Cosa ci aspettiamo dalla serie TV Intervista Col Vampiro di AMC tratta dall’omonimo primo libro de Le Cronache dei Vampiri di Anne Rice? Ora, potremmo sbrigarcela citando un certo ragioniere ne Il secondo tragico Fantozzi dopo l’ennesima visione de La corazzata “Kotiomkin”, ma probabilmente tradiremmo la fiducia nei nostri lettori.
Prima di tutto, facciamo un brevissimo punto della situazione. Dopo anni di tira e molla sui diritti, passati da Universal a Paramount, arrivando alla fine ad AMC, la serie TV Intervista Col Vampiro è pronta al suo debutto sul piccolo schermo. Arriverà il 2 Ottobre su AMC+. In Italia ancora non è chiaro dove e come, probabilmente su Sky visto che la serie è un Originale AMC proprio come A Discovery of Witches e fa parte dell’universo Immortal AMC, ma nulla è certo.
Da piani iniziali, gli showrunner della serie sarebbero dovuti essere la stessa Anne Rice e il figlio Christopher Rice, in un primo momento accompagnati da Bryan Fuller, successivamente abbandonati un po’ a se stessi. Inizialmente la serie sarebbe dovuta partire da Scelti dalle Tenebre, il secondo libro della saga, con tanto di pilot già scritto da Christopher Rice chiamato “Wolf Killer”, chiaro riferimento a Lestat e all’inizio della sua storia, quando ancora era mortale. Due anni dopo questo aggiornamento, con il passaggio nel 2020 dei diritti delle Cronache tutte e del Ciclo delle Streghe di Mayfair a AMC, Anne e Christopher Rice hanno mantenuto il loro ruolo da produttori esecutivi, perdendo però la supervisione e la scrittura dalla storia.
Si torna indietro, quindi, passando la palla allo showrunner Rolin Jones e al produttore Mark Johnson. E non sarà più Scelti dalle Tenebre a dare inizio alla danze ma bensì Intervista Col Vampiro. Comincia così la corsa al cast, con i primi nomi che compaiono e lasciano sempre di più presagire che non tutto andrà per il verso giusto (o almeno per fan di vecchissima data come noi, che un minimo di fedeltà se l’aspettano). Pertanto avremo Sam Reid nei panni del vampiro Lestat, Jacob Anderson (si, Verme Grigio di Game of Thrones) in quelli di Louis, la giovane (ma non abbastanza) Bailey Bass sarà, invece, la pestifera Claudia, e Eric Bogosian sarà il giornalista Daniel Malloy.
Basterebbe leggere i nomi del cast per far capire quante carte in tavola sono state cambiate. E non è ancora abbastanza per capire cosa aspettarci da questa trasposizione. Il punto di partenza è il trailer mostrato in occasione del San Diego Comic-Con.
Spirito dell’opera: quando gli intenti non bastano
Diciamolo, un libro non si giudica dalla sua copertina, eppure da un trailer si possono capire molte cose. Cose belle e cose brutte. E, piccolo spoiler, da questo trailer non riusciamo proprio a tirarne fuori di cose belle. Che si parli di aspettative o di fedeltà al testo. Il che è molto ironico se consideriamo che il produttore esecutivo Mark Johnson, celebre per aver lavorato a capolavori come Breaking Bed e Better Call Saul, ai microfoni di Entertainment Weekly ha dichiarato in occasione del San Diego Comic-Con 2022:”In many ways, our show is truer to the book than the movie was.”
La domanda che, a questo punto, ci poniamo è questa: come è possibile che questa serie TV sia molto più fedele allo spirito del libro, molto più di quanto lo sia stato il film, se fin dalle prime immagini è proprio il tono a dimostrarsi sbagliato?
Per carità, lo stesso film (bellissimo ma non esente di difetti) di Neil Jordan del 1994 – sceneggiato dalla stessa Rice – conteneva diversi elementi differenti rispetto alla fonte originale, eppure, nonostante questi, è innegabile come la pellicola sia riuscita ad incarnare esattamente quello spirito gotico e decadente, dando vita a quello sguardo immortale che osserva quasi impassibile il cambiamento costante del mondo, ma agogna ardentemente a farne parte. Malinconico come Louis, affamato come Lestat, curioso come Claudia.
