amici alla ricerca di un tesoro mentre si affrontano pericoli e si raggiunge il risultato insieme. Ed ecco che Sea of Thieves, inizialmente intitolato Athena, prende forma e non solo per mano dei suoi creatori.

Poster di I Goonies
Poster di I Goonies, fonte: Warner Bros. Italia

Lungo tutto lo sviluppo, dal 2014 al 2018, viene istituito il programma insider, un modo per permettere ai fan di provare gratuitamente il titolo e fornire costanti feedback alla software house, così da migliorare l’esperienza prima del suo lancio ufficiale. Al programma aderirono più di 30 mila giocatori, i quali hanno permesso a Rare di settare un sistema di gioco incredibilmente inclusivo, basato interamente sull’abilità del giocatore e non su livelli ed esperienza in game. Tutti i videogiocatori sarebbero stati uguali, pad o mouse alla mano. Purtroppo il lancio non è stato roseo come ci si potrebbe pensare.

Nonostante tutte le buone qualità e uno sviluppo promettente, alla sua uscita nel 2018 il gioco è stato pesantemente criticato per la mancanza di contenuti. Si potevano svolgere poche attività e gli scontri in mare con nemici causali erano davvero risicati. La sensazione, che va detto alcuni provano ancora oggi, era quella di un’esperienza noiosa in cui si passava la maggior parte del tempo a navigare e molto poco ad agire. Per fortuna il progetto non viene subito abbandonato e, grazie a una community sempre più solida, al gioco viene data una seconda occasione. Stava nascendo una nuova era per Sea of Thieves.

Come risollevarsi alla grande


Enigmi, cacce al tesoro, inseguimenti con pericolosi signori degli scheletri, assalti alle fortezze del mare, grandiose battaglie navali e scontri con i pericolosissimi mostri marini quali megalodonti e kraken. Nel giro di due anni vengono aggiunti al gioco una quantità di contenuti impressionante, facendo sì che venisse colmato quel grosso difetto che il titolo aveva al lancio. Nel 2020, con lo scoppio della pandemia e la costrizione delle persone di restare a casa, arriva il momento più roseo per Sea of Thieves, portato a completa maturazione da Rare grazie all’aggiunta delle Storie Assurde, una vera e propria campagna che narrava una trama prestabilita e approfondiva la ricchissima lore.

Purtroppo, le meccaniche proposte erano estremamente complesse anche per i giocatori più navigati, le trame difficili da seguire e gli scontri con i boss frustranti e ripetitivi. Non proprio l’esperienza più accessibile, insomma. Soprattutto quando, in quel periodo, i server si erano riempiti di nuovi pirati pronti all’avventura. Era necessario mettersi al lavoro su qualcosa di più accattivante, che attirasse l’attenzione anche su chi di giochi non se ne intende affatto. Perché non dare il via a una collaborazione con Disney per realizzare una campagna narrativa su I Pirati dei Caraibi? Ed ecco che, nel 2021, arriva la ben più semplice e divertente espansione intitolata Vita da Pirata. I giocatori avrebbero liberato e cooperato con Jack Sparrow per impedire a Davy Jones di diventare il padrone della vita e della morte tra i mari dei ladri. Le missioni erano più cinematografiche, si allacciavano con la lore del gioco e gli scontri erano più vari e gratificanti. Sea of Thieves era diventato un gioco totalmente diverso, ma c’era ancora margine di miglioramento.


Nel corso dei due anni successivi vengono rilasciati sempre più contenuti, non tutti riuscitissimi e neanche troppo amati, ma talmente tanti e variegati da dare onore al merito alla Rare. Nel 2023 viene raggiunto un nuovo accordo con Disney, grazie al quale viene rilasciata un’espansione, con meccaniche totalmente inedite e rivoluzionarie per il titolo, basata su The Secret of Monkey Island, lo storico videogioco del 1990 del leggendario trio di sviluppatori quali Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman. Ancora una volta è un successo sia della critica che dei fan. Ad oggi ci ritroviamo alla stagione 15, con l’aggiunta di nuovi giganteschi boss, armi, attività, eventi e infinite possibilità di forgiare la propria leggenda tra le onde.

L’uscita su PlayStation è stata accolta con una nuova ondata di pirati che ha invaso i server, aumentando ancora di più il numero di giocatori e i guadagni per Rare. Il titolo è attualmente immenso, le attività sono infinite e chi si avvicina ora a Sea of Thieves ha una tale quantità di missioni a disposizione da avere bisogno di migliaia di ore per portarle a termine tutte. Tuttavia permangono due grossi deficit, i problemi più conclamati e che ancora affliggono il titolo, e l’eterna dicotomia tra PVP e PVE.

L’eterno conflitto: PVP o PVE?

Due fazioni di Sea of Thieves
Due fazioni di Sea of Thieves, fonte: Rare

Partendo proprio da quest’ultimo aspetto, gli sviluppatori hanno da sempre immaginato Sea of Thieves come un PVPVE. Cosa significano, però, queste sigle? PVP significa Player versus Player, ovvero una tipologia di giochi deathmatch in cui i giocatori si scontrano gli uni con gli altri. PVE sta per Player versus Enviroments, dando così alle persone la possibilità di combattere nemici controllati dall’intelligenza artificiale. Sea of Thieves nasce innanzitutto come gioco cooperativo in cui, però, tutto è permesso. Chi preferisce forgiare alleanze e cannonare scheletri e kraken può farlo, ma è anche possibile depredare il bottino di altri giocatori, dando vita a duelli all’ultimo sangue. Il gioco è, quindi, ufficialmente un ibrido tra i due stili di gioco. Per l’appunto un PVPVE. Il problema principale è che, spesso, per impelagarsi in combattimenti tra giocatori è necessario possedere una certa dimestichezza con le meccaniche e le armi a disposizione.

