Death Stranding è stato un gioco tanto rivoluzionario quanto generazionale. A meno di essere nella piccola cerchia di persone che non sono riuscite ad apprezzare l’ultima opera di Hideo Kojima, tutti gli altri hanno salutato il gioco con un carico di emozioni e di sorpresa a tratti quasi inaspettato.

Per affrontare Death Stranding 2: On the Beach è bene ricordare cosa è stato Death Stranding in origine, ovvero una totale sorpresa, quasi un gioco comprato a scatola chiusa perché tutta la promozione fece leva sull’enorme cast artistico e tecnico che si era riunito attorno a Hideo Kojima, ma del gioco vero e proprio si vide sempre pochissimo, bollandolo facilmente come “gioco di consegne” e questo è vero, ma attorno quella semplicissima meccanica – resa ludica e appagante – c’era molto di più, dal preciso e affascinante world building costruito da zero, alla solita caparbietà di Kojima nel trattare e anticipare temi importanti.

Più di quella che è stata la successiva pandemia mondiale e il bisogno di connessioni, Death Stranding a differenza della Metal Gear Saga sembrava puntare l’attenzione sull’utente finale, quasi trarlo in inganno, mettendogli tra le mani la necessita di ricostruire qualcosa, la famosa corda più volte citata per riassumere parte della missione di Sam. Riconnettere le UCA era lo specchio di una società che si è sgretolata su se stessa nel tempo, con l’essere umano bisognoso di ripartire dalle azioni basilari, quali riconnettersi con i suoi simili, superare un evento globale assieme, posando il bastone e tenere salda la corda.

Death Stranding 2 in tal senso opera un’azione inversa: taglia la corda e ci adopera di molteplici bastoni. Perché questo cambio? Cosa è successo a Sam? Cosa dovremo connettere ora e, per riprendere la tag principale di questo secondo capitolo: ci saremmo dovuti connettere? Scopritelo nella nostra recensione di Death Stranding 2: On the Beach.

Death Stranding 2 On the Beach, connessioni spezzate

Sam e Higgs in Death Stranding 2 On the Beach
Sam e Higgs in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Lo abbiamo visto nei trailer, ma per non cadere nella tentazione di raccontare eventi o dettagli scomodi, l’impegno è quello di rimanere sul vago. Death Stranding 2 è ambientato poco più di un anno dopo la fine del primo capitolo. Sam e Lou ora vivono lontano da tutto e tutti. La Bridges è una realtà lontana e Sam non lavora più per nessuno. Un incontro con Fragile e un evento cruciale quanto doloroso rimetteranno lo zaino sulle spalle di Sam per connettere nuovi territori.

Prima il Messico, per completare per bene la connessione vicino alle UCA, poi in seguito l’Australia. Questo salto geografico è possibile grazie alla rete chirale del Messico assieme alle precedenti connessioni nelle UCA. La rete chirale sta dando origine a degli eventi inspiegabili, tra questi ci sono i geo-varchi, portali che collegano zone originariamente lontane tra di loro, ma raggiungibili tramite questi varchi in un paio di secondi.

L’occasione è ghiotta per molteplici motivi: da una parte Fragile ha messo in piedi la Drawbridge, compagnia civile fuori dal controllo delle UCA, con la missione di connettere quante più nazioni possibili, dall’altra il lavoro può essere la miglior distrazioni possibile per Sam, dopo la profonda ferita che ha subito proprio a inizio gioco. Dunque pronti a camminare, completare consegne e connettere l’Australia alla rete chirale, terra grandissima, piena di fascino, ma anche teatro di uno scontro delicato per la psiche di Sam.