I tre protagonisti di Jordan incarnano perfettamente gli elementi caratterizzanti dell’opera tutta di Anne Rice. Per quanto sia difficile poter sondare la mente di un vampiro, basta uno sguardo per perdersi nel dualismo di sentimenti, sensazioni, pulsioni contrastanti che animano i personaggi. Dal tormento di Louis, così innamorato della vita umana da non riuscire a reciderla; alla tragedia di Claudia, una donna intrappolata nel corpo di un’eterna bambola dai boccoli dorati; all’incomprensione di Lestat, l’efferato e spietato killer dipinto dagli occhi del compagno, che in realtà è molto, ma molto più di questo.
Anche in questo caso, basterebbe osservare il trailer dell’iconico film, rimasto una delle migliori rappresentazioni estetiche nel mondo cinematografico sui vampiri, per rendersi di conto di cosa vuol dire carpire, codificare e rimandare allo spettatore lo spirito di un’opera, pur con le dovute differenze. Sicuramente questo non riesce a farlo l’opera contemporanea – e più moderna, come si affrettano tutti a dire – che ci aspetta in streaming dal 2 Ottobre.
Modernità = banalità?
Quando il termine modernità è diventato sinonimo di banalità? La stessa Rice parla di modernità attraverso i suoi personaggi antichi. Nella loro essenza aristocratica, i vampiri della Rice guardano in maniera diversa alla modernità. C’è chi agogna di farne parte, chi la guarda da lontano con diffidenza e chi la disprezza per paura.
Le Cronache hanno avuto da sempre una funzione un po’ complessa. Spesso fin troppo intellettuali, barocche, pompose magari, almeno fino a quando perfino la Rice (o il suo ghostwriter) hanno perso colpi. Eppure c’è sempre stata questa grande volontà di dialogare, di dibattere, di analizzare il mondo attraverso archetipi filosofici e religiosi. Da sempre il vampiro è una metafora che può assumere diversi connotati, politici e sociali. Da Polidori a Stoker, da King alla Rice, passando perfino per Marx, il vampiro ha avuto e ha ancora rappresentazioni cangianti. E perfino nelle opere meno “elevate”, in quelle versioni più “teen”, il vampiro continua ad avere una caratterizzazione simbolica che spesso si affianca al desiderio del profano, della perversione e della perdizione. Quindi perché modernità dovrebbe far rima con banalità?
Perché trasporre un’opera come quella di Anne Rice e ridurla all’ennesimo The Vampire Diaries? Il che non è una critica a Il Diario del Vampiro, che ha perfino il merito di essere una serie TV migliore dei romanzi da cui è tratta, e indubbiamente ha cavalcato un trend già anticipato da Twilight e percorso da True Blood. Basterebbe dare un rapido sguardo ai prodotti che sono nati negli anni a venire e che non riguardano solo i vampiri, ma anche licantropi, zombi e streghe, per renderci conto di dove vada la corrente al di là dell’opera trasposta.
The Vampire Diaries fa quello che dovrebbe fare The Vampire Diaries. Perché Intervista Col Vampiro dovrebbe essere lo stesso? Non si tratta di compromesso, di adattamento, di cambiamenti necessari. È una lezione che dovremmo conoscere bene: tutti sappiamo che quello che conta di più è incarnare lo spirito di un’opera (anche se un minimo di somiglianza estetica e possibilmente caratteriale non guasta). Il vero problema nei confronti di questo titolo è aver completamente cambiato il senso dell’opera. E questo non passa semplicemente da un cambio etnico – Jacob Anderson nel ruolo di Louis de Pointe du Lac sembra “quasi” il male minore – ma da un drastico cambio strutturale dei personaggi, del background, degli ambienti, delle relazioni, della caratterizzazione.
Uno sguardo ai personaggi nel trailer
Louis e l’infelicità
Andando più nel dettaglio, e concretizzando quanto stiamo dicendo, notiamo come nel trailer di Intervista Col Vampiro venga presentato un personaggio completamente diverso da quello visto nel libro. Un personaggio non spinto da un profondo desiderio di morte, a tal punto da far sentire il proprio richiamo ad un vampiro, ma un personaggio con un’attività fiorente in mano, ben integrato e voluto dalla società e perfino sorridente (il che è pure più sconvolgente del colore della pelle cambiato).
