Disinibito, volgare, violento. In qualche modo liberatorio. Perché, in fondo, The Boys è un bel dito medio sbattuto sulla faccia di chi abusa del proprio potere. Un urlo vendicativo che dalle pagine di un fumetto si è riversato dentro una serie tv completamente fuori di testa. Folle, sì, ma perfetta rappresentazione di una società egocentrica e schizofrenica come la nostra. Quella in cui non c’è moneta di scambio più preziosa della popolarità. Possibile che sia tutto qui? Crediamo proprio di no. Allora, ecco a voi i cinque segreti dietro il successo sacrosanto di The Boys.
1. Frullato pop
Partiamo dalla confezione. Partiamo dalla patina. Perché The Boys parla la stessa lingua del pubblico a partire dall’estetica dei personaggi. Consapevoli che gli spettatori abitano un mondo stracolmo di supereroi, Garth Ennis e Darick Robertson (gli autori del fumetto) si sono divertiti a giocare con l’iconografia dei supereroi Marvel e DC, e così hanno reso i loro super una parodia citazionista di altri paladini. Patriota è un messia angelico come Superman ma con i colori di Capitan America ben in vista, Maeve ha un temperamento da amazzone come Wonder Woman, A-Train è un Flash un po’ più maldestro e il nuovo arrivato Soldier Boy è una specie di Steve Rogers leggermente squilibrato. Insomma sembra che The Boys abbia preso la distopia di Watchmen e l’abbia aggiornata ai tempi delle pop star e degli influencer. Un frullatore di citazionismo pop che il pubblico ha riconosciuto come familiare anche solo fermandosi ai costumi dei personaggi.
2. Rabbia sociale
Sovvertire tutto e ribaltare la prospettiva. Questa è la grande missione di The Boys. Perché per una volta non tifiamo più per i supereroi, ma per la gente normale, per quelli come noi. Se serie come La casa di carta ci hanno ricordato l’eterno fascino della lotta contro il sistema, The Boys ha alzato ancora più in alto l’asticella della lotta di classe, mostrandoci tutta la nostra insofferenza per qualsiasi forma di star power (politico, mediatico o social che sia). Siamo stanchi dell’egocentrismo degli influencer imbottiti di personal branding, dei manipolatori che fanno comizi, degli ipocriti che si elevano dalla massa spacciandosi come guide da seguire. Certo, tutto è esasperato e portato all’accesso, ma va detto che per quanto cinico lo sguardo di The Boys sul mondo contemporaneo è lucidissimo. Grottesco sì, ma mai troppo irrealistico. La serie ha preso atto del narcisismo tossico di cui siamo tutti colpevoli e gli ha gettato contro una banda di poveri disgraziati. Per questo tifare per quel cane rabbioso di Butcher non è poi così difficile. Come se attraverso le follie dei ragazzi noi spettatori sublimassimo tutta la nostra esasperazione.
3. Super nausea
A volte il tempismo è tutto. Fondamentale per il successo di uno show come The Boys. E allora ecco che nell’estate del 2019, subito dopo l’uscita di Avengers: Endgame, la serie targata Prime Video spacca il secondo e arriva proprio al momento giusto. Un enorme libro di cinema supereroistico si è appena chiuso: Tony Stark ha schioccato le dita e tutto sembra finito. I supereroi hanno detto tutto. Anche perché hanno monopolizzato il cinema mainstream per quasi vent’anni e il genere sembra ormai al tramonto. Buona parte del pubblico non ne può più dei soliti supereroi, è stanco, sfiancato, quasi nauseato. Poi arrivano i nostri ragazzi incattiviti e ci ribadiscono lo stesso concetto: i supereroi sono sopravvalutati. Ecco, buona parte del successo di The Boys arriva anche da questa coincidenza: in un tempo in cui i supereroi hanno abusato della loro presenza mediatica tra cinema e serie tv, la serie di Butcher e compagnia prende atto di questa stanchezza collettiva e reagisce proponendo finalmente qualcosa di nuovo e lontano dagli schemi.
4. Senza freni
Diciamolo: il fascino The Boys non è soltanto nel cosa racconta, ma in come lo racconta. Esplosivo, disinibito e feroce, lo show incarna finalmente tutta la libertà che le piattaforme streaming possono vantare. Un’indipendenza che sui classici network televisivi non c’è. È una forza espressiva che The Boys rivendica ogni volta che può con litri di sangue, violenza senza freni e sesso esplicito. Tutte cose quasi mai fine sé stesse ma coerenti con il tono del racconto e funzionale alla narrazione. Perché se The Boys ci tiene incollati allo schermo è soprattutto grazie ai suoi personaggi folli, mine vaganti talmente instabili da essere imprevedibili. E quando ci troviamo davanti a protagonisti che possono fare tutto e il contrario di tutto da un momento all’altro, ecco che la tensione la fa da padrona. Non avere freni è uno dei grandi segreti lampanti di The Boys: una serie che fa letteralmente quello che vuole, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze e fidandosi della capacità critica di un pubblico a cui niente viene risparmiato.
5. Nuove icone
Due sorrisi agli antipodi per dire tutto. Da una parte quello finto, patinato e delirante di Patriota. Dall’altro quello sarcastico, amaro e sadico di Butcher. Diciamolo: se The Boys ha avuto tutto questo successo è anche grazie ai suoi due personaggi più iconici e riusciti. Due personaggi dalla personalità strabordante. Patriota è il volto inquietante e plastificato di un incubo americano travestito da sogno. L’incarnazione di una nazione prepotente, arrogante e piena di sé. Il simbolo di un’epoca in cui l’apparire domina l’essenza. Quella in cui tutti indossiamo maschera e costume per sentirci importanti agli occhi del nostro piccolo/grande pubblico. Se Patriota incarna il male supremo che prova a camuffare lavorando sul suo personal branding, Butcher è tutto tranne che un eroe classico. Sempre dentro una zona grigia, il capo dei Boys è l’antieroe per eccellenza: imperfetto, problematico, istintivo, poco affidabile. Eppure, nonostante queste due maschere grottesche, Patriota e Butcher raccontano di noi. Perché incarnano tutto quello che condanniamo e allo stesso tempo tutto quello che non riusciamo a essere. Ovvero davvero capaci di non cadere nelle nostre contraddizioni, nelle nostre ipocrisie e nella nostra miseria umana.