La corda

Fase di azione in Death Stranding 2 On the Beach
Una fase di sparatoria in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Come scritto poco prima, se Death Stranding era la corda, questo sequel è il bastone. Non è dunque difficile immaginare che tipo di gioco sia questo seconda capitolo. La base è stata tutta già tracciata con la grammatica di gioco praticamente rimasta immutata (accetti la missione, prendi il carico, vai da punto A a punto B, consegni, connetti alla rete chirale e poi passi alla successiva consegna principale e/o secondaria), a cui si aggiunge un potenziamento tecnico e artistico assolutamente impressionante.

Il Decima Engine qui è spinto al massimo: tanto il Messico quanto l’Australia sono delle zone di gioco che mettono in ombra le mappe del precedente capitolo. Queste sono piene di dettagli e con un level design decisamente più curato. Accorgimenti che saltano all’occhio sin da quando si organizza il tracciato per organizzare la consegna. Ogni strada è fatta per essere percorsa, ma anche evitata. Per ogni consegna ci saranno almeno tre o quattro percorsi che il nostro occhio disegnerà velocemente sulla mappa. Una generosità di applicazione che lascia spazio ad una sperimentazione totale.

Una porzione di mappa del Messico inDeath Stranding 2 On the Beach
Una zona boschiva in Messico in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

A giocare un ruolo fondamentale sono gli eventi atmosferici che influenzeranno la progressione di ogni consegna a seconda della zona: incendi, tempeste di sabbia, scosse di terremoto, pareti rocciose che crollano, fiumi che straripano: state pur certi che se una consegna avrà di mezzo dei campi di banditi che vorrete evitare, le altre strade saranno il centro di eventi atmosferici che vi metteranno in grande difficoltà. Questa cosa non serve solo ad innalzare il livello di sfida, ma a rendere la mappa di gioco anche decisamente più viva e interattiva.

Per esempio le tempeste o il vento forte possono essere attraversate indossando particolari esoscheletri o se decideremo di superare una montagna molto alta, la mancanza di ossigeno – che causerà un drastico calo della resistenza – richiede l’utilizzo di una maschera per poter respirare. Insomma, al netto delle nuove difficoltà ambientali a cui potremo andare incontro, sicuramente ci sarà un oggetto che richiederà attenzione nella creazione come equipaggiamento. Le possibilità ci sono, sta a noi – come sempre – capire quali si adattino meglio al nostro gioco e nelle nostre capacità e relativo tempismo per eseguire le consegne.

Il bastone

Il deserto dell'Australia in Death Stranding 2 On the Beach
Il deserto dell’Australia in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

In Death Stranding 2 On the Beach si spara. Si spara davvero tanto, almeno cinque volte di più di quanto era necessario fare nel precedente capitolo. Ecco la necessità del bastone che apre ad approccio di gioco che sarà molto più accessibile per una grande fetta di videogiocatori, almeno quelli che non hanno mai particolarmente apprezzato la necessità di sfruttare azione e tattiche stealth nei campi dei muli.

Per capire la portata e varietà dell’azione in particolare nei campi dei predoni e survivalisti presenti in Messico e in Australia, tenete a mente gli avamposti dei nemici in Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Le meccaniche di infiltrazione si costruiscono nel medesimo modo e per fare un paragone grande e semplice, Death Stranding 2, nel suo approccio stealth o ad armi da fuoco, è praticamente identico a The Phantom Pain.

Gli avamposti dei briganti qui saranno costruiti decisamente meglio, in strutture che abbracciano una verticalità molto più approfondita, dove poter sfruttare gli spazi per nascondersi ed operare una tattica silenziosa. Si può procedere così, altrimenti possiamo sempre equipaggiarci di più armi possibili e sconfiggere tutti i nemici per metterli fuori gioco. Non c’è mai l’obbligo di eseguire una tattica in particolare, basta tenere a mente che le azioni che eseguiremo saranno sommate al punteggio finale della consegna, ma qui ci torneremo a brevissimo. Importante da sapere è anche la possibilità di staccarsi dallo zaino se decideremo di infiltrarci silenziosamente negli avamposti nemici. Carichi troppo alti potrebbero destare sospetti e indicare la nostra posizione ai nemici, è saggio dunque sganciare lo zaino – per riprenderlo dopo – per adoperarsi in missioni stealth precise e silenziose.

