Stranger Things 4 è stata una stagione epica, monumentale, corale. È stata la stagione che in tanti ricorderemo per la tormentata Max, o per il nuovo arrivato e subito amato Eddie, per la sessualità di Will, e per la paura che il nostro amato Steve ci potesse lasciare. Ma non dobbiamo dimenticare che, al di là degli exploit di personaggi nuovi o in grande ascesa, Stranger Things è la serie che ha creato uno dei personaggi più belli della serialità degli ultimi anni. E che nella quarta stagione ritorna, più protagonista che mai. È Undici, o Undi (o Eleven, o El, se seguite la versione in lingua originale, interpretata da Millie Bobby Brown). Per lei la stagione 4 è un momento di crescita, di sfida, di consapevolezza, un momento decisivo.
Diventare donna sotto i nostri occhi
L’entrata in scena di Eleven, nella stagione 1 di Stranger Things, assieme alla scomparsa di Will Byers, è l’evento che dà il via a tutta la storia. Eleven è una bambina che appare all’improvviso, che è stata vittima di abusi, è stata la cavia di una serie di violenti esperimenti scientifici. Marina Pierri, nel suo bellissimo libro Eroine (Edizioni TLON) descrive il suo personaggio come un archetipo, quello dell’Orfana. E fa notare come sia un personaggio che ci permette di parlare di rabbia, un elemento che rende il suo personaggio molto attuale, se inserito nel contesto del dibattito sul femminile degli ultimi anni. “Eleven è un’orfana per eccellenza, è una bambina selvaggia abbandonata, ci parla subito di esplorazione e di sfida ai confini” ci aveva spiegato Marina Pierri in occasione dell’uscita del suo libro. “Eleven è un personaggio femminile che emerge da una serie maschile, non solo nella scrittura, ma anche in quanto ai personaggi: Stranger Things riprende il tropo delle gang come struttura formativa per il giovane uomo. Quando arriva Eleven, credo che un trucco interessante sia presentarcela genderless. La sua stessa socializzazione in quanto donna è un processo. Conosciamo Eleven che è una bambina torturata, e che può presentare un’espressione di genere maschile, ha la testa rasata, un camicione: la sua espressione di genere non è connotata, è fluida. Man mano che la serie va avanti viene socializzata alla femminilità, la osserviamo diventare donna sotto i nostri occhi”.
Le varie stagioni di Stranger Things, in questo senso, l’hanno vista sempre evolvere: le dinamiche con cui Mike e i suoi amici la nascondono prima in casa, poi la mascherano goffamente per farla uscire ricordano E.T. – L’extraterrestre. Per tutti è come se fosse un’aliena, una persona non definita a livello di genere. La sua connotazione avviene man mano che conosce le persone, che prende coscienza di sé. Con gli abiti di una ragazzina semplice, capelli solo un po’ più lunghi e camicia a quadri, quando inizia a vivere con Hopper. Ragazzina più alla moda, quasi new wave, dopo aver vissuto lontano da Hawkins con ragazzi diversi come lei, nella deviazione dalla storyline principale, della stagione 2. E poi ancora, vestita alla moda, come un’adolescente dalla sua età, con i capelli finalmente lunghi, con i colori accesi degli anni Ottanta addosso, nella stagione 3, sulle note di Material Girl di Madonna. La stagione 4 è storia recente. Ma ci torneremo dopo.
Undici: la rabbia è superpotere, come Carrie o Fenice
Ma la sua caratteristica importante, come ci aveva fatto notare Marina Pierri, è “il tropo della rabbia femminile che si trasforma in superpotere: fa pensare a Carrie di Stephen King, o Fenice di X-Men”. È una rabbia che va intesa in senso positivo, catartico, liberatorio. ragiona l’autrice. “Amo molto la rabbia femminile, la trovo una potentissima espressione energetica nel momento in cui viene trasformata in cambiamento concreto” ci ha spiegato Marina Pierri. “E diventa davvero un superpotere in tutte noi nel momento in cui mettiamo questa energia al servizio di un bene più grande. E del nostro stesso benessere: la rabbia ci aiuta a proteggerci, a definire i nostri confini, a registrare le iniquità. Quando non riceviamo un trattamento uguale, paritario, la rabbia diventa un importante strumento di attrattività”. La modernità, l’attualità di Undici, nel dibattito sul femminile di questi anni, è proprio questa.
Uccidere il proprio padre per diventare grande
Ma è solo il punto di partenza. Nella stagione 4, in quello che è un coming of age, un romanzo di formazione a tutti gli effetti, anche Undici ha avuto diversi momenti di crescita. Orfana per eccellenza, la bambina che non ha mai conosciuto la madre, o meglio, ne ha dei ricordi sfocati, si è trovata a fare i conti con la figura paterna. Sì, con i suoi due papà. Uno è chiamato proprio così, Papà, è lo scienziato, interpretato da un Matthew Modine, con una criniera di capelli bianchi e un’espressione inquietante sul volto. È il genitore che non ama i propri bambini, è il padre che tiene i figli con sé per un proprio interesse, è il genitore non empatico, anche se cerca di dimostrarsi tutt’alto. Il passaggio all’età adulta richiede a volte di “uccidere il proprio padre”, in senso metaforico, certo. E in Stranger Things 4 la crescita di Undici, il suo andare avanti, dipende dall’uccisione di Papà, il Dottor Brenner. E poi c’è l’altro padre, Hopper (David Harbour). Anche lui non è il padre naturale, ma è il padre putativo, è la sua famiglia degli affetti. È il suo “eroe”, come lo dipinge a scuola quando si tratta di fare il progetto sui propri modelli. È lui, anche se acquisito, il vero padre, quello che può mostrarle la via nel prosieguo della sua vita. In questa stagione 4 troviamo di nuovo Undici nel suo look androgino, con i capelli rasati. Ma quando ritroverà suo padre, Hopper, anche lui con il cranio rasato, stavolta sarà un segno di vicinanza, di appartenenza.
Crescere è confrontarsi con l’amore di un coetaneo
Ma crescere è anche, in quel percorso di socializzazione in quanto donna di cui parlavamo, rinsaldare i rapporti con l’altro sesso, rendersi conto dell’amore per un suo coetaneo. Se Mike, con i suoi dubbi, simboleggia la paura dell’altro sesso che si ha a quell’età, il sentirsi insicuri a prescindere (“sono solo un nerd che ha avuto la fortuna di incontrare Superman”), Undici ci racconta che una ragazza di quell’età, per crescere, ha anche bisogno di confrontarsi con l’amore di un coetaneo, di sentirsi dire “Ti amo”. La stagione 4 è stata la stagione in cui ha capito che è il supereroe non è il mostro. È stata la stagione in cui ha davvero cominciato a cambiare, a diventare adulta (anche nel fisico, anche se questo dipende dal tempo passato tra la stagione 3 e la 4 che ha visto gli attori crescere molto, più in fretta dei personaggi). Anche il supereroe ha bisogno di amore, di qualcuno accanto, che le dia un segnale, come il Principe Azzurro delle favole con il suo bacio. La rabbia, quella che porta al cambiamento, c’è ancora. E verrà incanalata nella sfida finale con Vecna. Ci rivediamo nella stagione 5.