A voler giustappore un modello audiovisivo alla definizione di occasione sprecata, The Stolen Girl calzerebbe proprio a pennello. La nuova uscita di casa Disney+ sembra fare il paio con la serie che nelle ultime settimane ha dominato il dibattito dentro e fuori dal catalogo Netflix: Adolescence. Sprofondiamo di nuovo nel campo dello smarrimento genitoriale, nel ventre dello stress psicologico calato su un mondo adulto messo a confronto con le proprie fatali disattenzioni. Ma se Adolescence si è fatta esempio virtuoso di come maneggiare il mezzo espressivo a favore di un magma tematico attuale e scottante, The Stolen Girl evapora presto in infelici farneticazioni.

La penna di Catherine Moulton traspone l’opera di Alex Dahl (Playdate) sublimando accattivanti premesse e un ottimo potenziale narrativo, salvo poi sfaldarsi nell’incedere incerto di un racconto disorganico, prevedibile, mal sviluppato e deludente. Il rapimento di una bambina di nove anni è il pretesto attraverso cui scompaginare una storia di segreti e disturbanti maternità, di identità polverose in fuga dalla realtà. In questo clima tensivo di sospetto e fittissimo mistero, The Stolen Girl sembrerebbe voler accoppiare complicati interrogativi a ispirate risoluzioni e non facili verità. Peccato che, a conti fatti, gli scioglimenti dei suoi intrecci si rivelino tutti piuttosto banalizzati, rilevatori di una complessità di cui non s’intravedono che esili schizzi.

Dovremmo parlare dello sgretolamento di una famiglia borghese contemporanea, di senso di colpa e responsabilità. Dovremmo scagionare rimorsi e infedeltà, ragionare su apparenze e inquietanti ambiguità, eppure alla fine di The Stolen Girl un pensiero ronza in testa oscurando tutti gli altri: era davvero il meglio che si potesse fare?

The Stolen Girl
Genere: Drammatico
Durata: 5 Episodi/50 minuti ca.
Uscita: 16 Aprile 2025 (Disney+)
Showrunner: Catherine Moulton
Cast: Denise Gough, Ambika Mod, Jim Sturgess

La premessa narrativa di The Stolen Girl

Denise Gough in una scena di The Stolen Girl
Denise Gough in una scena di The Stolen Girl – @ Disney+

La protagonista di The Stolen Girl ha una vita da copertina, luccicante e un pizzico misteriosa. Con il piglio volitivo di Elisa Blix (Denise Gough) familiarizziamo in un clima trafelato, sobbalzati nella frenesia che l’accompagna dal luogo di lavoro all’uscita da scuola dove la figlia Lucia la sta aspettando nuovamente in ritardo. La conosciamo così: distratta, incauta e redarguita dalla maestra per le continue attese a cui vincola gli insegnanti. È in questa animata caoticità che la figlia le chiede il permesso di andare a giocare a casa della sua amica Josephine – ed è nella stessa frettolosa confusione che la madre decide di accettare. D’altronde Rebecca (Holliday Grainger), la mamma di Josephine, sembra una donna a modo: dolce e accogliente, elegante e posata esattamente come lei.

Quando quel pomeriggio di gioco si allunga nella richiesta di un pigiama party, Elisa si reca nella bolla di vetro dove abitano Rebecca e Josephine. Quattro chiacchiere, qualche convenevole, le necessarie raccomandazioni a Lucia e poi la consegna dell’occorrente per affrontare la sua prima notte fuori: pochi minuti più tardi la donna è di nuovo sulla strada di casa, rasserenata nell’essersi sincerata che la bambina stesse bene.

Un misterioso rapimento

Una scena da The Stolen Girl
Una scena da The Stolen Girl – @ Disney+

Tutto sembra normale, ma in sottofondo qualche nota inizia a stonare. Le riflettenti vetrate della dimora di Rebecca perimetrano lo sdoppiamento inquietante delle due donne e delle due bambine: biondissime e similissime le madri, travestite uguali e affiatatissime le figlie. Il tono angoscioso su cui The Stolen Girl comincia a sibilare è suggerito da una regia pulita e consapevole dei suoi riferimenti, abile nell’inabissarsi nell’incubo che dà slancio a questo racconto: il giorno dopo Lucia non tornerà. Con Rebecca si perderanno i contatti e quella casa si scoprirà tutt’a un tratto disabitata, affittata – in realtà – soltanto per il tempo necessario a mettere in scena il meticoloso piano del rapimento di Lucia. Non ci sono molti dubbi: deve essere stata Rebecca. Ma per quale motivo?