Ciò che spinge Lestat, biondissimo, bellissimo, francesissimo e snobbissimo vampiro, nei confronti di Louis è la necessità, non solo l’attrazione. La debolezza. La fragilità. Lestat non è personaggio che va per il sottile. Per quanto le motivazioni che spingono Louis a ricercare la morte nel film siano leggermente diverse dal libro, il fulcro resta sempre quello. Lestat ha bisogno di Louis, del suo dolore, del desiderio di abbandonarsi, del senso di colpa e di tutto questo andrà a manifestarsi lungo il romanzo. Romanzo, è bene ricordarlo, scritto dal punto di vista di Louis, quindi con una visione dei fatti volutamente distorta, soprattutto quando si tratta di descrivere Lestat.
È evidente che il cambio di epoca, di impiego e, di conseguenza, di caratterizzazione, facciano crollare tutto questo come un castello di sabbia. E se non è questo, quale sarebbe lo spirito del libro da rispettare?
Lestat e la sessualità
Attrazione. Mera attrazione. Lestat si innamora di Louis e vuole farlo suo, in tutti i sensi. L’ambiguità, l’erotismo, la tensione sessuale sono elementi ben presenti nell’opera della Rice, ma mai resi espliciti. Si lascia intendere il desiderio sessuale, la condivisione carnale che passa dal sangue. Cosa c’è di più orgasmico per un vampiro se non il morso, la penetrazione dei canini nella carne, il pulsare del sangue nella bocca e scivolare nella gola? Lento. Caldo. Rinvigorente.
La Rice non è mai esplicita. E prima di diventarlo devono passare molti libri, e anche in quel caso non sarà mai narrato qualcosa in modo morboso.
Perché continuare ad appellarsi alla fedeltà del romanzo nella trasposizione della “storia d’amore” tra questi due personaggi se, in teoria, non c’è mai nessuna descrizione sessualmente esplicita?
E qui si ritorna al punto di partenza: partecipare al more of the same modaiolo. Perché tutti fanno così, non si può non far andare a letto questi due personaggi. Non si può non indugiare sul loro amplesso. Sulla loro prestazione. Bisogna mostrarlo perché tutti gli altri prodotti lo fanno. È più accattivante. È più inclusivo (?). È più veritiero! (???)
Invece il tanto criticato rapporto tra i Lestat e Louis di Neil Jordan, trasudava esattamente quella tensione di cui tanto parla la Rice, evidentemente sacrificata per del morboso ed esplicito sesso. Chiariamoci: il problema non è il sesso. Non c’è creatura più sensuale e sessualizzata del vampiro, da Lugosi a Lee, passando per Oldman e arrivando a Cruise. Il problema è quando il sesso crudo mette in disparte l’erotismo e la tensione sessuale, elementi molto complessi da rappresentare bene. Forse proprio la poca volontà di lavorare sulle sfumature rende la delusione più pesante.
Vampiri sbrodoloni
Altro elemento dissonante con questa presunta fedeltà: il sangue.
Ma chiariamoci: se parliamo di vampiri, il sangue deve essere la prima cosa a fare la sua comparsa. C’è una differenza tra mostrare il sangue e lo spreco di sangue. Ma quale vampiro si sbrodolerebbe addosso un paio di litri di sangue, anziché berlo?
“For the Blood is the Life diceva il conte Dracula, nel romanzo di Bram Stoker. Il sangue è il simbolo della vita, il simbolo della riproduzione. E per un vampiro è fonte di nutrimento, unico modo per restare in vita. C’è un profondo rispetto nei confronti della vita, soprattutto in quella che viene rubata per la sopravvivenza. Nei romanzi della Rice questo è fondamentale.
Ogni vampiro ha una sua personale etica riguardante il sangue. I vampiri della Rice non lo sprecano, sia per rispetto ma anche per una mera questione estetica. Lestat in primis si congratula con Claudia per non aver versato neanche una goccia alla sua prima uccisione. Qui siamo bombardati da scene di fiumi di sangue, dove i personaggi ne sono completamente imbrattati, addirittura andando a dormire ancora sporchi.
La “barba” insanguinata di Lestat è forse la cosa che più si allontana da questo personaggio. Si vuole rappresentare la ferinità del personaggio dal punto di vista di Louis. È vero che Lestat incarna un’anima animalesca, del resto viene definito il “brat Prince”, ma non è mai volgare. Non c’è mai una violenza esplicita. È più uno sguardo, un gesto, un movimento pungente, un sorriso compiaciuto e sottile, a mostrare quella ferocia assassina in Lestat. Ed è il secondo personaggio ad essere completamente tradito nell’anima: non è più un problema di scelta degli attori, è un palese problema di scrittura dei personaggi.
Claudia e l’eterna giovinezza
Rimane un ultimo personaggio da analizzare: Claudia.
