Che fatica scoprirsi umani. Vivisezionare ogni venatura, vezzo e fragilità che è finita per caratterizzarci. Che fatica scoprirsi umani a quarant’anni, raccontare a se stessi la fine di un amore, di un tempo della vita. E che fatica ri-educarsi all’esistenza, scomporre la propria identità e poi riformularla, allineandola allo spazio instabile della solitudine o di una nuova collettività. Shared Custody, l’ultima uscita di casa Disney+, di tale fatica ne fa meccanica narrativa, impalcatura registica di una macchina da presa che indugia sul volto dei suoi protagonisti, contornandone capricci e gorghi emotivi.
Shared Custody comincia da un crollo, dal disorientamento esistenziale di una coppia alle prese con la complessità e le sfumature che accompagnano la conclusione di una relazione. Diretta da Javier Fesser, la dramedy inanella humor e dramma all’interno del negoziato sentimentale fra due individui che per l’affidamento della figlia si appellano alla volontà di rimanere amici – inciampando tra difficoltà lavorative, intromissioni familiari e il girotondo di complicazioni che rendono scostante la tutela della bambina. Così la serie diventa il resoconto malfermo di un processo continuamente in fieri, soggetto a quel tipo di ridefinizione che tradisce il valore delle seconde opportunità: per ritrovarsi, reinventarsi e riscoprirsi, ancora, umani.
Genere: Drammatico
Durata: 8 episodi/40 minuti ca.
Uscita: 24 Gennaio 2025 (Disney Plus)
Cast: Ricard Farré, Lorena Lopez
Siete sicuri di separarvi?
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Sembra un’intervista, il confessionale di un reality: Cris (Lorena López) e Diego (Ricard Farré) sono seduti sul divano dei rispettivi genitori, separati dallo spazio ma riuniti nel tempo dal montaggio alternato, portavoce di quella fine da cui germina la storia. Le semplificazioni sono già tutte sul piatto: “Non potete sistemare le cose?” “Fatelo per la bambina” “Le coppie di oggi non sanno più cosa sia la pazienza”.
Shared custody si appropria delle controversie sul tema della separazione e ne ricava un cumulo disorganizzato, il serbatoio in cui riversare i suoi spunti evolutivi e il tentativo di ingaggiare una propria dose di verità. Per buona parte ci riesce, avvicendandosi scanzonata tra le trame sfaccettate di un gruppo di individui che provano a mettersi in gioco, falliscono e ritentano ripetutamente.
Cris è un ingegnere civile, Diego un community manager; lei ha alle spalle una famiglia umile e affiatata, lui è il figlio di un focolare abbiente e disunito, emotivamente analfabeta. Ciò che è scontato per uno richiede all’altro estremo sacrificio: i soldi e l’affetto fagocitano le rispettive vulnerabilità, investiti di un valore ogni volta ricevuto gratuitamente o da guadagnare guerreggiando. Cris e Diego amano in modo diverso, valorizzano linguaggi che non sanno come comunicare efficacemente e quindi finiscono per battibeccare, collidere e frantumarsi in maniera disorganica, fino ad allontanarsi. Entrambi, però, hanno a cuore il bene di una figlia che tentano come possono di continuare a tenere al centro.
Shared Custody è il racconto di questo irregolare ricentramento. L’impervio percorso di una genitorialità che deve imparare a piegare le proprie necessità all’arte del compromesso, conciliando le spinte delle molteplici sensibilità in gioco. Nulla di facile, ma d’altronde come potrebbe esserlo?
Le complessità della separazione
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Se il suo pregio più prezioso è la naturalità, sul tappeto esistenziale di Shared Custody scivoliamo con spiritosa spontaneità, affidandoci al fluire delle vicende e gli imprevisti che costellano la narrazione. Assistiamo al naufragio della separazione consensuale della coppia puntellandone ogni dissenso e difficoltà: dagli attriti sulle scelte per il futuro della bambina ai vecchi rancori che riemergono, dal ritorno a casa delle rispettive famiglie all’interferenza educativa dei nonni, dalla scoperta di una nuova socialità alle inevitabili complicazioni nella gestione degli amici in comune.
Cris e Diego si sono lasciati per incompatibilità individuali, per quel ronzio riottoso che da tempo impediva di vivere in armonia la loro vita familiare. Ma ancora si vogliono bene, ancora la reciproca stima riesce a sovrastare le incomprensioni, spingendoli a cercare un nuovo modo di tenersi in piedi. Lei districandosi tra una carriera in ascesa e la mancante flessibilità di un mondo lavorativo maschilista e discriminatorio; lui adagiandosi su una professione instabile, una famiglia assente e un’inappagata ricerca di amore.
Shared Custody problematizza senza appesantire il dolore di un allontanamento, lo sradicamento di identità chiamate a rimodularsi, accettando la fine di un progetto comune. Lo fa schivando qualsiasi gravosità, rispecchiandosi in una quotidianità semplice, più autentica quando capace di non prendersi sul serio.
Un inoffensivo racconto di quotidianità
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Shared Custody svolazza tra la temperatura drammatica dei temi e l’alleggerimento divertito dei toni, sollecitando stereotipi invertiti (lui l’uomo di casa, lei la donna in carriera) e muovendosi tra leggibilissime polarizzazioni, capaci di agevolare la partecipazione con facili sentimentalismi e un vibrante rimpallo di contrasti. Personalità e famiglie archetipiche si posizionano agli antipodi di una griglia narrativa schematica e binaria, spesso poggiata su una tipologia di scrittura banalizzata in tutte quelle forme e quei passaggi che avrebbero il compito di motivare, approfondire e dare un senso al muoversi del racconto. Compito puntualmente difettato, ma alla serie sta bene così. E allora lì dove non arriva la scrittura Shared Custody rimescola lo stile: montaggio energico e dinamismo sintonizzano la camera con le interiorità catturate, zampillando tra i gradienti emotivi dei protagonisti e convincendo più in abiti da comedy che nelle formali vesti drammatiche.
Depositaria di un racconto semplice, poco profondo e in egual misura toccante, la serie scorre via così speditamente da dimostrarsi genuina un attimo prima di venire dimenticata. Rapida e inoffensiva come la più caotica delle quotidianità.
Conclusioni
Su Disney+ arriva Shared Custody, la dramedy che con sarcasmo e sentimento racconta la fine di un amore e il travagliato adattamento a una nuova vita. Affidamento congiunto, imprevisti e riscoperta identitaria avanzano a ritmo di gag e dramma in una serie piacevole e del tutto inoffensiva. Ne avevamo davvero bisogno?
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Voto ScreenWorld