Il rapimento della piccola Lucia naviga in giro per l’Europa, si sposta dalla periferia britannica al nord della Francia passando dalla criminalità organizzata all’indagine cinica e spregiudicata di un sensazionalistico giornalismo d’inchiesta. Il caso diventa d’interesse nazionale, assediato dal giudizio invadente di una stampa e un’opinione pubblica che rinforzano e rilanciano un clima di odio e negatività riversato sulle mancanze educative per cui (la sola) Elisa viene continuamente incolpata.

Una storia sul femminile, al femminile

Ambika Mod in una scena di The Stolen Girl
Ambika Mod in una scena di The Stolen Girl – @ Disney+

The Stolen Girl si appella al thriller per partecipare alla cifra tonale di un femminilissimo dramma psicologico. A reggere il gioco del mistero è infatti un cast di quasi sole donne: dalle madri protagoniste alla giornalista (Ambika Mod) che si occupa di investigare sul caso. Gli uomini, quando presenti, sono relegati a uno sfondo annebbiato: indolenti e scoraggiati, subalterni al pragmatismo che contraddistingue esclusivamente la condotta femminile della serie.

Lungi dall’essere una scelta inadeguatamente insistita – d’altronde le donne di The Stolen Girl non sono personaggi idealizzati, bensì arrotondati nelle loro problematiche inclinazioni – il trattamento riservato alla componente maschile è solo uno degli elementi di debolezza che ne impoverisce la scrittura, mai realmente strumentale alle direzioni di racconto prese. Vale a dire: il problema non è questa descrizione di questo tipo di mascolinità, a difettare (spesso) è una vera e propria organicità che contestualizzi e motivi il perché delle proprie scelte narrative.

Un passato che ritorna

Holliday Grainger in una scena di The Stolen Girl
Holliday Grainger in una scena di The Stolen Girl – @ Disney+

Quello di The Stolen Girl è un incubo raccontato da una camera incuneata fra le insenature di appartamenti gremiti di oggetti, accatastati oltre il limite di una soglia e ancorati allo sguardo furtivo di personaggi che spiano all’infuori di porte socchiuse –sorvegliate a metà fra una trasparenza e un’opacità che ostacolano la visione, allontanando la verità. The Stolen Girl congestiona in un’estetica piacevole la diluizione narrativa di un dolore che funge da miccia verso una dimensione antecedente, passata. Ogni personaggio è vittima e autore di un’apparenza che nasconde un trauma, dei conflitti interiori, un segreto inconfessabile che si concatena relazionalmente.

In ballo c’è una familiarità in crisi, consumata, imbrogliata in una rete genitorial-coniugale che crolla sotto il peso dell’omesso e impone ai figli le proprie scelte, propagando l’eredità di altre sofferenze e ulteriori genesi di traumi. Ma dei figli la serie sembra in fondo disinteressarsi: la bambina che dà il titolo all’opera sparisce al solo fine di consentire alla madre di ricomparire nella propria vita, di riappropriarsi della sua identità, di esorcizzare il fardello di un vissuto traumatizzante. Tutto il resto è mero contesto, Lucia è poco più che un pretesto – non importa quante volte possa scomparire, idealmente o narrativamente: questa non è mai stata la sua storia.

Una bambina scomparsa due volte

The Stolen Girl
The Stolen Girl – @ Disney+

The Stolen Girl è una storia, invece, nascosta sotto le cicatrici di un passato che di colpo si sprigiona nel presente. La ricostruzione in analessi di versioni differenti di destini familiari che si sdoppiano, s’intrecciano e sfilacciano in modo confuso e disturbante – annodando le traiettorie di due donne alla ricerca di una propria ricomposizione identitaria. Rebecca ed Elisa veleggiano lontane dalla verità, reinventano la propria autenticità, smarriscono loro stesse in una tela di bugie, tormenti e ingombranti atrocità. Così facendo tradiscono un avvilente spaccato di femminilità, l’ossessiva ricerca di una simulata pacificazione con l’interno di una società che non fa che giudicarle, vessarle, perseguitarle. Non sono donne perfette, sono il ritratto spesso scomodo di personalità sfaccettate, che la miniserie vorrebbe complesse e pertanto umanamente aderenti al vero, ma che purtroppo The Stolen Girl fatica a incanalare sui versanti immaginati.

