Per una volta la spada più affilata non è nelle mani dello strigo. No, questa volta è il pubblico ad essere armato. Di cosa? Di perplessità e delusione. Perplessità perché la seconda stagione delle avventure di Geralt non ha convinto come la prima. Delusione perché la terza stagione dello show Netflix sarà l’ultima con Henry Cavill nei panni del cacciatore di mostri più celebre del Continente. Un attore che aveva riversato nel Lupo Bianco tutto il suo amore per la saga, convincendo quasi tutti con la sua performance, da molti ritenuta il più grande pregio dell’intero show.
Apriamo la nostra recensione di The Witcher 3 prendendo atto del clima ostile che accompagna la terza stagione della serie fantasy ispirata ai romanzi di Andrzej Sapkowski. Stagione che, proprio come la quarta di Stranger Things lo scorso anno, sarà divisa in due volumi.
Il primo in arrivo su Netflix il 29 giugno con i primi cinque episodi, il secondo previsto il 27 luglio con i restanti tre. La cosa che ci interessa davvero però non è questa divisone, ma l’altra spaccatura. Quella tra il pubblico e la serie Netflix, che dopo un buon inizio sembra aver dissipato l’amore del pubblico a suon di scelte sbagliate e impopolari, perdendo il suo tocco magico. Una ferita che temiamo non verrà certo sanata da una terza stagione afflitta dai soliti problemi di scrittura e messa in scena. Una ferita stampata sul volto di un Geralt di Rivia sempre meno cacciatore e più preda di una serie non all’altezza dell’amore di chi gli presta il volto.
Genere: Fantasy
Durata: 55 minuti – 5 episodi
Uscita: 29 giugno 2023 (Netflix)
Cast: Henry Cavill, Anya Chalotra, Freya Allan
Ciri al centro di tutto
Si può fuggire per sempre? È questo il grande dilemma nel cuore della terza stagione di The Witcher, che riparte esattamente dove era finita la seconda. Così riabbracciamo Geralt, Ciri e Yennefer, finalmente riuniti dopo tanto tempo passato distanti. Il witcher sempre protettivo nei confronti della figlioccia e guardingo nei confronti della maga, colpevole di aver usato proprio la sua amata Cirilla per riottenere i suoi poteri. Problemi minuscoli se confrontanti con l’inquietante scenario in cui si muove il nostro trio. Sì, perché Ciri è sempre più al centro del racconto, contesa tra forza terrene e metafisiche molto più grandi di lei, Geralt e Yennefer messi insieme.
Bramata dagli elfi per il suo sangue ancestrale, fondamentale per il destino del loro popolo, guardata con perplessità dalla comunità magica che ne teme gli straordinari poteri, la ragazza è anche braccata dai bellicosi regni umani di Nilfgaard e Redania. Senza dimenticare l’inquietante Caccia Selvaggia, già apparsa nel finale della seconda stagione, che sembra incombere sul suo destino come una maledizione. Schiacciati da queste tensioni politiche e razziali, Geralt, Ciri e Yennefer non si schierano con nessuno e difendono la loro neutralità, ma il fiato sul collo del resto del Continente è troppo forte per provare sfuggirgli.
L’arazzo sfilacciato
Era così nella prima stagione, lo è stato nella seconda e la terza esaspera ancora la cosa. Sì, la centralità di Ciri, così catalizzante e insistente nel suo essere vittima degli eventi, inizia a risultare ripetitiva. Eppure questi nuovi episodi partono più compatti e coesi rispetto al passato. Avere i tre protagonisti fianco a fianco promette più introspezione e approfondimento nei cuori di Geralt, Yennefer e Ciri. Un trio che, almeno sulla carta, potrebbe dare spazio a dinamiche intriganti, con lo strigo e la strega che rivedono nella ragazzina una chance per dare libero sfogo a una genitorialità surrogata. Però questa compattezza si dissolve molto presto, sfilacciando la narrazione senza saper gestire con cura la grande quantità di personaggi in scena.
Il vero problema di The Witcher è il modo svogliato in cui gestisce la coralità, visto che il grande disegno socio-politico è raccontato senza guizzi, rendendo la storia inutilmente dispersiva e a tratti confusionaria. Non c’è profondità, non c’è complessità, solo inutili complicazioni. La pecca della scrittura di The Witcher è tutta qui: nella trama che domina i personaggi, nell’intreccio che soffoca la caratterizzazione e le emozioni. Il tutto condito da vari siparietti con allusioni sessuali e battutine puerili di dubbio gusto. Non aiuta aver reso Geralt sempre meno centrale nella serie, visto che questa terza stagione non è una stagione sul witcher, ma una stagione con un witcher. Il focus narrativo non è più Geralt, ma l’evoluzione di Ciri, che deve scegliere cosa diventare. Una witcher? Una maga? Una regnante?
The Witcher 3, però, sfiora solo questi dilemmi, perché non affonda mai la lama nella psicologia dei personaggi. Al di là di qualche cenno alla riluttanza di Geralt nei confronti della politica umana e dei traumi testardi di Yennefer, lo show è troppo impegnato a raccontare male intrighi e sotterfugi per volere davvero bene ai suoi tre protagonisti.
Dona un sorriso al tuo witcher
Se la scrittura è poco ispirata, anche la messa in scena è coerente con la pigrizia generale. Perché sì, in un fantasy devi credere a quello che vedi. Il fantastico non è certo una scusa per schivare credibilità e coerenza. Peccato che The Witcher ci regali fondotinta evidente sui volti, unghie smaltate, costumi appena usciti dalla tintoria e un’estetica davvero troppo posticcia. Insomma, questa terza stagione sembra aver abbandonato l’oscurità dark delle prime due a favore di un effetto patinato da Harmony televisivo. La sensazione è quella di una serie che si è sgonfiata andando avanti, perdendo quella semplicità avventurosa che nella prima stagione regalava un buon intrattenimento senza pretese.
Sì, a The Witcher mancano le quest, mancano i mostri davvero minacciosi, manca un protagonista percepito dagli altri come un reietto. Reietto come Cavill nella serie stessa, perché è lui l’unico che si conferma generoso nella parte. L’unico che ci regala qualche fiammata con qualche scena action convincente e la sua presenza scenica carismatica. Però, guardandolo con attenzione, c’è un dubbio che ci porteremo sempre dentro. Perché non sapremo mai se, in un paio di scene davvero dimenticabili, l’imbarazzo sul suo volto era quello di Geralt o quello di Cavill stesso.
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La recensione in breve
The Witcher torna con una terza stagione dispersiva nella scrittura e sciatta nella messa in scena. Henry Cavill è l'unico che prova a salvare il salvabile, ma forse il pubblico ha finito la pazienza.
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Voto ScreenWorld