Cristalli chirali in Death Stranding 2 On the Beach
Cristalli chirali in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

A differenza del precedente capitolo, non dovremo attendere molto per sbloccare il nostro arsenale da fuoco. Tempo un paio di ore e avremo tra le mani già un nutrito numero di armi, che si aggiornerà completando consegne secondarie, come seguendo la trama principale. Gradita novità è lo switch automatico delle munizioni delle armi a seconda del nemico che stiamo combattendo, dunque proiettili non letali contro gli umani (valgono le stesse regole del primo Death Stranding, dunque è preferibile non uccidere altri esseri viventi per evitare la successiva necrosi), letali e marchiate di sangue contro le CA. Sarà sempre possibile scegliere quali munizioni usare tramite una sequenza di tasti precisa dall’inventario, ma il consiglio è quello di lasciare tutto così com’è, per una questione di forte praticità.

Se mai volessimo azzardare un cambio, o se dovessimo utilizzare armi energetiche non adatte allo scontro, nessun problema dato che qui entra in gioco il simpatico Dollman, marionetta animata dallo spirito di un sensitivo che ne è rimasto intrappolato, specchio del personaggio di Mimir negli ultimi due God of War, che ci “consiglierà” in occasioni del genere quale strategia usare, ma anche solo per fare due chiacchiere con Sam e analizzare in sporadici momenti intimi, il valore intrinseco dell’intenzione di collegare una nuova nazione alla rete chirale.

In tal senso è bene sottolinearlo: Death Stranding 2 è un gioco molto più veloce e accessibile, anche grazie alla libertà di accesso alle armi, oltre al fatto che il numero di bocche da fuoco e di altri oggetti offensivi è almeno tre volte più grande di quello del precedente gioco.

Armi, tante armi

Incursione nel luogo oscuro in Death Stranding 2 On the Beach
Incursione nel luogo oscuro in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Affrontiamo il grande elefante nella stanza: Death Stranding 2 è un gioco di una bellezza ammaliante, ottimizzato in tutte quelle meccaniche che sembravano precedentemente abbozzate, dunque la gestione e utilizzo della armi, delle granate, altri oggetti, personalizzazioni varie e strutture: in questo il gioco è davvero enorme e regala una libertà di azione come di sperimentazione molto più grande.

Oltre ai già citati campi di briganti e le CA, ci saranno anche i mecha spettro, robot armati fino ai denti che avranno un ruolo cruciale all’interno della narrazione e a meno di avere una posizione strategica vantaggiosa, tanto da utilizzare lo stealth per metterli fuori uso, l’unico modo per sconfiggerli è riempirli di piombo. Purtroppo in tutte le occasioni in cui questi appariranno, sarà sempre su campi aperti, motivo per cui lo scontro diretto e frontale è inevitabile, tranne forse che per un paio di occasioni, ma la loro sensibilità nella vista come nell’udito, li rendono nemici decisamente difficili da sconfiggere in stealth.

Qui emerge una virata particolare che Hideo Kojima applica al gioco, un cambio che avrete già capito, ovvero quello di essere sempre Death Stranding ma fortemente più incentrato sull’azione, rendendo sempre tale e più approfondite tutte le meccaniche stealth, ma ormai non c’è più bisogno di applicarle. La sensazione è che questa sia stata una mossa per cercare di arrivare ad un pubblico più grande, quasi come se Kojima sentisse la necessità di rispondere a chi criticò quel sistema fatto di piccoli passi, respiro trattenuto e silenzio assoluto per superare i campi di CA. In Death Stranding 2 le CA sono anche potenziate (adesso possono vederci, letteralmente, con i loro occhi), ma non rappresentano più una paura concreta. D’altronde siamo carichi di decine di granate e almeno una dozzina di fucili d’assalto.