Una delle battute che chiude The Stolen Girl sottolinea il rovinoso quadro in cui è finita per arenarsi e ingolfarsi la famiglia Blix. “È un vero disastro”, dice Elisa guardandosi indietro. Eppure, a giudicare dall’insieme di sequenze montate in fila sul finire della serie, i pezzi sembrerebbero aver trovato un proprio riassestamento. Che non prevede assoluzioni né semplicistici riscatti personali, ma che al contempo segna la cesura conciliata di una storia che per cinque puntate ha voluto dare l’impressione di conoscere bene le proprie intenzioni. Un mistero edificato su un’atmosfera di tensione, su colpi di scena calibrati, false piste e continue riformulazioni interpretative. Per una certa dose di tempo, a onor del vero, allo spettatore è concesso di interrogarsi sulle sue posizioni, di cambiare ripetutamente idea inseguendo indizi fuorvianti e arruffate deduzioni.

“È un vero disastro”

I protagonisti di The Stolen Girl
I protagonisti di The Stolen Girl – @ Disney+

Molto presto, però, l’impalcatura inizia a vacillare fino a rischiare di franare: le informazioni aggiunte all’indagine si accumulano l’una sull’altra in modo esitante, posticcio, lasciando che la trama si dischiuda in acerbe inconsistenze. Gli enigmi, gli inganni e i retroscena prendono una svolta ogni volta prevedibile, leggibile in anticipo rispetto alla scansione impaginata dal dispositivo narrativo. Quelle che sembravano essere premesse interessanti vanno incontro a una cattiva progressione, sformandosi in una modulazione inadeguata rispetto alle promettenti aspettative tracciate.

Se da un lato appare chiaro che l’intento di The Stolen Girl fosse quello di appoggiarsi a uno sviluppo psicologico stratificato, non scomponibile in binarie contrapposizioni di vittime e carnefici ma contaminato da dolorose conflittualità – d’altro canto la miniserie fatica a fregiare la superficie, a risultare realmente convincente. Tanto sul lato stilistico quanto su quello interpretativo (sempre fin troppo enfatico sul versante del dramma), The Stolen Girl soffre di un’inefficacia che non può che neutralizzarne il risultato finale, congedandoci con un pungente sentore di incompiutezza. Peccato, perché con altri ritmi e una migliore cura realizzativa l’interessante materiale di partenza avrebbe potuto, davvero, fare di meglio.

Conclusioni

5.0 Inefficace

Dopo il successo di Adolescence, ora è Disney+ a prendere il timone della genitorialità contemporanea. The Stolen Girl è un racconto nettamente più tradizionale, decisamente più superficiale, mortificato dal peso di un potenziale narrativo avvincente ma purtroppo mal realizzato. Il risultato è discreto, per lo più deludente, smarrito in inconcludenti svolte di trama e un titubante ritmo tensivo. Si lascia guardare, ma che occasione sprecata.

Pro
  1. Premessa narrativa accattivante
  2. Una messa in scena piacevole
  3. L’impalcatura tematica da cui si dipana la (mal gestita) narrazione
Contro
  1. Prevedibile e non all’altezza del suo potenziale
  2. Una posticcia sensazione di artificiosità: dalla scrittura alle interpretazioni
  3. Disarmonico nel ritmo e disorganico nelle direzioni narrative
  • Voto ScreenWorld 5
Condividi.

Laureata in CAM (Cinema, Arti della scena, Musica e Media) e Comunicazione presso l’Università degli Studi di Torino. Attualmente collaboratrice di ScreenWorld.it e NPC Magazine. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità e le esperienze degli altri. Nella vita scrivo, studio e mi circondo di cinema, perché penso non esista niente di più bello.