Poco sopra si diceva che la bellezza di Claudia sta nella sua tragicità. L’immortalità viene sempre vista come accattivante, misteriosa, potente. Essere giovani, forti, eterni. Si, ma in quale corpo? Claudia è condannata ad essere un immortale nel corpo di una bambina. Sei anni nel libro. Otto nel film. Una bambola bionda innamorata del suo creatore, assettata di sangue e vita. Così bella. Così infelice. Così arrabbiata. Quale tragedia più grande? Eternamente bambini ma con una coscienza adulta, matura. Basta qualche anno in più per far cadere questa costruzione del personaggio. Nella serie non parliamo di qualche anno in più. Parliamo di un’attrice di 19 anni che interpreta palesemente un’adolescente. Per carità, la Bass probabilmente sarà bravissima e ha un volto molto fanciullesco, ma non è quello di una bimba. È quello di un adolescente. E per quanto anche con un corpo da eterno adolescente l’immortalità non deve essere semplice (Armand, che forse vedremo a fine stagione o nell’ipotetica seconda stagione, ne sa qualcosa), è comunque molto diverso da quello di una bambina. Se togli questo a Claudia, cosa rimane?
Anche in questo caso appare insuperabile Kirsten Dunst nella sua interpretazione di Claudia nel film di Jordan. Una bambina prodigio a tutti gli effetti!
Potremmo parlare anche di Daniel e del suo cambio drastico d’età, probabilmente dovuto all’unione di due personaggi, l’effettivo giornalista Daniel Malloy e lo storiografo di mezza età David Talbot, ma questo è davvero il male minore in assoluto.
Compromesso o snaturamento dell’opera?
È giusto scendere a compromessi in un adattamento, ma crediamo sia ormai assodato che non è questo il problema di questa serie TV. Magari gli attori ci sorprenderanno, anche se la prima impressione sul carisma lascia a desiderare (e senza ricordare Tom Cruise, che si mangiava lo spettatore con un solo sguardo, non dobbiamo dimenticare che se c’è una cosa di cui non mancano i personaggi della Rice è proprio il carisma).
Cosa rimane di questo trailer cupo, spento, apatico? Per quanto le scenografie riescano un po’ a passare il mood della New Orleans del 1910 (che non è la New Orleans di Intervista Col Vampiro, visto che lì siamo nel 1789), tutto trasuda quella sensazione di già visto, senza profondità, senza spessore, che è davvero un insulto all’opera della Rice. Qui siamo ben lontani da qualsiasi concetto di modernizzazione o adattamento. Qui la sensazione è di non aver per nulla colto, a differenza di quanto venga detto, il senso del materiale originale. Il suo tono. Le sue atmosfere!
Per non parlare della musica di accompagnamento… Giusto per tornare al discorso The Vampire Diaries. Ed anche qui, pensiamo invece al lavoro fatto dal Premio Oscar Elliot Goldenthal. All’uso della musica classica. A quei momenti ansiogeni, alla solennità di Lestat al pianoforte carico di rabbia e vendetta, alle atmosfere parigine e al teatro dei vampiri. Al risveglio della musica rock.
Ricordiamo i costumi di Sandy Powell che incarnano lo spirito dell’epoca e con estrema fedeltà riprendono i colori tipici dei personaggi descritti nei romanzi e confrontiamoli con quelli del trailer, che non sono malvagi ma… O, ancora, pensiamo al make up di Stan Winston che ancora oggi è uno dei migliori in tema di vampiri. Talmente tanto accurato da sembrare vero. In questa serie TV tutto quello che abbiamo visto sono dentoni di plastica e lenti a contatto da discount. Il make-up facciale, pallore, vene, protesi, non pervenuto.
Pertanto, tornando alla domanda iniziale, cosa possiamo aspettarci da questa serie TV se fin dal trailer tutto quello che vediamo è assente di epicità, carisma e mistero? Manca tutto quello che, invece, dovrebbe caratterizzare questa storia. Non solo nella narrazione e nella caratterizzazione ma anche nelle atmosfere questa serie TV si mostra completamente distante dallo spirito dell’opera; ma ehi, abbiamo le scene di sesso e il sangue. Allora, a questo punto, la domanda non è più “cosa dobbiamo aspettarci da questa serie tv” ma piuttosto “cosa NON dobbiamo aspettarci da questa serie tv”. E qui la risposta è semplice: non Intervista Col Vampiro.