Il gioco vuole essere accessibile per chiunque, grandi e piccoli, casual o hardcore gamers, chi vuole farsi un giretto in nave in tutta tranquillità e chi vuole razziare e depredare, ma l’ago della bilancia pende spesso a favore di questi ultimi. Il team ha provato a spingere i giocatori a interagire tra loro sia collaborando sia scontrandosi tramite tantissime attività, una più fallimentare dell’altra. La frustrazione di chi predilige un approccio PVE è sempre stata altissima, considerando che spesso ore e ore per racimolare il proprio bottino veniva vanificato da chi era interessato unicamente alle meccaniche PVP. Per venire incontro a ogni giocatore sono stati creati dei server privati. Chi vuole affrontare l’esperienza classica può ancora farlo, ma chi vuole provarne una più accessibile ha avuto il proprio spazio sicuro. Una necessità ben vista, ma che ha portato la community a scontrarsi su quello che dovrebbe essere il ‘vero’ approccio al gioco e dimenticandosi che non ne esiste uno prestabilito. Giocare a Sea of Thieves è un’esperienza totalizzante che permette possibilità infinite.

Critiche e problemi

Compagnie commerciali in Sea of Thieves
Compagnie commerciali in Sea of Thieves, fonte: Rare

Non ci sono soltanto i giocatori più ‘aggressivi’ e tossici a popolare il mare dei ladri, ma c’è ben di peggio. I difetti più conclamati sono da sempre stati quelli legati alle attività, spesso ripetitive e legate alla mera acquisizione di somme di denaro in game troppo esigue per poi acquistare cosmetici eccessivamente costosi. Se per comprare una singola giacca è necessario giocare mesi e mesi, vien da sé che le persone si stancano facilmente di non avere una vera e propria progressione. Per ovviare a questo deficit non indifferente sono state istituite le stagioni con relativi pass, ma la situazione non è poi cambiata molto. Le boss fight, sebbene quelle più recenti siano meglio elaborate, consistono ancora nella ripetizione di infliggere danni, morire, tornare in vita e ripetere. Un ciclo infinito che ha portato tante persone ad abbandonare il gioco.

Infine ci sono loro. I giocatori realmente tossici e odiati da qualsiasi community di qualsiasi videogioco al mondo. I cheater! Per chi non fosse avvezzo al termine, i cheat sono trucchi che vanno a riscrivere il codice di programmazione del titolo, provocando delle fastidiosissime sessioni di gioco in cui i cheater si dotano di bonus che li rendono, il più delle volte, invincibili e tutti gli altri le loro vittime sacrificali. Da ormai qualche stagione a questa parte, questo genere di giocatori si sono riversati nei server e, ad oggi, non è stato fatto granché da Rare per arginare il problema. L’unica soluzione che è stata escogitata è anche la più deludente possibile. Consiste nel chiedere alle vittime di cheat di eseguire un video incriminante, inviarlo al supporto tecnico del team con il nickname dei giocatori coinvolti e se viene confermato che sono stati usati dei trucchi, i cheater saranno bannati per sempre. Almeno finché non verranno creati nuovi profili per riprogrammare Sea of Thieves. Quella dei cheater è in assoluto la più grande piaga del gioco, oltre che della storia dei videogiochi online, e la loro affluenza nei server ha reso molte sessioni infruttuose.

Il vero punto di forza: la community


Cos’è, in fin dei conti, che rende Sea of Thieves uno dei giochi multiplayer online migliori degli ultimi anni? La risposta più semplice è una: la sua community. Così variegata e unica, in grado di mettere in scena siparietti comici anche nelle situazioni più disastrose. Quella stessa community composta anche da quei giocatori più attaccabrighe che prediligono il PVP a scapito dell’esperienza originale ibrida. Ogni incontro nei server porta a dinamiche sempre nuove. Si può brindare insieme nelle taverne, suonare con altre ciurme dando vita a veri e propri concerti o allearsi per sconfiggere nemici particolarmente potenti. Facendo sì che vengano strette nuove, indissolubili amicizie anche nel mondo reale.

Perché in fin dei conti è questo Sea of Thieves. Un luogo nel quale incontrare persone che vogliono forgiare il proprio destino, vivere avventure e far parte di una comunità. Che si decida di passare le ore a pescare o semplicemente a navigare chiacchierando in spensieratezza, tirando il sartiame per regolare le vele e la velocità della nave in base alla direzione del vento. Che si voglia fare a gara a chi riesce a colpire il nemico più lontano, chi può reggere più boccali di grog prima di vomitare o dare il via a competizioni di precisione con i cannoni. Come tanti altri giochi di questo genere, Sea of Thieves è questo e molto di più. È una finestra su un mondo in cui il giocatore è libero di fare praticamente qualsiasi cosa, ma qualunque sia l’attività da voler portare a termine, in compagnia è più appagante. Ed ecco la verità cui nessuno ha pensato. Sea of Thieves non è un simulatore di pirateria. È un simulatore di amicizia.

Condividi.

Nato il 19 Dicembre 1992, ha capito subito che il cinema era la sua strada. Dopo essersi laureato in filosofia all'università di Palermo e aver seguito esami, laboratori e corsi sulla critica, la storia del cinema e la scrittura creativa, si è focalizzato sulle sue più grandi passioni: scrivere e la settima arte. Ha scritto per L'occhio del cineasta ed è stato redattore per Cinesblog fino alla sua chiusura. Ora si occupa di news e articoli per ScreenWorld.it, per CinemaSerieTv.it e CultWeb.it