Seguendo i nostri passi

Sam e la DHV Magellan
Sam e la DHV Magellan in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Non fraintendete le parole fino a questo punto: Death Stranding 2 On the Beach è un gioco straordinario a cui però manca l’effetto novità. La forza del primo capitolo era quella di inoltrare il videogiocatore in un mondo di cui si sapeva poco, dove era necessario capire le regole, come sopravvivere e l’equipaggiamento misero e centellinato suggerivano spesso la necessità di muoversi a piccoli passi in un mondo ostile e pericoloso.

La formula ludica come abbiamo visto è rimasta intatta motivo per cui non aspettatevi un chissà quale cambio nella grammatica di gioco. Tutto è molto più grande, potenziato e accessibile. Anche l’utilizzo della DHV Magellan, sia come hub che come strumento per il viaggio rapido, è parte di quelle integrazioni che rendono sempre più vario l’approccio alle missioni come del mondo di gioco e anzi, spesso sarà un’esperienza davvero suggestiva recarci in un centro di consegna e vedere da lontano la DHV Magellan sollevarsi dal suolo e sentire il suo suono identificativo. La nave rappresenta quasi un faro, la certezza di essere vicini all’obiettivo, ma è una presenza che compone un quadro artistico degno di nota.

Concentrazione chirale in Death Stranding 2 On the Beach
Concentrazione chirale in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Altra novità decisamente interessante, riprendendo il discorso iniziato poco prima, è la presenza di alcune abilità da sviluppare con punti esperienza specifici. Ricordate le valutazioni a seguito delle consegne effettuate? Nel primo capitolo tutto era regolamentato da una gestione di voti e punteggi decisamente fini a se stessi, qui invece ottenere valutazioni alte, permette anche di guadagnare più punti esperienza, ma non finisce qui: oltre abilità da sbloccare, ci saranno anche le esperienze sul campo riguardo particolari azioni. Usare tante volte lo stealth, aumenterà il livello generale di quella sezione specifica, utilizzare tante volte i fucili a pompa aumenterà l’esperienza e l’uso di Sam di quella specifica arma, correre tanto aumenterà la resistenza finale e così via per una buona manciata di altri slot di abilità.

Ovviamente per avere la possibilità di sbloccare tutte le abilità e ottenere il grado massimo in ogni categoria è necessario completare molteplici consegne, andando ad attingere anche a quelle secondarie – che sono almeno il doppio se non di più del primo Death Stranding -, rinforzando anche il nostro equipaggiamento con armi e oggetti che non potremo ottenere seguendo solo le missioni principali.

Cosa è Death Stranding 2?

I rami delle abilità
Le diverse abilità di Sam da livellare in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Se Death Stranding è uscito dalla caverna gattonando ed emettendo i suoi primi vagiti, Death Stranding 2: On the Beach è il gioco che si fa grande, rinforza le spalle e fa passi decisi verso un’identità che potrebbe non piacere a tutti. Proprio la sua virata ad un approccio molto più d’azione potrebbe snaturare l’elemento cardine del successo che ha avuto la prima iterazione del franchise.

Questo non può e non deve essere circoscritto in un ipotetico e semplice difetto, bensì contestualizzato nell’opera nel suo complesso: ogni videogioco matura e va in una direzione, adagiandosi e mutando anche nelle necessità a cui ambisce. In tal senso, come già ampiamente descritto ovunque, la grammatica di gioco di Death Stranding è la stessa, non aspettative dunque una rivoluzione nelle meccaniche di gioco, anche se sarebbe chiaro aspettarsi sempre quel +1 quando si parla di Hideo Kojima. Questo plus c’è, ma da ritrovarsi altrove. In questo quadro però può stonare come alcuni stilemi classici che hanno reso il successo del franchise (le CA o l’esperienza del viaggio) siano stati vistosamente depotenziati, andando ad arricchire tutto il comparto bellico. Vi basti pensare che si possono equipaggiare delle armi tanto sui veicoli, quanto sulla DHV Magellan e non sono certo strumento di contorno, anzi, di proiettili anche lì ne spareranno a migliaia.

Un momento di riposo per Sam
Un momento di riposo per Sam in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Il solo fatto che Death Stranding esista è di per se un miracolo, come la sua sempre difficile catalogazione. Bisogna dunque rendere grazie dell’esistenza di questo secondo capitolo, anche nella sua capacità di non essere troppo simile al capitolo genitore e tentare la sua strada. Già nel 2019 il pubblico si divise apertamente, Kojima dunque gioca a carte scoperte, andando a potenziare alcuni elementi, ascoltando anche i feedback negativi e regalando un’apertura maggiore. Una sua scelta? Una cosa imposta da Sony? Al netto di ciò l’equilibrio che regola lo status vitale del gioco è ottimo e regala l’unica vera informazione che ognuno vuole sentirsi dire: giocare Death Stranding 2: On the Beach è magnifico e appagante come non mai.

Il gioco perfetto non esiste e come tale anche Death Stranding 2 ha i suoi difetti che lo mettono di un pelo sotto al primo capitolo, ma saremmo dei folli a non ammettere che lungo le circa quaranta ore che abbiamo impiegato per finire il gioco, ci siamo divertiti da matti. Avere il pad tra le mani e adoperarsi in ogni consegna, scontro con i boss o altro, è sempre stato incredibilmente avvincente e appagante e tanto basta per sapere che il divertimento è assicurato.

Una storia matura

Un momento musicale
Un momento musicale in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Lasciamo per ultimo le cose più importanti, andando in ordine sparso.

Sì, il personaggio di Luca Marinelli è magnifico e gli scontri che avremo con lui sono galvanizzanti, con Kojima che gioca, letteralmente, con la gravità, ma vi lasceremo il gusto della scoperta. Meno avvincenti sono gli scontri con gli altri boss, che si costruiscono della classica formula del puntare l’arma contro la grossa CA o mecha spettro e sparargli finché non finisce i punti vita. Si poteva fare di più certo, ma spesso questi scontri con i boss vengono assorbiti dal classico flusso del gioco.

Sul fronte narrativo ci sarebbe da scrivere almeno un altro articolo dedicato, ma vi basta sapere che la storia proposta è nettamente migliore di quella del primo capitolo, grazie anche ad un approfondimento ed espansione del world building, con giusto un inciampo nel finale, dove alcuni eventi sono trattati con troppa superficialità, proprio quando tutti gli enigmi e i segreti stanno per essere svelati.

In tal senso è bene sapere, come anticipato a inizio recensione che Death Stranding 2 è una storia sul lutto, sulla perdita, sulla depressione e la necessità di andare avanti. Se è bene o meno creare connessioni, trova risposta nel modo in cui un individuo risponde emotivamente quando queste connessioni vengono spezzate. Sam ha subito un trauma, una connessione si è rotta, e il suo vagare per le terre desolate post Death Stranding ha il sapore di un uomo anestetizzato alla ricerca di uno scopo. Questo concetto si spalmerà lungo le ore di gioco, regalandoci numerosi twist e precisi approfondimenti. La voglia di approfondire questo o altri aspetti è forte, ma è parte integrante dell’esperienza di gioco, dunque non fatevela rovinare da nessuno con pericolosi e odiosi spoiler.

Esplorazione della mappa in Death Stranding 2 On the Beach
Esplorazione della mappa in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Va fatto un appunto su quanto la trama si applichi perfettamente alle novità nell’esperienza finale di gioco. Il suo essere un gioco molto più action si incastra perfettamente nella visione di un Sam distrutto emotivamente. In mancanza della corda, Sam adopera i bastoni, le armi, muovendosi quasi fosse una marionetta senza più anima, ma veicolata solo da istinti primordiali, quali la sopravvivenza, motivo per cui si prodiga in una consegna dopo l’altra, con la mente annebbiata e il dito perennemente sul grilletto.

Qualcuno potrebbe vederle come forzature, ma ad ogni scelta che può sembrare curiosa, dietro c’è una particolare linea di dialogo con qualche personaggio della Drawbridge che rivela una forte connessione. Tra queste, Fragile è sicuramente la figura di riferimento, avendo la parentesi narrativa più importante, assieme a Tarman e Dollman. Rainy, Tomorrow, Deadman e Heartman rimangono poco più in ombra, ma per altre motivazioni da scoprire durante l’esplorazione del gioco.

Fiamme verso la foresta
Fiamme verso la foresta in Death Stranding 2 On the Beach – ©Kojima Productions

Senza girarci attorno, ribadiamo l’ovvio: Death Stranding 2: On the Beach è un gioco straordinario, non privo di difetti e con una precisa cifra stilistica che potrebbe trovare nuovi appassionati lì fuori, portando sempre le discussioni attorno l’opera di Kojima, ma veicolate da nuovi dubbi e altrettante certezze. La cosa migliore di questo gioco comunque è la sua stessa esistenza e la diretta libertà che si prende nella sperimentazione. Sono autori e personalità come Hideo Kojima che ricaricano di sana benzina il settore, dimostrando che si può uscire fuori da alcuni standard preesistenti per fare qualcosa di più, spingersi oltre.

Il resto è tutto nelle nostre mani, avere cura di dar valore al titolo che abbiamo tra le mani, amarlo, criticarlo, giocarlo, addentrarsi nella fitta ragnatela narrativa che Kojima ha tirato a lucido per noi, stare attenti ai dettagli, scoprirne i segreti o anche semplicemente giocarlo fino alla sfinimento, che di longevità Death Stranding 2 ne offre in maniera spropositata. Abbracciare questo titolo e lasciatevi coccolare da ogni singolo momento proposto: non deluderà assolutamente le vostre aspettative.

La recensione in breve

9.0 Straordinario

In alcuni momenti la trama è fin troppo superficiale e poco approfondita, in altri si toccano vette cringe tipiche di alcune scelte fin troppo "Giapponesi", ma al nettodi ciò, Death Stranding 2: On the Beach è un gioco straordinario da qualunque parte la si vedi. Manca l'effetto novità per cui difficilmente riesce a superare in bellezza il primo capitolo, ma tutta la struttura come la grammatica di gioco sono state tutte ottimizzate e per diventare ludicamente più divertenti e appaganti. La narrazione si prenota alcuni picchi narrativi davvero alti che ci porterà e rivedere alcune sequenze solo per osservare dettagli o parole importanti. Un gioco maestoso che farà la felicità degli appassionati del franchise, riuscendo ad arrivare anche ad un pubblico più ampio.

Cosa ci è piaciuto
  1. Il Messico e l'Australia
  2. La DHV Magellan e le sue funzioni
  3. La gestione delle consegne è stata ottimizzata
  4. Lo switch automatico delle munizioni delle armi
  5. Una storia incredibile, piena di colpi di scena e fortemente matura
Cosa non ci è piaciuto
  1. Non reinventa la ruota
  2. Si spara un po' troppo
  3. Dividerà nuovamente il pubblico
  4. Il primo Death Stranding è ancora inarrivabile
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Classe 1989. Gabriele Barducci scrive di Cinema e serie tv. Dal 2022 è responsabile dell'area videogiochi di ScreenWorld. Comincia a scrivere di Cinema e serie tv nel 2012 accompagnando gli studi in Scienze della Comunicazione presso l'università di Roma La Sapienza. Nel 2016 entra nella redazione di The Games Machine occupandosi anche di videogiochi, mentre dal 2017 è nello staff della rivista di cinema Nocturno.